Il turismo culturale al cospetto della tecnologia: vantaggi e strategie

Se la visita fisica a un museo è imparagonabile a quella virtuale, è vero che la tecnologia può fornire utili strumenti di supporto dopo l’esperienza di visita dal vivo. Aiutando anche i territori a far conoscere al grande pubblico il loro patrimonio culturale

Chi ha buona memoria si ricorderà come, qualche anno fa, emerse il notevole interesse da parte delle istituzioni museali di misurare il tempo di fruizione medio delle opere esposte. Dalle ricerche condotte emersero dati molto bassi di permanenza, con tempi di fruizione di una manciata di secondi, e comunque notevolmente minori rispetto a quelli registrati da servizi online come Google Arts and Culture. Le interpretazioni che ne seguirono, chiaramente, furono in qualche modo il riflesso di un’epoca in cui il mondo “reale” e quello “digitale” non erano ancora così integrati, così interdipendenti.
La prima reazione fu di sorpresa e di confronto, condizioni che oggi risultano del tutto superate: è chiaro che in un museo, che contiene centinaia di opere, le persone tendono a permanere molto meno di quanto possano fare, ad esempio, di fronte a una singola opera disponibile sul proprio schermo, magari in grande risoluzione, e che si può fruire con una ricchezza di dettagli anche superiore a quella realmente percepibile in condizioni reali. Quei dati, oggi, possono essere invece recuperati, e reinterpretati secondo un’altra predisposizione: non quella del confronto e dell’antitesi, quanto piuttosto della complementarietà.
Pur derivando da ricerche condotte, in fondo, pochissimi anni fa, l’esperienza al digitale della pandemia, e la progressiva integrazione tra il mondo reale e virtuale, ci forniscono una chiave di lettura completamente differente: oggi sappiamo che l’esperienza in un museo non sarà mai paragonabile a quella in realtà virtuale e che, per quanto tecnologicamente evoluti siano gli strumenti digitali, propongono delle esperienze che hanno delle caratteristiche differenti da quelle condotte attraverso la propria presenza. Né migliori, né peggiori: differenti.
Queste riflessioni dovrebbero quindi interessare molto chi si occupa di progettare e definire i perimetri delle esperienze culturali e, forse in misura ancor maggiore, le esperienze turistiche. I dati delle indagini citate, alcune delle quali condotte con metodologia estremamente rigida, riportavano un’evidenza che ognuno di noi riconosce come propria: nel complesso dell’esperienza turistica, esistono moltissimi stimoli del territorio cui si presta pochissima o nulla attenzione, e che potrebbero invece essere di estremo interesse, per noi, in altre circostanze.

“Queste riflessioni dovrebbero quindi interessare molto chi si occupa di progettare e definire i perimetri delle esperienze culturali e, forse in misura ancor maggiore, le esperienze turistiche

