Cultura. Ecco perché la collaborazione conviene
Per far fronte agli incredibili cambiamenti avvenuti nel panorama globale, le imprese culturali e creative devono iniziare a collaborare. Guardando al futuro.
Abbiamo superato la metà di un anno ancora segnato dai postumi della pandemia, con nuove fragilità ma anche inedite consapevolezze. Prima (auspicabilmente) tra queste ultime, la necessaria opportunità di essere collaborativi.
Non so se le imprese culturali e creative si siano mai soffermate a valutare i costi (sommersi o ombra) della competizione e soprattutto a comprenderne le differenze rispetto a essere unici, lavorando sulla distinzione, senza scomodare Pierre Bourdieu. Poiché è solo partendo da qui che possiamo riuscire a cogliere il profilo generativo della collaborazione. Senza aver pretese di individuare un elenco esaustivo, eccoli i vantaggi di un approccio collaborativo: propensione all’innovazione con la circolazione libera delle idee, sviluppo di un capitale sociale e relazionale, superamento della frammentazione / segmentazione / iperspecializzazione, pensiero laterale e corresponsabilità.
ALLEANZE PER FRONTEGGIARE IL CAMBIAMENTO
Che l’impresa o l’istituzione culturale sostanzi questi valori in una specifica cornice giuridica piuttosto che in un’altra non è poi così rilevante. Affidiamoci pure a reti (formali e informali), convenzioni, partenariati (tra privati o anche speciali pubblico-privati ai sensi del novellato codice degli appalti). Chiamiamoli accordi, alleanze, protocolli di intesa, patti di prossimità o di mutuo appoggio.
“La collaborazione ha varie forme: dalla co-programmazione alla condivisione alla co-progettazione”.
Con nomi che in fondo richiamano tempi lontani, il Medio Evo quasi, quando nascevano le prime banche con finalità di solidarietà per garantire, anche a chi non era patrimonializzato, merito creditizio, e si affacciavano sulla scena economica le compagnie, le consorterie e le società i cui soci articolavano con criteri discrezionali e patti parasociali la divisione di utile e perdita, la scelta dei collaboratori e le decisioni negoziali. Modelli di governance capaci di rispondere alle esigenze di un contesto mutevole e in continua evoluzione, in grado finanche di anticiparne i bisogni.
L’IMPORTANZA DELLA CO-PROGETTAZIONE
Sarà oggi fondamentale avere consapevolezza di cosa gli strumenti collaborativi non sono (o non dovrebbero essere): vie d’uscita (dell’ultima ora), percorsi riduzionistici, scelte border line per aggirare vincoli normativi o procedurali.
La collaborazione ha varie forme: dalla co-programmazione alla condivisione alla co-progettazione. Quest’ultima, in particolare, ci sembra attrattiva e sfidante: perché dove c’è un progetto, c’è una visione.
‒ Irene Sanesi
Versione aggiornata dell’articolo pubblicato su Artribune Magazine #61
Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati