Cosa è emerso da MORE MUSEUM il convegno online che ha riunito i direttori dei musei italiani
La pandemia ha messo a dura prova le istituzioni culturali che, tuttavia, anche a porte chiuse non hanno mai smesso di lavorare sul proprio ruolo e sulle prossime sfide da affrontare. Abbiamo ripreso alcuni degli interventi dei relatori presenti al convegno per capire quali sono le questioni nodali del museo di oggi e di domani.
Nel mezzo di una delicata e complessa situazione politica, in cui è stata di fatto aperta una crisi di governo, mentre nel frattempo si procede con la definizione delle norme restrittive dei mesi a venire, 40 ospiti tra direttori e rappresentanti di musei e istituzioni culturali si sono riuniti virtualmente in un convegno online dal titolo MORE MUSEUM, il futuro dei musei tra cambiamenti e nuovi scenari. L’incontro è stato organizzato dall’assessorato alla cultura del Comune di Firenze insieme a Muse e al museo Novecento, nella necessità di fare il punto sulla situazione dei musei italiani, da mesi in profonda sofferenza a causa delle ripetute chiusure, e condividere una riflessione a 360 gradi sul presente e soprattutto sulle pratiche di ripartenza per il futuro prossimo. Ad intervenire è stato il Ministro per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo Dario Franceschini, che ha sottolineato come il patrimonio italiano non sia solo un attrattore turistico, ma la base dell’identità di una nazione, che in Italia è diffusa capillarmente con oltre 4000 musei sul territorio. Ha inoltre parlato del lancio della nuova piattaforma digitale della cultura ItsArt, che “cercherà di offrire un servizio integrativo e mai sostitutivo della cultura. Ovviamente nessuno rinuncerà mai a visitare un museo o all’esperienza del teatro e del cinema per fruirne online, però questo strumento potrebbe ampliare il numero di persone interessate a visitare un’istituzione, presentandola con una modalità appetibile”. Infine, ha anticipato la proposta di una prima riapertura dei musei, che avverrà in questa fase nelle regioni gialle, ma solo nei giorni feriali.
“La cultura non è un ornamento, ma è qualcosa di sedimentato, di innato, di profondamente connaturato all’uomo e proprio dalla cultura occorre ripartire per una nuova vita dopo la pandemia. La cultura deve essere una leva per una nuova ripartenza, la base di un’intera progettualità che abbia a cuore un nuovo modello di sviluppo umano reso urgente dall’incrinarsi del mondo come l’abbiamo conosciuto”, ha affermato il sindaco di Firenze Dario Nardella aprendo i lavori del convegno nazionale. Se l’anno della pandemia ha messo da una parte a dura prova la stabilità e la sostenibilità delle istituzioni culturali, dall’altra ha offerto un’occasione per attuare una riflessione profonda sull’identità e sulle nuove sfide che il futuro prospetta. È stato anche un momento per sperimentare nuove forme di comunicazione e attirare una tipologia differenziata di pubblico, attraverso la digitalizzazione delle proprie attività. È stato un momento in cui la riscoperta del valore della comunicazione di un’opera e di una collezione è stata fondamentale per capire come riuscire a parlare a qualsiasi tipo di pubblico (e non solo agli addetti ai lavori); per affermare il museo come punto di riferimento per un territorio e per una comunità, in grado di creare connessioni sociali, farsi carico di valori etici ed estetici, accompagnare gli utenti nella comprensione del patrimonio storico ma anche dei problemi odierni e delle complessità del presente. Un museo come produttore di senso e strumento alla portata di tutti. Infine, tra gli altri temi fondamentali emersi da MORE MUSEUM, c’è stata la necessità di valorizzare il museo come luogo di studio e di ricerca, anche attraverso la riformulazione degli organici e l’assunzione di professionalità al passo con le esigenze odierne; personalità con una formazione non solo tecnica ma anche fortemente umanistica, proveniente dal campo dell’arte, ma anche della filosofia, dell’antropologia e della sociologia.
