Ne avremo quanto meno fino a giovedì, se non oltre. Fino almeno a giovedì dovremmo sorbirci a ripetizione le immagini di quel
casotto funzionale all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Di quelle sottili e sbilenche pareti di compensato, se non verranno giù prima. Di quel velluto rosso cremisi grappettato senza ritegno su ogni lato. Fuorché all’interno: lì no, lì si deve sanificare (ogni 50 votanti) e allora le superfici interne sono rivestite in lamine di plastica, manco plexiglass. È un anno e mezzo che
abbiamo capito che il SarsCov2 non si trasmette dalle superfici, eppure loro sanificano. Come nel lontano 2020 quando ci munivamo di guanti per aprire pacchi Amazon. E poi le prese d’aria sul tettuccio, e poi le mensoline con sopra una ciotola all’ingresso. Ma soprattutto le dimensioni, le proporzioni, la scala. Non una cabina uguale all’altra: una grande – adatta anche per le sedie a rotelle – una piccola sotto e una piccola sopra. Sfalsate. Senza un’asse. Se le guardi troppo a lungo rischi un attacco di mal d’auto.
I catafalchi per l’elezione del Presidente della Repubblica
LE BRUTTISSIME CABINE ELETTORALI PER IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Il risultato finale è di una sciatteria tale che solo gli italiani, ormai assuefatti al brutto nello spazio pubblico, possono legittimare e perdonare. Evidentemente chi amministra e chi governa continua a considerare superfluo l’impatto, invece micidiale, del cattivo gusto. L’impatto c’è eccome, quando poi la cornice è uno dei più alti momenti istituzionali l’impatto si moltiplica. “Eh cosa vuoi che sia, i problemi non saranno mica questi”. Vero, i problemi sono altri, ma sono anche questi. La pandemia dello squallore. La domanda non può essere omessa: cosa ci voleva a progettare delle cabine dignitose per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica? Si tratta di un “evento” organizzato dal Parlamento una volta ogni sette anni. Il Parlamento ha budget astronomici. Ora, non si chiede un concorso internazionale di architettura, e si comprende la circostanza dell’emergenza (però il Covid c’è da 2 anni, mentre l’elezione del nuovo Capo dello Stato non è arrivata a sorpresa), tuttavia cosa ci sarebbe voluto? Quale era l’impedimento ad approntare qualcosa di meno raffazzonato giusto per evitare di somministrare un ulteriore boost di mediocrità proprio dal cuore di quella che si fregia di essere la patria del design e del bello? Siamo oltre alla bruttezza degli stand fieristici brutti; siamo oltre alla bruttezza dei seggi elettorali brutti, quelli per i referendum che non raggiungeranno mai il quorum allestiti in qualche remota scuola elementare.
ELEZIONI DEL PRESIDENTE. SOLUZIONE? ELIMINIAMO LE CABINE
Non che i catafalchi in uso da 30 anni fossero molto meglio, ma al confronto dell’abuso edilizio che stazionerà nell’emiciclo di Montecitorio in questi giorni meriterebbero l’esposizione in permanenza al Museo del Design della Triennale di Milano. Con menzione per le raffinate citazioni razionaliste e decò. E comunque se proprio il Presidente della Camera non riteneva cosa rilevante curare un minimo la dignità architettonica di questi oggetti che sessanta milioni di italiani osserveranno ogni giorno per una intera settimana convincendosi ancor di più che il senso estetico non conta nulla, poteva anche scegliere una terza strada. Ovvero non montare alcunché. La Costituzione infatti non prevede alcuna cabina elettorale per l’elezione del Presidente della Repubblica, prevede esclusivamente il voto segreto degli elettori. Infatti i catafalchi esistono solo dal 1992, quando l’allora Presidente della Camera Scalfaro li fece montare pur di non dover più sentire le urla di Marco Pannella convinto che senza cabina il voto non poteva essere realmente segreto. Questa volta, considerato il Covid ma soprattutto considerata l’incapacità di progettare – progettare! – anche un microscopico edificio temporaneo, si poteva fare direttamente a meno. E tornare a come s’era sempre fatto prima degli Anni Novanta. Piuttosto che il cattivo gusto, meglio nulla.
-Massimiliano Tonelli
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