Le nuove biglietterie dei musei saranno una sconfitta per i concessionari privati?
È necessaria una riflessione in merito alla ricaduta che potrebbe avere sui soggetti privati una piattaforma statale effettivamente funzionante
9 maggio. Una circolare della Direzione Generale Musei annuncia, come ripreso da molte testate, la nascita di Ad Arte, un sistema di biglietteria rivolto ai musei autonomi.
La notizia è stata ovviamente ripresa da differenti giornali, senza tuttavia suscitare quel dibattito strutturato che avrebbe potuto generare. Fuori dai giornali, però, la preoccupazione esisteva. Si respirava. Il timore era duplice: da un lato quello dei concessionari del servizio, che senza la funzione di biglietteria dei musei autonomi venivano sostanzialmente tagliati fuori da un segmento di mercato importante; dall’altro il timore generale, perché sino a oggi, meglio ricordarlo, le piattaforme ministeriali non hanno sempre brillato per rapidità, efficacia e user-friendliness.
Un silenzio stampa durato una settimana, al termine della quale il Direttore Generale Musei ha fornito alcuni chiarimenti in qualche modo distensivi, da alcuni indicati come un sostanziale dietrofront. Perché Ad Arte, che era parso a tutti un sistema di biglietteria verso il quale i musei autonomi erano tendenzialmente chiamati a migrare, è divenuto, nella nuova comunicazione, un sistema non esclusivo, che permetterà la gestione di servizi di biglietteria online, non più rivolto soltanto ai musei autonomi ma a tutti i 498 luoghi della cultura, di cui, sottolinea il direttore, soltanto 75 sono gestiti da un concessionario.
Da quanto pare di capire, quindi, Ad Arte sarà una piattaforma cui potranno aderire tutti i musei, autonomi e non, e che potrà fornire, tra le altre funzionalità, come approfondisce il Direttore Generale, anche il servizio di biglietteria, funzione utile soprattutto per quei musei che, per una serie di circostanze, a oggi non dispongono di un servizio di biglietteria evoluto.
Più che un cambio di direzione, tuttavia, quella del Ministero sembra piuttosto una deviazione. Di certo necessaria, non solo perché così come era stata inizialmente interpretata Ad Arte avrebbe creato non pochi problemi legali, ma anche per la gestione concreta del sistema.
“Più che un cambio di direzione, tuttavia, quella del Ministero sembra piuttosto una deviazione”
RISCHI E POTENZIALITÀ DELLA PIATTAFORMA AD ARTE
Forse vale la pena approfondire l’argomento. Dimentichiamo allora, per un attimo, i non brillanti risultati ottenuti dalle precedenti ambizioni informatiche totalizzanti del nostro Ministero (dal portale Italia alla già dimenticata Netflix della Cultura).
Bene, pur fornendo al Ministero la più totale fiducia, una piattaforma esclusiva per la vendita di biglietti per tutti i musei autonomi significa la gestione di una mole di informazioni, tra l’altro finanziarie, non di poco conto. Gli attuali gestori dei servizi di biglietteria non sono nati dall’oggi al domani: alle loro spalle hanno una storia di evoluzioni costanti, di miglioramenti continui, e questo si traduce in un sistema che è cresciuto nel tempo. Lanciare sul mercato una soluzione unica di questo tipo, senza alcun track-record, per una platea così ampia di potenziali biglietti da vendere è un azzardo organizzativo prima ancora che tecnologico.
La deviazione, dunque, è funzionale: ma la traiettoria è ormai stata disegnata, e credere diversamente è ingenuo.
Ciò che Ad Arte racconta è un Ministero che ha intenzione di fornire, attraverso strumenti informatici proprietari e attraverso proprie società (Ales), una serie di servizi che, a oggi, vengono forniti da soggetti privati. Una volontà che, è bene ribadirlo, non è affatto appannaggio dell’attuale Governo. Una serie di segnali, in questo senso, è emersa negli ultimi anni: manifestazioni di interesse, alcune richieste forse un po’ troppo tecniche in alcune gare di concessione, ecc. Interpretando dunque la nascita di Ad Arte sulla base di un percorso pluriennale, diviene dunque chiara la direttrice di fondo, direttrice sulla quale bisognerebbe fare qualche riflessione più strutturata.