A questa giornata di MORE MUSEUM, ricca di spunti di riflessione e densa di contenuti, hanno partecipato gli assessori alla cultura di Firenze, Milano e Torino Tommaso Sacchi, Filippo Del Corno e Francesca Leon; di Sylvain Bellenger, Direttore Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli, Christian Greco, Direttore Museo Egizio di Torino, Giovanna Melandri Presidente MAXXI; Anna Maria Montaldo, Direttrice Museo del Novecento, Milano; Eike Schmidt, Direttore Gallerie degli Uffizi; Barbara Jatta, Direttrice Musei Vaticani; Sergio Risaliti, Direttore artistico Museo Novecento; Gabriel Zuchtriegel, Direttore Parco Archeologico di Paestum; Stefano Boeri, presidente Triennale di Milano; Laura Valente, Presidente Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee e museo Madre di Napoli; Vittorio Sgarbi, Presidente Mart – Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto; Francesca Cappelletti, Galleria Borghese; Tiziana Maffei, Direttrice Reggia di Caserta; Gabriella Belli, Direttrice Fondazione Musei Civici di Venezia; Alfonsina Russo, Direttrice Parco Archeologico del Colosseo; Karole P. B. Vail, Direttrice Museo e Fondazione Guggenheim di Venezia; Stefano Casciu, Direttore Polo Museale Toscano; Giovanni Iovane, Direttore Accademia Belle Arti di Brera; Aurelie Filippetti, Direttrice Villa Finaly – Chancellerie des Universités de Paris; e Valdo Spini Presidente Associazione delle Istituzioni di Cultura Italiane. Abbiamo ripreso gli interventi di alcuni partecipanti per provare a riassumere i temi principali attorno a cui ruota il lavoro del museo di oggi.
-Giulia Ronchi e Valentina Muzi
SYLVAIN BELLENGER, DIRETTORE MUSEO E REAL BOSCO DI CAPODIMONTE DI NAPOLI
Dopo aver brevemente esposto l’origine museo e l’evoluzione del suo stesso concetto nella storia, Sylvain Bellenger, Direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte di Napoli, ha espresso una critica all’attuale gestione europea del patrimonio artistico, che ancora oggi rappresenta un ostacolo per la tutela delle collezioni e per il mercato dell’arte, per l’esportazione e per l’importazione. Il direttore ha infatti denunciato “la totale mancanza di unità di visione di tutela e di gestione delle collezioni pubbliche nell’odierna politica europea. Il museo come oggi lo conosciamo è il risultato di una storia internazionale di democratizzazione e non di una visione nazionalistica e di un senso di rivalità tra gli stati”. Il secondo tema urgente è, secondo le parole di Bellenger, la formazione di nuovi profili professionali, che contribuiscano allo sviluppo e alla dinamizzazione del museo. “Da luogo di studio il museo è diventato centro di educazione, di piacere estetico e nel ventesimo secolo ha contribuito in larga misura alla trasformazione dello status stesso di opera d’arte”, ha proseguito. Per far sì che un’istituzione parli la lingua del nostro tempo, dunque, è necessario rinnovare il suo organico, formare professionisti in grado di far fronte alle attuali necessità, potenziando il comparto delle risorse umane, della digitalizzazione del patrimonio, la visitor experience e i registrar, per fare alcuni esempi. Un modello già attivo nei musei anglosassoni, al Prado di Madrid e nei principali musei francesi.
CHRISTIAN GRECO, DIRETTORE MUSEO EGIZIO DI TORINO
Per Christian Greco, la necessità è guardare al museo come a un centro di ricerca e formazione, comprendere il passato per prepararsi ai cambiamenti. Come nel caso della digitalizzazione della cultura, che non può essere tale senza un approccio umanistico: in questo passaggio non sono sufficienti ingegneri e informatici, quindi, ma servono filosofi, sociologi e antropologi. “In un’ottica post pandemica dobbiamo ripartire mettendo al centro la collezione. Durante la prima ondata siamo corsi a creare contenuti online per continuare a restare connessi col pubblico, ma quanto ancora dobbiamo lavorare per quanto riguarda la digitalizzazione, per creare un vero servizio pubblico indirizzato alla comunità?”, dice Christian Greco, Direttore del Museo Egizio di Torino, prendendo a modello il British Museum, che ha digitalizzato tutti i suoi cataloghi mettendoli gratuitamente a disposizione del web. Musei come centri di ricerca, come luoghi di formazione per i professionisti futuri. Musei che siano aperti alle scuole e alle università, che diventino istituzioni osmotiche con le risorse del territorio. Si torna quindi al tema introdotto da Bellenger e alla necessità di nuove figure professionali. “Al Museo Egizio l’approccio che noi possiamo dare è invitare a studiare l’innovazione, l’economia circolare, il rapporto tra materiale e digitale. Questo è l’appuntamento che l’Europa e l’Italia non possono permettersi di perdere. Abbiamo un patrimonio stratificato che va dagli albori dei tempi alla contemporaneità e abbiamo una rivoluzione digitale in atto. Mi piacerebbe che questa rivoluzione diventasse un umanesimo digitale, con la cultura dei musei messa al centro, con un approccio multidisciplinare in grado di farci capire qual è il posto dell’uomo nella società e quale possa essere la sua evoluzione”.
