Lo Stato prenda esempio dalla Fondazione Falcone
Patrimonio prezioso e inestimabile, la memoria storica va salvaguardata, soprattutto con iniziative efficaci. Ne sono un esempio le attività promosse dalla Fondazione Giovanni Falcone a Palermo, raccontate dal curatore Alessandro de Lisi nella videointervista che troverete di seguito
2022, signori! Siamo in pieni Anni Venti ormai. E, come tutti gli Anni Venti, sono iniziati in maniera inedita e funesta. Questo 2022 porta con sé ricorrenze profonde. Non solo quella, sinistra, della Marcia su Roma del 1922. C’è infatti un altro anno del secolo, un altro anno che finisce sempre col due e che, come con l’inizio del Fascismo, cambiò verso alla storia del Paese. È il 1992.
Tutto iniziò a marzo: l’omicidio di Salvo Lima a Mondello. Poi, fra Agrigento e Porto Empedocle, l’omicidio del Maresciallo Guazzelli: era aprile. Arriviamo a maggio: la Strage di Capaci. Si continuò, come è ben noto, a luglio dello stesso anno in Via D’Amelio. Politici, magistrati, militari cadevano uno dietro l’altro: una guerra della Mafia contro lo Stato; una rappresaglia del malaffare radicato e storico che per la prima volta si sentiva braccato da una nazione che ormai da anni lavorava per estirparlo. Una battaglia che fu capace di determinare il corso degli eventi, la scelta di presidenti – qualcuno dice che lì si gettarono le basi per il ventennio successivo, quello segnato dalla figura di Silvio Berlusconi.
LE TRAGEDIE DELLA MAFIA
Ma la violenza eclatante della Mafia non si fermò al ’92, durò oltre un biennio e nell’anno successivo si passò dalle vittime eclatanti (Paolo Borsellino, Giovanni Falcone…) ai target simbolici. La Mafia, ancorché capeggiata da analfabeti, capì il valore identitario della cultura nell’immaginario diffuso italiano. Venne colpita la chiesa più importante del Paese, San Giovanni in Laterano, sede della diocesi di Roma. Nella Capitale venne preso di mira anche San Giorgio al Velabro, nel cuore dell’area archeologica centrale. A Milano, in coerenza con lo spirito avanguardista della città, si puntò sull’arte contemporanea, facendo saltare in aria il PAC in Via Palestro. A Firenze, manco a dirlo, si colpirono gli Uffizi con un ordigno in Via dei Georgofili. La stagione si chiuse nella maniera più raccapricciante col martirio di Don Puglisi. A raccontarla dopo trent’anni pare una serie su Amazon Prime Video, invece fu la realtà. Una realtà che va ricordata. Come farlo?
“Finanziare e sostenere lo sforzo di chi non solo punta a non dimenticare, ma lo fa inventando format efficaci”.
Una chiave è quella della cultura. Tenendo bene a mente gli obiettivi delle bombe del 1993, rispondere dopo tre decenni proprio con l’arte. Potrebbe essere un grande progetto pubblico, dello Stato. È invece un’attività privata, meritoriamente portata avanti dalla Fondazione Falcone di Palermo, costituitasi nel dicembre del 1992 dopo l’uccisione del magistrato. La Fondazione Falcone (in alleanza con Ministro dell’Istruzione, Fondazione Federico II, Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri) sta mettendocela tutta, per ora su Palermo, grazie ad un disegno curatoriale messo a punto da Alessandro De Lisi – assieme a Vincenzo di Fresco – che ce le racconta nel filmato. Le celebrazioni sono iniziate nel 2021. Ci si è resi conto che una giornata di commemorazione sulla Strage di Capaci come si faceva ogni anno il 23 maggio non era fattibile: niente viaggi, niente discorsi, niente folla, niente scolaresche. E allora che fare?
La Fondazione ha preso a riempire Palermo di giganteschi murales d’artista all’insegna del design sociale: uno dedicato a Falcone, uno a Borsellino, uno a Puglisi. Poi un’operazione tra scultura, installazione e performance con i cani del Branco di Velasco Vitali (nei primi fotogrammi del filmato). Poi il coinvolgimento della grande tradizione artistico-artigianale del legno della Val Gardena. Insomma, un progetto che ha individuato la chiave corretta per lavorare sulla memoria in maniera attiva e coinvolgente per il territorio e i cittadini.
Un progetto però che doveva essere più ampio, non limitarsi a Palermo, avere quella eco nazionale che una fondazione non è nelle condizioni di garantire. Visto che siamo ancora in tempo, l’Italia potrebbe prendere abbrivio da questa iniziativa lodevole e farla propria; utilizzare la Fondazione Falcone come strumento per le celebrazioni nazionali; finanziare e sostenere lo sforzo di chi non solo punta a non dimenticare, ma lo fa inventando format efficaci.
‒ Massimiliano Tonelli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #64
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