Una riflessione che deve partire, in primo luogo, dai concessionari, e deve riguardare proprio quella maggioranza dei luoghi della cultura che sono sprovvisti di servizi di biglietteria.
Cerchiamo di chiarire meglio questo aspetto: da almeno un decennio è chiaro a tutti che la rivoluzione tecnologica rappresenti uno dei tratti più evidenti della nostra società. Nel frattempo, è stato da tutti percepito come lampante che la nascita dei musei autonomi avrebbe in qualche modo potuto esasperare delle differenze, in termini di servizi e di tecnologie, tra i musei superstar e i luoghi della cultura meno inflazionati. Così come tutti hanno sempre saputo che tale distanza era destinata necessariamente a essere colmata, presumibilmente attraverso interventi correttivi.
In questa condizione di scenario, probabilmente, sarebbe stato utile sviluppare una strategia aziendale in grado di colmare tale differenza: era chiaro a tutti che, prima o poi, i musei si sarebbero dovuti dotare di biglietterie informatiche.
“Ciò che distingue il soggetto privato è la strutturale necessità di dover intercettare e anticipare i bisogni delle persone, prima che lo facciano i competitor”
IL RUOLO DEI PRIVATI
La nascita di Ad Arte, così come chiarita nella seconda comunicazione della Direzione Generale Musei, va proprio a soddisfare un bisogno che i privati non hanno saputo o voluto soddisfare in precedenza, con il risultato, tuttavia, che tali soggetti privati si troveranno, presto o tardi, a concorrere con il Ministero per la gestione delle biglietterie.
Se Ad Arte si mostrerà in grado di gestire importanti flussi di informazioni e garantire la gestione sicura delle transazioni; se si rivelerà un prodotto efficace; se potrà fornire le informazioni sui visitatori dei musei in modo unitario, profilando qualitativamente gli utenti; se diventerà uno strumento attraverso il quale poter effettivamente perseguire anche promozioni e azioni incentivanti in termini di politica culturale; se infine riuscirà a ottenere tali risultati e raggiungere ulteriori economie di scala, mostrandosi anche finanziariamente più conveniente di quanto lo siano gli attuali gestori dei servizi di biglietteria, sarà anche in grado di attrarre e soddisfare le esigenze dei musei autonomi. Con delle ripercussioni che saranno evidenti non soltanto per ciò che riguarda i servizi di biglietteria, ma per tutto il settore delle concessioni museali, soprattutto se si amplia la prospettiva, e si iniziano a considerare gli sviluppi in termini di istituti giuridici volti a favorire modalità sempre più collaborative tra soggetti pubblici e privati.
Occorre dunque inquadrare bene quanto sta accadendo, e comprendere che la posta in gioco non è affatto quella di un sistema di biglietteria. L’ingresso dei privati all’interno della gestione dei servizi museali è stata una rivoluzione necessaria, che ha concretamente migliorato il nostro sistema museale. In quanto necessaria, quindi, non è affatto detto che sia perenne. L’impronta statalizzante del nostro Ministero della Cultura è sempre stata forte, e sono molte le correnti di pensiero che vanno verso questa direzione.
E i privati, in questo senso, hanno ragionato secondo una logica non sempre lungimirante, adeguandosi a una visione in parte ingegneristica, in parte pseudo-pubblica del fare impresa, dimenticandosi della visione strategica e imprenditoriale.
Bisogna dunque ricordare che ciò che distingue il soggetto privato da quello pubblico non è il numero di occupati, né il possesso di requisiti imposti da norme. Ciò che distingue il soggetto privato è la strutturale necessità di dover intercettare e anticipare i bisogni delle persone, trovando le modalità più efficienti ed efficaci attraverso le quali fornire prodotti e servizi desiderati, prima che lo facciano i competitor. È da questa condizione che nasce il rischio imprenditoriale, ed è questa la condizione da cui scaturisce quella maggiore rapidità che viene di solito espressa dal settore imprenditoriale.
Già troppo spesso il settore pubblico gioca a fare il privato. Evitiamo che si verifichi anche il processo opposto.
Stefano Monti
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