GIOVANNA MELANDRI, PRESIDENTE MAXXI
Anche nelle parole del Presidente del MAXXI il tema della formazione delle nuove professionalità ritorna impellente anche come sforzo della ridefinizione dell’identità europea e laboratorio di ricerca per il futuro. In questo senso la collezione assume un ruolo centrale in quanto, oltre a essere un allestimento di opere, costituisce un dispositivo di ricerca. “Soprattutto nel primo lockdown non abbiamo voluto rendere possibile la visione del nostro patrimonio da remoto, bensì ci siamo trasformati in un broadcaster, chiedendo agli artisti di produrre con noi e per noi. È un gesto produttivo che si è trasformato in 15 milioni di visualizzazioni, un numero impensabile”, spiega Giovanna Melandri. “Abbiamo raggiunto nel 2020 il traguardo dei dieci anni. La missione dei prossimi dieci è intrecciare lo studio del digitale, dell’intelligenza artificiale, arte, architettura, rigenerazione urbana, e fare del MAXXI un luogo vivo e attivo su questi temi”.
ANNA MARIA MONTALDO, DIRETTRICE MUSEO DEL NOVECENTO, MILANO
È Anna Maria Montaldo, direttrice del Museo del Novecento di Milano, a introdurre la questione della “pandemia come opportunità”, come momento di studio, di ricerca e di riflessione sull’identità della collezione. Durante questo periodo di chiusura, infatti, il museo ha elaborato il grande progetto, assieme a un gruppo di lavoro del Comune di Milano, di “raddoppiare”, espandendo la collezione nella seconda torre dell’Arengario per diventare un simbolo ancora più importante della città. “Questo periodo ha concentrato i nostri sforzi nello studio e nella progettazione”, ha spiegato la direttrice.
EIKE SCHMIDT, DIRETTORE GALLERIE DEGLI UFFIZI
Si parla di ruolo educativo del museo con il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, che sottolinea l’importanza di diffondere la conoscenza sul territorio, valorizzando non solo i grandi attrattori, ma promuovendo anche i musei più piccoli (capillarizzando di conseguenza il flusso dei visitatori). “Menziono la città di Anghiari, in cui abbiamo allestito una mostra su La Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci, triplicando i numeri di visitatori del museo. Ma parlo anche della stessa Firenze, in cui abbiamo valorizzato il Museo dell’Opificio delle pietre dure dando la possibilità di visitarlo gratuitamente utilizzando il biglietto degli Uffizi. È una modalità che funziona molto bene con i turisti ma che permette anche agli stessi fiorentini di riappropriarsi dei musei della propria città”.
PAOLO GIULIERINI, DIRETTORE DEL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI NAPOLI
Un tema ineludibile del convegno MORE MUSEUM è naturalmente quello del digitale, “che va sempre inteso come una forma di aiuto ma mai di sostituzione dell’approccio empatico e fisico”, spiega Paolo Giulierini, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che già nel 2017 aveva prodotto addirittura il videogioco Father an Son incentrato sui contenuti culturali del museo. “È necessario capire come il mondo antico non fosse scevro dalla tecnologia. Non c’è arte senza tecnologia, non c’è Partenone senza tecnologia e in questo spirito non ci deve essere competizione con il digitale, ma una normale osmosi. Il digitale è la tecnologia del nostro tempo. Abbiamo voluto infatti una sezione, che sarà aperta alla fine di quest’anno, dedicata alla tecnologia pompeiana, insieme al Museo Galileo Galilei di Firenze, proprio per dar conto di questa complessità del mondo antico, che è la stessa di quella attuale”.
BARBARA JATTA, DIRETTRICE MUSEI VATICANI
La pandemia è stato un modo per riportare il pubblico locale nei musei? È una questione che ancora una volta emerge nell’intervento di Barbara Jatta, Direttrice dei Musei Vaticani, che spiega, “nell’estate del 2020 sono tornati ai musei vaticani, non più spaventati dalle file che c’erano in precedenza, tanti romani e tanti laziali. I cittadini italiani sono stati l’80%”. Numerosi sono stati i visitatori: nulla di comparabile a quelli degli anni precedenti, come puntualizza Jatta, ma emblematici del fenomeno di riappropriazione dei luoghi culturali a cui abbiamo assistito a questa estate, insolitamente svuotata dal turismo internazionale.
