La verità sui licenziamenti al Centro Pecci di Prato: la lettera dei dipendenti
Lavoratori e lavoratrici del centro d'arte toscano rispondono con preoccupazione alle congetture delle ultime settimane sui tagli al personale. Lanciando un appello d'intervento ai soci pubblici
“In questi giorni abbiamo visto le più diverse prese di posizione sul Centro Pecci, la sua storia e la sua crisi attuale“. Così attacca la risposta dei lavoratori e delle lavoratrici del Centro Pecci di Prato al montare della tensione e della conseguente attenzione mediatica seguite al licenziamento di due dipendenti lo scorso 29 agosto per ‘problemi di bilancio’. “Sono state ascoltate dai media varie persone, più o meno addentro al sistema dell’arte contemporanea e vicine al Centro Pecci. Con rammarico constatiamo come alcune di queste persone abbiano espresso le loro opinioni senza avere tutti gli elementi per esprimersi. Crediamo dunque che mai come adesso sia necessario che la voce dei lavoratori e lavoratrici del Centro Pecci sia ascoltata, anche perché la reputazione del museo è danneggiata da alcuni di questi commenti e questo si riverbera inevitabilmente sulla professionalità di noi tutti“.
La lettera dei lavoratori del Pecci di Prato
“Crediamo che nessun piano di risanamento possa legittimare il licenziamento dei nostri due colleghi e vogliamo sottolineare come non rinveniamo nessuna programmazione o chiarezza progettuale nella direzione che il Centro Pecci continua a perseguire in questo momento“, appurano con gravità i dipendenti dell’istituzione, il cui CdA due anni fa aveva inaspettatamente revocato l’incarico di direttrice a Cristiana Perrella (oggi con profitto a capo della mostra diffusa Panorama del consorzio Italics) e messo al suo posto Stefano Collicelli Cagol.
“Ciò che ci è dato vedere è che sono state prese delle decisioni che hanno condotto all’attuale crisi finanziaria, perché una debolezza strutturale è si rintracciabile, ma un disavanzo di tale portata non è stato mai vissuto dal museo, quantomeno dagli anni del suo ampliamento, il 2016“, prosegue imperterrita la missiva. “Come dipendenti del Centro Pecci abbiamo chiesto che i Soci della Fondazione per le arti contemporanee in Toscana prendessero una posizione, e ottenuto un incontro per il quale ringraziamo Comune e Regione. Siamo tuttavia estremamente preoccupati da quanto leggiamo quotidianamente nei giornali – accordi evidentemente sfavorevoli per la FACT, possibili esborsi per cause legali – e per l’attuale gestione quotidiana del personale e dell’attività del museo”. La lettera chiude con un appello drammatico, che pare scavalcare l’istituzione per parlare direttamente agli altri stakeholder del Centro: “Per questo torniamo a rivolgerci ai Soci pubblici quali garanti di un patrimonio che non può essere disperso, perché svolgano il loro ruolo di controllo e indirizzo e prendano tutte le decisioni indispensabili a tutelarlo“. I musei italiani sono in difficoltà finanziaria in molti casi, e se il Pecci fa particolarmente rumore in queste settimane ci sono tante difficoltà silenziose che vanno considerate e affrontate come problemi da risolvere.
Giulia Giaume
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