L’arte contemporanea a Roma deve per forza passare dall’archeologia
Da sempre, la sfida più grande per gli artisti romani delle ultime generazioni è l’archeologia. E Roma ha il dovere di proporre all’arte contemporanea di confrontarsi col passato, per dare alla città un’idea di futuro
Promuovere artisti d’arte contemporanea delle ultime generazioni all’interno di siti archeologici di Roma è un passaggio fondamentale che la nostra città deve compiere per poter fronteggiare le sfide che quest’epoca così complessa ci pone di fronte, allo stesso livello delle altre capitali del mondo.
Una prima considerazione va fatta riguardo agli artisti che la città ha il privilegio di far crescere per poter costruire la classe dirigente creativa dei prossimi anni. Come è sempre successo nella storia, gli artisti crescono solamente quando vengono posti di fronte a grandi sfide simboliche che permettono loro di affrontare e superare i propri maestri. Così hanno fatto Michelangelo con la scultura classica a Roma, e Caravaggio e Bernini con le opere di Michelangelo e Canova con le statue di Bernini. Roma ha sempre offerto agli artisti confronti con i capolavori del passato, fino agli Anni Sessanta, quando Mario Schifano e Tano Festa reinterpretavano la Cappella Sistina nelle loro tele.
“Roma deve far crescere gli artisti contemporanei per permettere loro di produrre una visione simbolica del mondo circostante”
L’arte contemporanea a Roma e l’archeologia
Allora come oggi, per gli artisti romani delle ultime generazioni la sfida più grande è l’archeologia, che rappresenta l’anima della città per i cittadini romani e il volto più identitario e simbolico nell’immaginario internazionale.
Se gli artisti non vengono posti di fronte a questa sfida, rimarranno ottimi professionisti, ma adolescenti nei confronti della storia e non strutturati a rispondere alle sfide globali come i loro colleghi francesi, svizzeri, olandesi e tedeschi: splendenti Ferrari ferme e chiuse in un garage.
Noi cittadini di Roma del XXI secolo rimpiangeremo di essere stati una generazione incapace di solcare il nostro tempo, in una città che della stratificazione artistica ha fatto la propria cifra distintiva nel corso dei secoli, fino al dopoguerra. Un gap avvertito persino dal presidente
Mattarella, che ha fatto allestire opere di arte e design contemporaneo italiano al Quirinale, dove erano rappresentati tre secoli di storia fino alla seconda metà del Novecento: un vuoto che il Presidente ha sentito la responsabilità di colmare.
Roma e l’idea di futuro
La seconda considerazione va fatta nei confronti dell’immagine della città all’estero. Le grandi capitali d’Europa – da Parigi a Berlino, da Barcellona a Londra – continuano a raccontarsi sulla scena internazionale come luoghi in grado di produrre interpretazioni della complessità del presente e proporre proposte per affrontare le sfide future. In questa partita Roma, che concorre a prossime competizioni internazionali come Expo 2030, deve potersi dotare degli strumenti necessari per posizionarsi al livello delle altre grandi città.
Un luogo che ha dato vita al concetto di Impero (ancora oggi fonte di ispirazione per le grandi potenze globali), culla di una religione che si professa universale e della meraviglia artistica, oggi deve poter continuare a esportare il proprio modo unico di interpretare il mondo, per essere ancora fonte di ispirazione per gli altri Paesi del globo. E per fare questo deve far crescere gli artisti contemporanei per permettere loro di produrre una visione simbolica del mondo circostante.
Quando nel passato questa città è stata caricata energeticamente di un’idea di futuro, non è un caso che i romani siano stati capaci di convogliare tutte le forze e di creare un luogo vivibile, pulito, funzionante e in grado di attrarre a sé il mondo. Senza questa visione però la città sembra non essere in grado di prendersi cura di sé stessa, né di fare manutenzione ordinaria.
Infine un’ultima considerazione va fatta rispetto alle generazioni future di questa città, ai figli nelle scuole e agli studenti universitari, che hanno il diritto di potersi riconoscere in una Roma che guarda al futuro, e che a livello istituzionale si prende la responsabilità̀ di ispirare simbolicamente il privato a produrre visioni e investimenti per una città che è stata sempre abituata a guardare al futuro.
Un gesto fondamentale per evitare che un’ennesima generazione, non sentendosi ispirata dalla propria città di nascita, debba fuggire all’estero. Da sempre i giovani cercano energie più che un lavoro, e stimoli più che sicurezze. Ed è proprio grazie a questo che potranno costruirsi un percorso professionale e un futuro nella propria città, di cui andare fieri.
Marco Bassan
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