VISITE AL MUSEO E REALTÀ VIRTUALE

Durante il recente incontro Integra: la realtà virtuale ad integrazione dell’esperienza turistica, tenutosi al Buy Tourism Online, durante una conversazione con Digital Mosaik, questi elementi sono emersi in modo piuttosto evidente. Soprattutto, è emerso come, nella pianificazione degli attuali servizi virtuali per il turismo, l’offerta si concentri soprattutto su categorie di servizi tendenzialmente sostitutivi dell’esperienza turistica. A fronte delle riflessioni sollevate dai dati sulla fruizione museale, tuttavia, la progettazione di servizi del mondo dei visori dovrebbe essere pensata in modo completamente differente, in primo luogo dai territori e dalle istituzioni della cultura, riflettendo attentamente su quali possano essere i reali target di quel prodotto e, più propriamente, quali categorie di bisogni i prodotti virtuali potrebbero soddisfare.
Da un lato, infatti, c’è il bisogno dell’istituzione di mostrarsi “al passo con i tempi”, e questo è forse il bisogno meno interessante da approfondire, perché produce costi di realizzazione che generano benefici del tutto trascurabili: qualche trafiletto di rivista specializzata, qualche pagina in più nel report di fine anno delle attività e amenità di questo tipo. Dall’altro, invece, ci sono i bisogni delle persone che prevedono non faranno mai esperienza diretta di una determinata località, i bisogni di coloro che invece stanno pianificando l’esperienza e i bisogni di coloro che in quella località ci sono già stati.
Basandosi sulle tecnologie ad oggi presenti e concretamente utilizzabili, la realtà virtuale potrebbe creare benefici proprio per quest’ultima categoria di esigenze: rientrate dal viaggio, le persone potrebbero aver voglia di conoscere dettagli su “cose viste di sfuggita”, o su opere inserite nei musei che magari non hanno potuto fruire nelle migliori condizioni, o infine su elementi che hanno vissuto in modo pieno e che vorrebbero semplicemente rivedere per fissare meglio contenuti ed emozioni della propria memoria esperienziale.
Realizzare prodotti audiovisivi per visori, in questo senso, al di là della loro forma tecnologica (ricostruzione, ripresa ecc.), potrebbe essere molto interessante per questa categoria di persone. Tali prodotti, tuttavia, dovrebbero essere realizzati per le specifiche esigenze di chi rientra dal viaggio, e differire, ad esempio, dai prodotti realizzati per esigenze diverse: dalla scelta del dettaglio dei contenuti ai canali di distribuzione e vendita. È chiaro, infatti, che chi torna da una visita a un museo, durante la quale ha magari fruito anche di servizi culturali come la visita guidata, abbia altre esigenze rispetto a chi si accinge a farvi visita. Dettagli che nel primo caso costituirebbero degli arricchimenti, nel secondo finirebbero probabilmente per ridurre il livello di piacere, anticipando tutti i contenuti che si andranno poi a fruire.

TURISMO, TECNOLOGIA E TERRITORIO

Soprattutto, è chiaro che i servizi integrativi-virtuali debbano trovare dei propri canali di vendita: se si riprende il caso del museo, deve essere lo stesso bookshop a poter fornire la possibilità di acquistare un servizio di questo tipo; nel caso delle città d’arte, dovrebbero essere le stesse istituzioni a poter sviluppare una strategia di vendita post-visita, strutturando l’intera offerta anche in virtù di questa possibilità. Questa tipologia di servizi è importante per creare un rapporto con il visitatore anche dopo la sua permanenza, tanto nel luogo della cultura quanto nella città. Ed è anche un importante stimolo a ripetere la visita, condizione chiaramente da combinare con una molteplicità di variabili impossibili da sintetizzare.
Si tratta di un’opportunità molto interessante per i territori e per le istituzioni culturali, ma è anche a tempo limitato: con l’incedere così rapido delle innovazioni tecniche, sarà presto possibile registrare la propria esperienza attraverso i propri device e, quando questo accadrà, magari le persone si accontenteranno di quanto registrato dai propri glass piuttosto che di un prodotto culturale e turistico evoluto. Andrebbe quindi colta con attenzione e con rapidità, perché si tratta di attività che già adesso sono pienamente realizzabili, con investimenti non impossibili da sostenere.
In campo tecnologico, per secoli, l’umanità ha sempre pensato di essere all’avanguardia, e ha sviluppato servizi coerenti con i mezzi a propria disposizione. Solo negli ultimi decenni, abituati come siamo all’incessante avanzare degli strumenti, abbiamo iniziato a pensare di non essere abbastanza avanzati. Se c’è un limite allo sviluppo delle applicazioni tecnologiche, è proprio questo.

Stefano Monti

Versione estesa dell’articolo pubblicato su Artribune Magazine #70

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Stefano Monti

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Stefano Monti, partner Monti&Taft, è attivo in Italia e all’estero nelle attività di management, advisoring, sviluppo e posizionamento strategico, creazione di business model, consulenza economica e finanziaria, analisi di impatti economici e creazione di network di investimento. Da più di…

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