Il Museo dell’omosessualità diventa realtà a Torino? C’è l’appoggio delle istituzioni

Il sindaco e il presidente della Regione si sono detti favorevoli. Il museo sarà il primo del genere in Italia. Già individuata anche la sede, annessa al Polo del ’900 e al Museo della Resistenza e dei Diritti

Quasi due anni fa – era l’ottobre 2021 – Angelo Pezzana, fondatore del movimento di liberazione omosessuale FUORI! e presidente della Fondazione Sandro Penna FUORI!, proponeva l’istituzione a Torino del primo Museo dell’omosessualità italiano, indirizzando una lettera all’allora neosindaco Stefano Lo Russo e al governatore della Regione Piemonte Alberto Cirio. Pezzana, attivista e giornalista, perorava la causa rivendicando per il capoluogo piemontese il ruolo di “capitale dei diritti”, sottolineando come proprio Torino, che nel 2022 si apprestava a ospitare l’assemblea generale dei Pride europei, detenesse (e detenga) l’unica cattedra di Storia dell’Omosessualità d’Italia. La proposta arrivava all’indomani della conclusione della mostra dedicata al cinquantesimo anniversario del FUORI!, il Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano (primo movimento del suo genere nella storia del Paese, germogliato proprio a Torino), e Pezzana, interpellato da Artribune, si era detto convinto che la risposta dovesse essere istituzionale: “Se vogliamo che la struttura sia aperta a tutti deve essere così – altrimenti rischiamo una soluzione comunitaria, in cui ogni associazione e gruppo ha le sue diverse finalità. Questo museo deve agire in prospettiva istituzionale con finalità di storia e ricerca”, sul modello del museo Schwules di Berlino, che nel frattempo ha già manifestato l’interesse a gemellarsi con l’omologo torinese.

Angelo Pezzana

Angelo Pezzana

IL MUSEO DELL’OMOSESSUALITÀ DI TORINO. L’APPOGGIO DELLE ISTITUZIONI

Su queste premesse, all’inizio del 2023 si è costituito il comitato di sostegno alla realizzazione del Museo dell’omosessualità, che riunisce attivisti, politici e intellettuali, tra cui Guido Accornero, che nuovamente fiancheggia Pezzana in una battaglia culturale per la collettività: insieme, nel 1988, i due sono stati padri fondatori del Salone del Libro. Ma solo negli ultimi giorni, quella che a lungo è sembrata solo una suggestione sembra aver trovato la strada per trasformarsi in realtà. Il progetto ha infatti ricevuto il sostegno ufficiale – e congiunto – di Comune (Pd) e Regione (Centrodestra), non scontato in un momento politico che vede polarizzarsi ed esacerbarsi il dibattito sui diritti civili e della comunità Lgbtq+. Stefano Lo Russo e Alberto Cirio avrebbero infatti già iniziato a ragionare concretamente sulla sede da adibire al nuovo museo, dimostrandosi favorevoli a trovare i soldi necessari per finanziare l’impresa, “purché il progetto sia scientificamente e storicamente inappuntabile”, ha precisato Cirio.

IL MUSEO DELL’OMOSESSUALITÀ AL POLO DEL ’900?

Lo spazio designato, per considerazioni di merito e pratiche, potrebbe coincidere con il complesso dei palazzi San Celso e San Daniele, che già accolgono ventiquattro tra istituti e fondazioni culturali, ma soprattutto il Polo del ’900 e il Museo della Resistenza e dei Diritti. Un’opportunità per valorizzare il complesso museale, attualmente non premiato dai numeri rispetto ad altre ben più celebri e visitate istituzioni cittadine, condividere le spese di gestione e garantire una collocazione stabile al Museo dell’omosessualità, anche se l’archivio di Fuori!, per ragioni di spazio, resterebbe nei locali della Fondazione Sandro Penna in via Santa Chiara, per la consultazione di ricercatori e studiosi (ma i materiali sono già stati digitalizzati e confluiscono proprio nella piattaforma online del Polo del ’900). Recuperati i fondi, sindaco e presidente di Regione si dicono certi che il progetto potrà essere completato in tempi brevi. Di certo ora l’ipotesi inizia ad assumere contorni definiti. “Il progetto è pronto, l’archivio e la collezione sono a disposizione”, ricordava qualche mese fa Pezzana in un intervento programmatico a sua firma su La Stampa. Sfumata la possibilità di ottenere l’Europride 2026 (assegnato ad Amsterdam), Torino è ancora in lizza per il 2027: “L’apertura del museo potrebbe essere un’attrazione in più per la nostra città facendola preferire ad altre. I manifestanti del Pride sarebbero poi un veicolo naturale di conoscenza del museo a livello mondiale. Un processo virtuoso di sostegno reciproco. Tutto a favore della cultura della non discriminazione”.

Livia Montagnoli

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