SERGIO RISALITI, DIRETTORE ARTISTICO MUSEO NOVECENTO
“Ringrazio tutti i direttori e tutte le personalità che hanno aderito a questo difficile progetto che tiene conto della geografia complessa di questo paese e della distribuzione capillare delle istituzioni in Italia”. Fa gli onori di casa Sergio Risaliti, Direttore del Museo Novecento di Firenze, che ha contribuito a far nascere l’iniziativa di MORE MUSEUM. E fa riferimento alla situazione politica attuale e a una così lunga e immeritata chiusura dei musei: “la seconda ondata ci ha fatto concentrare ancora di più su quelle che sono le funzioni del museo, le sue necessità e le sue prospettive, anche a fronte di decisioni governative che non potevano essere condivise in tutto e per tutto, soprattutto nel momento in cui in zona gialla sono state riaperte attività ben più rischiose dei nostri musei. Quindi si è iniziato a creare una sorta di malumore, poiché sono venuti a galla dei problemi fondamentali. Oggi stiamo ragionando non solo di programmazioni future, anche sull’essenza, sulla necessità fondamentale dei musei nelle nostre società. E questo è l’obiettivo che ci eravamo posti quando abbiamo organizzato questo convegno”.
GABRIEL ZUCHTRIEGEL, DIRETTORE PARCO ARCHEOLOGICO DI PAESTUM
Ancora formazione, fidelizzazione, accessibilità del museo. “Vorrei declinare il tema del museo verso due prospettive: la ricerca e la formazione. Mi rifaccio alle parole del Ministro Franceschini che ha parlato di luoghi della cultura come di ‘policlinici’: l’idea è quella di rafforzare, attraverso accordi che sono stati recentemente stipulati dal Ministero, la collaborazione con le università, per diventare centri di ricerca. Personalmente, vorrei aggiungere un altro concetto: quello della ‘palestra dei beni culturali’”, spiega Gabriel Zuchtriegel, Direttore Parco Archeologico di Paestum, che intende ribaltare il modello del “turismo mordi e fuggi” e trasformare il pubblico in un frequentatore abituale del museo (come accade nelle palestre, appunto). Non visitatori ma abbonati, secondo la visione di Zuchtriegel, con il fine di creare una comunità attorno al museo: un concetto che assume una valenza ancora più importante nel caso del Parco Archeologico di Paestum, sito UNESCO patrimonio dell’umanità. Per raggiungere questo obiettivo, una strategia efficace passa ad esempio dal biglietto: il museo offre infatti un abbonamento annuale con un costo di poco maggiore rispetto a quello della singola visita. Un’altra iniziativa vincente è stata (prima della seconda chiusura) rendere visibile al pubblico tutte le attività degli addetti ai lavori che si svolgono in un parco archeologico, dagli scavi ai restauri. “L’idea è presentare il patrimonio archeologico non solo ‘nella vetrina’, come il risultato di un processo di scavo, di studio, di restauro, ma rendere lo stesso lavoro degli esperti un tema per i visitatori, in un’ottica di trasparenza del museo”.
STEFANO BOERI, PRESIDENDE TRIENNALE DI MILANO
“Si evince una certa vitalità nei musei italiani e penso che sia una tematica di grande importanza”, esordisce Stefano Boeri, Presidente della Triennale di Milano. “Abbiamo visto una tendenziale accelerazione di una serie di sperimentazioni. Questi due aspetti, ovverosia l’accelerazione e la sperimentazione, accomunano la gestione del governo dei musei ad altri fenomeni accaduti nel nostro paese”. Secondo le parole di Boeri, quindi, è possibile dire che la pandemia sia stata sì “un’improvvisa lama che ha tagliato l’umanità in un periodo molto stretto”, che ha dato però “slancio ad una serie di processi che erano già in corso, come per quanto riguarda gli spazi espositivi”. Continua il Presidente Boeri, “se penso alla Triennale di Milano – come ad altre istituzioni con le quali sono stato in contatto – c’è stata una grande attenzione ad inserire nelle attività digitali gran parte delle ricerche culturali. Non si tratta di una novità ma, come detto, di una accelerazione. Per esempio, con Decameron Triennale abbiamo iniziato quasi immediatamente al primo lockdown a produrre ogni giorno dei momenti di lettura, di racconto e di commento che hanno dato segno della caratteristica peculiare dell’Istituzione culturale milanese, ovvero quella di utilizzare linguaggi molto differenti”. Con la riapertura nei mesi estivi è stato importante anche l’utilizzo dello spazio esterno, un giardino che ha in sé una storia “dove ci sono opere di artisti e designer importanti” e che da maggio a settembre si è trasformato in un “palcoscenico” per la cultura tra momenti di esposizione, teatro e cinema. Insomma, l’attenzione è stata posta su diversi ambiti, in primis la tecnologia che ha permesso una condivisione e una produzione in diretta di contenuti per il proprio pubblico; la trasformazione e l’utilizzo degli spazi aperti, collettivi, per mettere in scena l’attività culturale e, infine, l’aspetto più interno e meno visibile è quello della messa a punto, potenziamento, delle caratteristiche del Museo. La conclusione di Stefano Boeri potremmo definirla ottimistica, giacché sottolinea quanto, nonostante il momento di chiusura e di fermo delle attività, in realtà si sia creata una rete salda tra i tanti soggetti culturali che daranno il giusto slancio alla ripartenza.
LORENZO GIUSTI, DIRETTORE GAMEC DI BERGAMO
Bergamo è stata la città simbolo di questo tragico momento per l’Italia. A tal proposito, prende la parola il direttore della GAMeC, Lorenzo Giusti, il quale parte dal processo di revisione della definizione di museo da parte di ICOM, lo stesso che ha dato vita ad un dibattito acceso e alle dimissioni della Presidente. Il suo intervento si apre proprio recitando la seconda parte della definizione, ovvero: “I musei sono istituzioni no profit, lavorano in partnership attiva con diverse comunità per raccogliere, preservare, ricercare, interpretare e mostrare, aumentando la comprensione del mondo e con lo scopo di contribuire alla giustizia sociale, alla dignità umana, l’eguaglianza globale e il bene del pianeta”. Una definizione che coglie “alcuni aspetti fondamentali del museo come istituzione”, quella di garantire delle relazioni sociali, cosa estremamente importante all’interno di un contesto di una crisi sistemica, che il museo può ricodificare. La rotta seguita dalla GAMeC è stata questa, muovendosi attorno alla comunità in un momento di grande incertezza e di lacerazione proiettandosi in una visione progettuale di futuro. Attività digitali come Aula Magna (dedicata agli adolescenti, i più colpiti dallo stravolgimento pandemico) o Radio GAMeC, proseguono con successo al servizio della comunità che si sente parte integrante di un sistema aperto e condiviso. L’accento poi viene posto sul digitale: “non dobbiamo pensare che internet sia uno spazio inclusivo, perché è frammentato. La sua inclusività è solo un’illusione. Il museo non può ricalcare le logiche del web ma utilizzarlo come strumento”. Nel 2021 la programmazione della GAMeC continuerà, con il secondo ciclo di Trilogia della materia, sottolineando anche l’importante riconoscimento educativo dei musei.
LAURA VALENTE, PRESIDENTE FONDAZIONE DONNAREGINA PER LE ARTI CONTEMPORANEE E MUSEO MADRE DI NAPOLI
Il museo d’arte contemporanea tra Forcella e Rione Sanità taglia due quartieri importanti e identitari di Napoli. A prendere la parola è Laura Valente, Presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee e del Museo Madre, affermando che “oltre ad essere istituzionalizzato, un museo deve parlare alla propria comunità. Il modello su cui si era basato il sistema museale è stato travolto in poche ore, tanto che pensare di poter tornare a quel vecchio esempio sarebbe un errore”. Oggi, invece, “i diversi lockdown ci hanno dato modo di sperimentare nuove metodologie in collaborazione con tante altre istituzioni museali”. Nel momento della riapertura, lo scorso 18 maggio, “avevamo diversi progetti in programma” continua la Presidente, la quale si è domandata se fosse giusto ripartire con una mostra o se fosse più adeguato “guardare cosa stesse succedendo attorno”. Nell’ambito della sperimentazione è nata una vera e propria Factory, “passando un’intera estate con la nostra comunità, dalla mattina alla sera, e, attraverso l’arte contemporanea, ha incluso ed educato i bambini al distanziamento, all’arte, alla società”. Insomma, queste famiglie che prima non consideravano il museo come parte integrante della loro vita, oggi lo fanno, e “questo per noi è un successo”, conclude. Infine, è stato importante il coinvolgimento della comunità nella produzione artistica di un’opera all’interno del cortile del Museo Madre. Non solo le maestranze artigianali del posto si sono adoperate, ma è stato rilevato anche un risparmio del 700%.
