Consumi culturali in Italia: un trend da invertire

Nonostante il successo della fiera romana dedicata alla piccola e media editoria, il trend dei consumi culturali in Italia è avvilente. Ma quali sono le vere ragioni?

I numeri del successo di Più Libri Più Liberi raccontano un’importante realtà per il nostro Paese: un’Italia che legge, che partecipa alle attività culturali, che affronta temi importanti e riflette sulle condizioni della propria realtà. Inquadrare le informazioni contenute nei comunicati stampa dell’edizione della fiera romana della piccola e media editoria all’interno dello scenario complessivo legato ai consumi culturali nel nostro Paese, tuttavia, lascia un sapore agrodolce, come una maschera che esibisce un sorriso che, nel suo riflesso, si rivela essere un ghigno. Perché il sorriso del successo di Più Libri Più Liberi non può lasciar dimenticare il ghigno dei dati legati ai consumi culturali del nostro Paese.

“Quello che si sta consolidando è uno scenario in cui una fetta sempre più piccola della popolazione accede a servizi e a consumi culturali, a fronte di una maggioranza che non legge libri, non va a teatro, non va al cinema, non va nei musei

I CONSUMI CULTURALI IN ITALIA

Le condizioni sono infatti preoccupanti, al punto che forse ha senso iniziare a introdurre all’interno del dibattito i potenziali divari (al plurale) che è possibile apprezzare in termini culturali nel nostro Paese. Il primo di tali divari è quello, storico, che divide i consumi culturali tra il nord e il sud del Paese. Lo racconta benissimo l’ultimo rapporto SIAE, che impetuosamente evidenzia come tra quel 34% della popolazione nazionale che risiede nelle nostre regioni meridionali ci sia soltanto il 20% degli spettatori, a differenza di quanto accade, invece, nelle regioni più settentrionali, dove il 46% della popolazione nazionale rappresenta il 58% degli spettatori totali. Le differenze, però, non sono soltanto attribuibili alle differenti regioni di residenza o domicilio: la differenza, in termini di consumi culturali, è diffusissima a tutte le latitudini del nostro territorio.
Le ultime statistiche Istat legate alla lettura sottolineano risultati che lasciano poco spazio ai dubbi: in Italia leggono, all’incirca, 4 persone su 10. E questi dati si associano a quelli emersi da altre indagini, sempre targate Istat, che evidenziano come le famiglie italiane spendano meno di 3 euro al mese per cinema, teatri, concerti, musei, giardini e parchi.
Sia chiaro: non si intende certo sminuire il successo di Più Libri Più Liberi, anzi. Ottenere un successo in uno scenario come quello che implacabilmente i dati indicano per il nostro Paese è ancor più degno di nota. Il problema però va affrontato con lucidità, perché quello che si sta consolidando è uno scenario in cui una fetta sempre più piccola della popolazione accede a servizi e a consumi culturali, a fronte di una maggioranza che non legge libri, non va a teatro, non va al cinema, non va nei musei o, se lo fa, lo fa soltanto a fronte di incentivi e iniziative speciali.

LA CULTURA COME BISOGNO

Ora, questa non è una condizione inedita nella storia. Per molti secoli, nel nostro Paese e non solo, la società era divisa tra un’aristocrazia culturalmente sviluppata e un popolo che soltanto raramente accedeva a determinate tipologie di contenuti. Quello che però è probabilmente inaccettabile è che questa condizione si manifesti in maniera volontaria.
La maggior parte delle politiche volte a stimolare la domanda di cultura si è concentrata sulle dimensioni economiche, ma è evidente che esistano molteplici consumi culturali che non sono economicamente proibitivi. Un film al cinema, in alcune sale cinematografiche, costa meno che un panino al McDonald’s. Non di rado è possibile trovare libri che costino meno di un caffè. I concerti dei musicisti affermati sono sempre più costosi, ma ci sono tantissimi artisti emergenti che propongono biglietti a costi davvero irrisori.
Assodato che sia dunque socialmente inaccettabile non agire per invertire un trend che sembra assumere connotati sempre più specifici e delineati, è allora forse il caso di estendere la riflessione sullo stimolo della domanda includendo anche un’altra variabile: quella dei bisogni. Prendere atto che, probabilmente, i cittadini non hanno soltanto bisogno di avere uno sconto per andare al cinema o al teatro. Hanno bisogno di un motivo per farlo. E il motivo non è solo da trovare nell’offerta specifica, quantunque su questo tema ci sia molto da dibattere. Il motivo è probabilmente da trovare anche in una condizione di clima sociale.
La sfida reale oggi è fare in modo che i cittadini percepiscano il bisogno di cultura. E, sfortunatamente, questa sfida non si vince soltanto con qualche euro di sconto.

Stefano Monti

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Stefano Monti

Stefano Monti

Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

Scopri di più