La cultura ha bisogno di un calendario che metta ordine agli eventi
Il settore degli eventi territoriali è sovraccarico e poco organizzato, e l’effetto è deleterio per l’economia della cultura e per chi della programmazione culturale fruisce. Come rimediare?
Le stagioni estive sono sempre le migliori per chi ama la cultura: l’affastellarsi di spettacoli, mostre, concerti, visite guidate riempie tutte le agende, probabilmente troppo.
Si assiste, è vero, a un eccesso di offerta, condizione che potrebbe essere facilmente scongiurata attraverso tre semplici precauzioni: evitare di concentrare tutti gli eventi nelle sole serate primaverili-estive, lasciando qualcosa da fare anche in inverno; concordare le scalette delle attività, quantomeno a livello provinciale; utilizzare uno strumento digitale condiviso, che divenga riferimento per tutte le attività, così da migliorare il livello di scelta.
A ben vedere, la terza precauzione aiuterebbe a evitare scalette troppo simili, e, probabilmente, sarebbe altresì utile a comprendere che parte di quegli eventi potrebbe essere traslato in momenti meno “caldi”, sia in termini di temperatura, sia come offerte alternative.
Un’azione di questo tipo, tuttavia, non può essere demandata esclusivamente al settore privato, e il motivo è di natura economica, non soltanto monetaria.
La regola dello standard per gli eventi culturali
In economia delle reti, come poi ampiamente dimostrato dalla nostra realtà quotidiana, per determinate categorie di servizio vige la regola dello “standard”. Una regola semplicissima: arrivati a un certo numero di utenti, quei servizi che si sviluppano attraverso le reti, conoscono un incremento vertiginoso delle nuove iscrizioni e diventano, nei fatti, lo standard di riferimento per un determinato servizio.
Si tratta di una dinamica che è nata ben prima dei social network (il Fax è uno degli esempi più usati in questo senso), ma da Facebook in poi questa dimensione è divenuta piuttosto evidente: quanti di noi hanno poi aderito a WhatsApp perché era diventato lo strumento che tutti utilizzavano?
Bene. Raggiungere questo standard richiede, tendenzialmente, la presenza di due o tre elementi che è pressoché impossibile incontrare contemporaneamente in un servizio a carattere provinciale o regionale: la presenza di un’utenza potenziale molto elevata, tale da giustificare gli ingenti investimenti che è necessario sostenere prima di divenire realmente lo standard, la disponibilità delle necessarie – il reale delta che il servizio privato può fornire rispetto a un servizio pubblicamente orientato – e la presenza di potenziali ritorni economici che possa giustificare un investimento così elevato.
Al contrario, risulterebbe ben più agevole sviluppare una piattaforma, anche (e soprattutto) avvalendosi di una partecipazione attiva da parte dei privati, e associare alla promozione dei propri eventi dei vantaggi di natura economica o finanziaria (come ad esempio, renderli vincolanti per poter accedere a determinate tipologie di finanziamenti erogati attraverso le Camere di Commercio provinciali).
Una piattaforma per la programmazione di eventi culturali
Una piattaforma che, sia chiaro, rimandi ai servizi di ticketing e ai siti, e che svolga esclusivamente funzioni di tipo informativo, evitando così di voler realizzare un ennesimo servizio integrato destinato a fallire perché troppo costoso e troppo “pesante” da manutenere.
Una piattaforma che, a sua volta, potrebbe divenire sostenibile con servizi premium, o anche soltanto con le pubblicità di banner o di eventi sponsorizzati, e che potrebbe divenire poi uno strumento in grado di fornire “razionalità progettuale” a un settore, come quello degli eventi, che è ricco di imprevisti e di modifiche.
Non serve molto: serve un calendario digitale, una mappa, una funzione di newsletter, una funzione che consenta a tutti gli organizzatori di eventi di poter pianificare autonomamente i propri eventi una volta autenticati al sito, e una funzione che avvisi tutti gli operatori ogni volta che specifici organizzatori (a scelta da parte degli operatori) caricano i propri eventi.
In questo modo, ognuno guarderà la propria concorrenza e cercherà di sviluppare un’offerta distintiva, cercando, in modo autonomo, di non posizionare il proprio “artista di punta” in occasione dell’equipollente del concorrente, ma preferendo per quelle serate, artisti di nicchia, in grado di raggiungere pubblici differenti.
In tre anni, probabilmente, l’intero settore degli eventi territoriali si trasformerebbe, divenendo più organizzato, e si estenderebbe di molto la partecipazione aggregata, sia durante il periodo estivo, sia durante il periodo invernale.
Meglio questo che il “ticketing obbligatorio di Stato”, no?
Stefano Monti
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