ANDREA BRUCIATI, DIRETTORE DI VILLA ADRIANA E VILLA D’ESTE A TIVOLI
La città di Tivoli comprende due importanti siti culturali riconosciuti dall’Unesco, Villa Adriana e Villa d’Este. La storia che riecheggia da questi siti li ha resi tappe turistiche fondamentali, trovando unicità grazie anche allo stretto legame che li unisce al territorio. Dopo il primo lockdown “abbiamo pensato di fare veramente un progetto collegiale, sia con gli esercenti della città di Tivoli che con l’amministrazione, agevolando -tramite tariffe e o formule ad hoc – la comunità di prossimità”, spiega Andrea Bruciati, Direttore di Villa Adriana e Villa d’Este di Tivoli. Una visione che tiene conto del luogo in cui è radicato un sito culturale che “è stato simbolo di un’orizzontalità delle operazioni culturali”, le quali hanno dato vita ad una serie di investimenti anche “sui prodotti del luogo, come il vino, il miele e l’olio per essere un volano per le piccole e medie imprese”.
TIZIANA MAFFEI, DIRETTRICE REGGIA DI CASERTA
Anche la Reggia di Caserta ha costruito un forte legame con il territorio e con la comunità, nonostante la pandemia abbia svelato delle profonde lacune a cui bisogna porre rimedio. “Lavorare sulle singolarità dei musei è importante perché sviluppa anche il territorio”, dichiara nel suo intervento Tiziana Maffei, Direttrice della Reggia di Caserta, sottolineando che, “sono stati restituiti degli spazi adibiti all’educazione, all’esperienza museale e alla formazione”. Come altre istituzioni culturali nostrane, l’impegno della Reggia di Caserta si evince anche nel continuo lavoro in termini di sostenibilità, come nell’ambito di attività produttive (la creazione di startup) e l’avvicinamento della comunità di prossimità. L’impegno etico, imprescindibile, riguarda la conservazione del patrimonio, ma assume anche “la forma di volano per sviluppare un’impresa sana che guardi avanti, non solo nella sfera turistica, ma in una dimensione sperimentale, di comunità futura, attraverso le diverse professionalità. Senza mai perdere di vista la storia e l’identità del museo“.
GABRIELLA BELLI, DIRETTRICE FONDAZIONE MUSEI CIVICI DI VENEZIA
Con la pandemia abbiamo tenuto conto della crescente diminuzione dei turisti che in precedenza affollavano le città d’arte. Ma ciò che ha evidenziato ancor di più l’emergenza sanitaria, è la difficoltà a fidelizzare la comunità locale. Questo è un aspetto che viene messo in luce da Gabriella Belli, la Direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, spiegando che, “guardiamo verso il 2021 cercando di lavorare al meglio e riaprirci alla platea di prossimità, poiché con la pandemia abbiamo riscoperto che in una città come Venezia aperta al turismo – e lo dico con un’accezione positiva – dobbiamo riconquistare il territorio e il cittadino veneziano”. Un processo paradossalmente complesso: “abbiamo fatto in modo che il contemporaneo portasse il passato nel futuro. Abbiamo acquisito nuove sedi in terraferma, notevole per la città, e pensiamo che qui si potranno sviluppare importanti iniziative. Insomma, è giusto rivisitare i modelli precedenti e ripensare le mostre, ai social come partecipazione e luoghi di produzione culturale”. E ha concluso dichiarandosi soddisfatta in merito ai ristori messi in campo dal MiBACT, considerati un grande aiuto in un momento di estrema crisi, tenendo conto della oculata gestione dei bassi budget da parte dei musei.
