Perché non trasformare le biblioteche in centri per la cultura digitale?
In una società in cui la cultura digitale è sempre più importante, garantire a tutti di apprenderla e conoscerla è fondamentale. E le biblioteche sono il luogo ideale per trasformare questo progetto in realtà
Presto inaugurerà, a Genova, un hub per la cultura digitale over 65: un luogo che, attraverso una collaborazione tra start-up e terzo settore, svilupperà servizi e offerte rivolte particolarmente alla silver generation. Il rapporto tra i cittadini e la cultura digitale è un tema importantissimo, che di rado viene opportunamente approfondito.
Nel caso di Genova, le condizioni sono state tali da poter strutturare un hub specifico, ma, in molte altre città italiane di medie e piccole dimensioni, questa attività potrebbe essere funzionalmente svolta da centri già esistenti e che, per propria vocazione istituzionale tendono, o dovrebbero tendere, alla creazione di un rapporto diretto con tutti i propri utenti, al fine di diffondere la conoscenza e favorire nella cittadinanza la comprensione e l’adozione di strumenti utili a interpretare il proprio tempo. Stiamo parlando delle biblioteche.
Le biblioteche di pubblica lettura, infatti, sono ormai da anni coinvolte in un processo di rinnovamento della propria attività, estendendo sempre più il proprio ruolo all’interno della comunità e trasformandosi da luoghi di custodia e di tutela a centri di accesso, divulgazione e valorizzazione della conoscenza.
Si tratta di un passaggio importantissimo, di cui è opportuno ribadire il carattere necessario: un tempo, infatti, erano i libri la conoscenza. Qualsiasi concetto che fosse realmente meritevole di essere distribuito e diffuso era affidato a un libro.
BIBLIOTECHE E CULTURA DIGITALE
La funzione delle biblioteche, quindi, era quella di custodire la conoscenza, di evitare andasse perduta. E, fin quando questa condizione è stata vera, disporre di tanti libri, e dare libero accesso a essi, voleva dire rendere la conoscenza accessibile.
Nell’ultimo decennio, e con grande probabilità nei prossimi dieci anni a venire, le biblioteche muteranno notevolmente pelle con lo scopo principale di continuare a svolgere il mandato sociale che è stato loro attribuito, adeguando i propri mezzi, le proprie attività e le proprie modalità di interazione con le persone alle nuove esigenze che la nostra società presenta.
Identificare nelle biblioteche, quindi, dei veri e propri hub per la cultura digitale vuol dire riconoscere il processo di trasformazione in atto, favorirlo e incrementare il livello di sviluppo della nostra cittadinanza.
Soprattutto, vuol dire garantire a tutti i cittadini una conoscenza concreta e reale degli strumenti che, piaccia o meno, governano una fetta importante delle nostre esistenze.
Qui forse è necessario un approfondimento: quando di solito si sente parlare di centri per la divulgazione della cultura digitale si pensa spesso a iniziative, più o meno efficaci, più o meno meritevoli, rivolte essenzialmente a un target di persone demograficamente identificato. Tutto iniziò, qualcuno lo ricorderà, con le lezioni gratuite di informatica per gli anziani, che, da allora, hanno mantenuto più o meno la stessa impostazione, pur essendo notevolmente mutate le condizioni.
Ad aver bisogno di un centro in grado di diffondere la cultura digitale, oggi, non sono solo gli anziani, ma la cittadinanza nella sua interezza. Cultura digitale significa infatti tantissime cose: significa essere consapevoli dei propri diritti e doveri digitali, significa saper utilizzare correttamente gli strumenti che oggi abbiamo a disposizione, significa cogliere le opportunità per migliorare la propria produttività scolastica e professionale.
“Ad aver bisogno di un centro in grado di diffondere la cultura digitale, oggi, non sono solo gli anziani, ma la cittadinanza nella sua interezza”
CITTADINI E DIGITALE
Essere cittadini digitali non è affatto banale, perché presuppone non solo che gli individui incarnino le caratteristiche che li rendono cittadini, ma essere anche in grado di trasferire quei concetti anche alla sfera del nostro mondo digitale. Sicuramente significa conoscere gli strumenti, ma è solo una parte del tutto.
Sempre più persone trascorrono una parte importante del proprio tempo online, ed è presumibile che questo trend continuerà a crescere in modo significativo nei prossimi anni.
Basta questo a capire quanto sia importante per i cittadini essere degli internauti consapevoli. Aiutano, certo, le campagne di sensibilizzazione. Ma non bastano. Non basta sapere che il bullismo online è ugualmente malvagio, che affidare il codice della propria carta di credito a un fantomatico governo internazionale che ti ha raggiunto via e-mail in quanto ereditario di un’immensa fortuna vuol dire vedersi svuotare il conto all’istante. Non basta nemmeno sapere che violare i diritti di privacy di una persona è reato, e che la navigazione in anonimo molto raramente è completamente anonima.
Queste sono le condizioni per poter esserci, nel digitale. Essere cittadini è un’altra cosa.
Le biblioteche di pubblica lettura, quindi, rappresentano forse una delle infrastrutture più adatte alla definizione di questo tipo di offerta culturale, che è essenziale venga erogata dal soggetto pubblico, così come è essenziale che venga erogata alla più vasta platea di persone possibili. Non solo per gli effetti positivi che una tale politica culturale può avere sulla nostra cittadinanza, ma anche per gli effetti positivi che una tale impostazione di diffusione può avere sulle nostre attuali biblioteche, così come sul comparto imprenditoriale legato all’innovazione e alla cultura digitale.
IL RUOLO DELLE BIBLIOTECHE OGGI
I modi attraverso cui tale sviluppo può essere favorito dalle biblioteche sono molteplici: si pensi, a un estremo, alla possibilità di fornire lezioni di coding già dalla più tenera età, con un percorso che segua i bambini per livelli di specializzazione crescenti. Una tale diffusione di conoscenza tecnica sicuramente potrà agevolare l’emersione di nuove esperienze imprenditoriali. Al lato opposto, invece, il possibile incremento dei livelli di domanda che può sorgere da una più ampia diffusione di conoscenza della cultura.
Così come nel caso della cultura tradizionale, per la quale vale il principio che, una volta acquisito il piacere di fruire cultura, quel piacere tenderà ad aumentare i consumi culturali nel tempo (per volume o per intensità), così, per la cultura digitale, riuscire a trasmettere il piacere di realizzare dei progetti online, di partecipare ad attività di citizen science, di produrre musica utilizzando l’intelligenza artificiale, di trasformare le proprie foto ricordo in prodotti multimediali può favorire un sempre più costruttivo utilizzo di internet e delle sue potenzialità.
Attribuire, dunque, alle biblioteche di pubblica lettura una tale funzione significa anche ridurre notevolmente i costi di investimento necessari per una seria politica di diffusione di centri per la cultura digitale nel nostro Paese. Esiste già un’infrastruttura estremamente capillare; esistono professionisti altamente competenti su tutto il territorio nazionale. Non resta che affidare istituzionalmente questo ruolo alle biblioteche, dotarle di risorse, anche minime, attraverso le quali poterlo concretamente sviluppare, e favorendo altresì la partecipazione dei cittadini. Il tutto senza dover investire ulteriori risorse per definire degli spazi, risorse che, allo stato attuale, in molte città, può essere più funzionale destinare alle persone.
Stefano Monti
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