Perché la cultura in Italia vale sempre di meno?
Con il proliferare delle varie Capitali (della cultura, del libro, dell’arte contemporanea…) diventa chiaro quanto la promozione dell’aspetto culturale in Italia sia in realtà inefficace. Qui Stefano Monti spiega, in maniera disincantata, il perché
Dopo la Capitale della Cultura e la Capitale del Libro, arriveranno la Capitale della Cultura Mediterranea e la Capitale dell’Arte Contemporanea. Ci si aspetta la Capitale della Lingua Italiana e, con ancora più trepidante attesa, la Capitale dell’asso pigliatutto, un valore immateriale della nostra Repubblica, sancito all’interno di differenti articoli della Costituzione, e, con una maggiore enfasi, anche nel Codice degli Appalti.
Asso pigliatutto rappresenta infatti un elemento culturale trascendente nella nostra cultura: è asso pigliatutto la cultura delle nomine dei CdA, che vedono le singole persone, magari un po’ in là con l’età, essere in centinaia di fondazioni, enti, imprese; è asso pigliatutto la presenza di riflessioni sempre uguali all’interno dei giornali; asso pigliatutto il sistema tributario, che soltanto raramente crea occasioni di sviluppo; è asso pigliatutto il sindacato con i lavoratori dipendenti, il politico alla ricerca di consenso, l’imprenditore che cerca di massimizzare i propri profitti a discapito della crescita della qualità dei servizi che eroga, la cooperativa che utilizza tutte le modalità per poter abbassare i costi del lavoro.
Così come asso pigliatutto rischia di divenire la moltiplicazione delle Capitali. È sicuramente efficace in una logica di distribuzione di risorse che altrimenti troverebbero particolari difficoltà a essere veicolate a specifiche realtà urbane, è chiaro. Però diviene del tutto inefficace sul versante della reale promozione.
“Dopo il liceo del Made in Italy, partirà subito la guerra a una delle strutture che da sempre detiene un potere sinistrorso e radicale, l’Università”
GOVERNO E CULTURA IN ITALIA
Ma parliamo di cose serie. E ritorniamo dunque all’asso pigliatutto, per comprendere appieno quanto l’attuale governo sia così decisamente impegnato su questo versante.
Iniziamo dalla cultura. Su questo punto è senza dubbio necessario sottolineare come l’attuale governo abbia l’indiscusso merito di aver chiarito una volta e per tutte un elemento importante della nostra storia recente: siamo stati culturalmente governati dalla sinistra.
Molti, in questi giorni, guardandosi allo specchio al mattino, non riescono a trattenere un sorriso beffardo nei riguardi di sé stessi: “toh”, sembra dire il volto nello specchio, “e tu credevi che la sinistra fosse scomparsa!, e invece no! Stupidino”, appare la voce fuori campo, “eri tu che eri troppo impregnato di ideologie per comprendere la vera verità sulle cose: Draghi, amico mio, è di sinistra, ma non così, così” (e sullo specchio passa la scena del mitico Mario Brega in Un sacco bello di Carlo Verdone).
Ma non è questo l’unico velo di Maya che il nostro governo ha sollevato: perché l’asso pigliatutto, nel nostro Paese, è ovunque: la cultura, quella vera, quella reale, quella dove nascevano le politiche e le strategie, non era decisa in Ministero, no, era fatta nei convegni, nelle tavole rotonde, negli incontri al margine delle inaugurazioni, delle presentazioni di libri, nelle cene di beneficenza. È per questo che, nel nome del rilancio del nostro Paese, sono stati subito proclamati gli Stati Generali della Cultura Italiana. Perché dire solo cultura significa essere di sinistra. Evidentemente.
C’è anche di più: la cultura veniva fatta sui giornali. Eh già. Quelli che tutti, ma proprio tutti gli italiani leggono al mattino. Guai che salti un giorno la rassegna stampa quotidiana! Ecco perché è stato necessario intervenire immediatamente su questo fronte, andando a rivendicare la potestà intellettuale e la libertà di citare chiunque. Perché il potere culturale della sinistra si manifestava così: gli autori sono di sinistra. Tutti gli intellettuali sono di sinistra. Tranne Heidegger. E questo era un elemento talmente evidente, talmente schiacciante, che a un certo punto gli italiani hanno smesso di dormire la notte. È da questo che è nato il vero scollamento tra i giovani e la cultura, ad esempio. Ed è da questo che è nato il grande abuso di alcolici tra i più giovani. Così, se qualcuno per caso si trovava a citare Erri de Luca, poteva poi giustificarsi con l’ebbrezza.
“L’asso pigliatutto prende quello che c’è. Non costruisce. Non produce valore. Nel conteggio generale, l’asso vale quanto il resto”
IL DESTINO DELLA CULTURA IN ITALIA
Ma il processo che porterà il nostro governo a rendere l’asso pigliatutto uno dei patrimoni immateriali riconosciuti dall’Unesco è soltanto alle prime mosse: dopo il liceo del Made in Italy, partirà subito la guerra a una delle strutture che da sempre detiene un potere sinistrorso e radicale, l’Università. E allora saranno varate le principali riforme culturali del nostro Paese.
E dopo aver inferto quest’ultimo colpo a quella che sarà ormai la morente cultura radicale che per decenni ha governato l’Italia partirà la più grande azione di destra che ci possa essere, di cui già oggi è possibile valutare le prime avvisaglie: il rimarchio totale. Per coloro che non sanno cosa sia, il rimarchio è il processo attraverso il quale le imprese o le amministrazioni avviano un processo di cambiamento strategico legato all’identità aziendale o territoriale.
Allora ci troveremo in un Italia completamente diversa, dove al posto del FUS avremo il FUCS, Fondo Unico per la Creatività e lo Spettacolo, e dove al posto delle ICC – Industrie Culturali e Creative avremo le ICC – Italia – Cultura e Creatività. Sarà un gran fermento. E il nostro Paese potrà contare su un elemento centrale. Nulla cambierà, ma avrà un nuovo nome. Non cambieranno le storture del Ministero. Licenziare un dipendente della Pubblica Amministrazione sarà ancora impossibile. Attraverso i fondi per la cultura verranno ancora finanziati eventi. Perché l’asso pigliatutto non ha né limiti né regole. Eccetto una. Vale poco.
L’asso pigliatutto prende quello che c’è. Non costruisce. Non produce valore. Nel conteggio generale, l’asso vale quanto il resto. Per questo è importante mettere tutto sul piatto, calare giù tutte le carte che ci sono, e poi prenderle con una sola e unica strategia.
Stefano Monti
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