STEFANO BAIA CURIONI, DIRETTORE FONDAZIONE PALAZZO TE DI MANTOVA
“La nostra mission porta avanti non solo l’evoluzione di fruizione di Palazzo TE, ma anche di vestire Mantova con gli abiti di una città di produzione culturale, dal 2016 al 2019”, spiega Stefano Baia Curioni, Direttore di Fondazione Palazzo Te di Mantova. In questo lasso di tempo è cambiata la forma del rapporto che unisce il Palazzo con la comunità, dando maggior ascolto al territorio, alle scuole, “tanto che nel 2019 più di quaranta associazioni cooperano con noi in progetti previsti per i prossimi cinque anni. Ci stiamo confrontando su quanto sta succedendo, sappiamo che una nuova apertura implica degli sforzi straordinari che poi si riverserebbero sulla spesa pubblica”. Ma come si è mosso il museo? Quali sono le strategie attuate per la comunità? “Diciamo che abbiamo deciso di esagerare sviluppando per tutta la città e provincia di Mantova una super card che possa consentire a tutti di avere accesso con un solo euro all’attività culturale”. Potremmo definirla una vera e propria sfida! Nello stesso tempo abbiamo deciso di organizzare attività e un progetto dedicato alla dea Venere, dando fiducia al presente, come senso di responsabilità e di speranza che ci auguriamo possa accompagnarci per tutto l’anno”.
EVELINA DE CASTRO, DIRETTRICE DI PALAZZO ABATELLIS DI PALERMO
Come ha affrontato il museo palermitano questa pandemia? A prendere la parola è Evelina De Castro, dicendo che “l’istituzione ha affrontato questa situazione sottolineando che l’esperienza emozionale e fisica di fruire un museo, e il contatto diretto con le opere, non può essere sostituita”. Palazzo Abatellis di Palermo ha così deciso di trasmettere le attività svolte all’esterno, dando modo agli utenti di vedere come continua la vita all’interno di un museo, passando dalla manutenzione al restauro, dalla ricerca alla collaborazione con altri enti. Ma è giusto sottolineare che con la pandemia la concezione temporale sia cambiata radicalmente. Come si è comportato il museo rispetto a questo cambiamento durante la riapertura? “Durante i periodi di apertura contingentata, il fattore tempo ha cambiato percezione della fruizione e con essa anche quella del museo. Questo ha indotto a lavorare maggiormente con il rapporto 1 a 1 con l’opera”. E, a proposito dell’offerta digitale, “quando il museo ha dovuto chiudere le sue porte, l’idea di trasferire i contenuti veicolati dall’emozione e dalla trasmissione dell’esperienza (completa) del museo e il rapporto che si instaura con le opere nelle sale, ha fatto sì che tutte le nostre iniziative fossero focalizzate su appuntamenti video guidate da interpreti sia di addetti ai lavori che non, in diretta correlazione con l’opera”.
SERENA BERTOLUCCI, DIRETTRICE DEL PALAZZO DUCALE DI GENOVA
“Ciò che questa emergenza ci ha insegnato è che i musei non sono immobili, anzi! Tutto è accaduto in poco tempo, dall’organizzazione con i collaboratori e con il pubblico, guardando l’orizzonte in maniera diversa”, così si esprime Serena Bertolucci, Direttrice del Palazzo Ducale di Genova. “Questo penso che debba essere il tempo delle competenze”. Il luogo dove si staglia lo storico palazzo ligure è straordinariamente importante e complesso. La dominante presenza nel territorio deve essere condivisa e restituita alla comunità. “Gli spazi aperti che avevamo li abbiamo messi a disposizione delle città, e abbiamo deciso di fare grandi mostre occupando il territorio della regione, avvicinandoci alla città. Abbiamo deciso di riprenderci questo ruolo di formazione, intrinseco nel museo, e che riscatto con forza. Facciamo sì che questo sia un mezzo, uno strumento, per la condivisione dei luoghi”.
ALFONSINA RUSSO, DIRETTRICE DEL PARCO ARCHEOLOGICO DEL COLOSSEO DI ROMA
Il Parco Archeologico del Colosseo è nato da circa tre anni e al suo interno albergano i siti iconici della Capitale. “Abbiamo lavorato al fine di conquistare il pubblico dei residenti, quello più vicino”, dice Alfonsina Russo, Direttrice del Parco. Nell’impossibilità della propria fruizione, il Parco Archeologico ha esteso la sua esperienza attraverso l’offerta del canale digitale. Le strategie di rete, di collaboratori e il potenziamento del sito web ha permesso di “essere vicini alla nostra comunità, dandoci la possibilità di crescita, assieme a loro”. Le varie campagne come #iorestoacasa, nate per “curare le ferite simboliche di un corpo”, sono partite con la consapevolezza che con le future riaperture, il pubblico sarebbe stato diverso. Per questo “l’attivazione di queste esperienze online che hanno avvicinato diversi utenti hanno cercato di fatto una comunità di prossimità. Abbiamo cercato di utilizzare anche nuovi linguaggi, e sono previsti nuovi percorsi tematici di visita che raccontano in maniera innovativa il Parco. Cosa cambia? Innanzitutto, il museo è da definirsi come un’officina di produzione culturale, di inclusione, dove le diverse competenze si uniscono in maniera sinergica per un obiettivo comune. Uno dei fini è anche fidelizzare il pubblico di Roma, della condivisione, ed è proprio per questo che è nata una membership per tutti coloro che sono vicini alla mission del Parco, sostenendolo e acquisendo una serie di benefit creati ad hoc”.
LORENZO BALBI, DIRETTORE DEL MAMBO DI BOLOGNA
Il MAMbo è uno dei musei che fa parte della rete civica e “questa idea di connessione del tessuto sociale che si unisce ad una serie di enti e soggetti diversi tra loro, crea un unicum”, spiega il Direttore Lorenzo Balbi. “Il museo non ha mai avuto le porte chiuse e questo è sinonimo di quanto sia straordinario questo periodo”. Qual è allora l’insegnamento che possiamo trarre? “Abbiamo la possibilità di andare oltre il mero numero dei visitatori. Il museo è molto di più, un hub culturale e di produzione artistica culturale, ed è su questo che vogliamo essere giudicati, nonché sulla risposta e il riversamento che si ha sul territorio e la comunità. Siamo partiti dal presupposto che fosse inutile portare avanti la produzione museale, abbiamo pensato di riprendere il nome originario dell’edificio e abbiamo modificato la grande sala interna e l’abbiamo riallestita e rimodulata in studi di artista dando loro la possibilità di avere uno spazio per ripartire. Questo modello ‘mette le mani in pasta’ nella comunità, cambiando il ruolo del museo che diventa così un contenitore di creatività. Il pubblico entra a far parte di un ripensamento del ruolo del museo fruendo delle opere d’arte prodotte negli studi sviluppati all’interno. Questo periodo ha dato modo di capire che il museo ha un ruolo importante nella vita sociale e che non può esimersi dalle sue responsabilità.”
FRANCESCA CAPPELLETTI, DIRETTRICE GALLERIA BORGHESE
“Il museo non è un deposito di oggetti, ma di sguardi”, esordisce Francesca Cappelletti, Direttrice di Galleria Borghese di Roma. Con la chiusura della prestigiosa Galleria romana, l’attenzione si è spostata sulla collezione e sui capolavori meno conosciuti. In questo tempo che batteva un ritmo lento, silenzioso, “ci siamo avvicinati ad aspetti che prima non consideravamo”, ha commentato la direttrice. In questo periodo è stato redatto, per esempio, un catalogo dei dipinti, necessario. E, come per altre realtà, si è data maggior importanza alla conoscenza e alla manutenzione della collezione, senza dimenticare l’importante apporto dato dal digitale, uno strumento che si è rivelato imprescindibile. Una strada che la Galleria ha intenzione di perseguire anche quando i tempi permetteranno un qualche ritorno alla normalità.
KAROLE VEIL, PEGGY GUGGENHEIM VENEZIA
“Il museo ha assunto una nuova forza fisica rispetto al periodo che stiamo vivendo. Con questo parlo di tutte le istituzioni culturali” così esordisce Karole P.B. Vail della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. “In questa chiusura, che sembra non arrestarsi, il digitale è diventato uno strumento che ci ha permesso di essere sempre presenti, partendo dal presupposto che l’esperienza reale non può essere sostituita”. Il Peggy Guggheneim ha investito molto nella produzione digitale, tanto che la stessa Direttrice dichiara di aver “fidelizzato una fetta di pubblico, ampio ed eterogeneo, attraverso lo sviluppo delle offerte digitali che continuano anche sui social media”. Importante è anche la fonte del piccolo introito ricavato da alcune attività a pagamento, permettendo al museo di avere un’entrata. “Una serie di attività arricchirà l’offerta comprendendo incontri e talk (sia gratuiti che a pagamento), auspicando che dal virtuale si possa passare al reale. A tal proposito, abbiamo dimezzato la nostra programmazione di mostre, tant’è che ne prevediamo solo una, nel frattempo continuiamo a collaborare con i nostri stagisti, dandogli la possibilità di lavorare in smartwork. Questo anno di cambiamenti deve rappresentare un’opportunità per trasformare Venezia non più in una città solo per turisti, ma in un laboratorio di ricerca a tutto tondo”.
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