Ecco perché è un errore non dare il “nostro” Discobolo alla Germania
“Spostarlo in Germania? Dovranno passare sul mio corpo”. Le parole del ministro Sangiuliano riguardo la cessione del Discobolo sono l’ennesimo sintomo della distanza che ancora intercorre tra Italia ed Europa
Invito il Ministro della Cultura Sangiuliano a valutare la cessione del Discobolo a Berlino. La prima dote di un politico non è l’utopia, ma il realismo. Ed è proprio il realismo che ci fa vedere come va evolvendosi lo scenario del mondo: i poteri di forza economici, tecnologici, numerici, militari, e dunque culturali, sono tutti assai lontani da Roma. L’Italia e i Paesi europei, presi singolarmente, hanno una potenza sempre minore, marginale, nello scacchiere planetario. Interesse delle egemonie dominanti è dividerci, affinché si conti assai meno: dividere Roma da Berlino, Parigi, Madrid, Vienna (con Londra ci sono già riusciti con l’autodeterminazione della Brexit). La guerra tra Russia e Ucraina ha palesato questa divaricazione: ciascuno Stato sta gestendo, pressoché autonomamente, il proprio posizionamento. Il risultato è il venir considerati attori comprimari di seconda o terza fascia, con le inevitabili ricadute di peso nelle contrattazioni internazionali.
Le parole di Sangiuliano sul Discobolo
Il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, con sanguigno orgoglio patriottico, ha dichiarato che dovranno passare sul suo corpo, prima che il Discobolo di Roma possa essere traslocato in Germania. Ha reagito di pancia, da italiano: “è patrimonio della nazione” (art.9 della Costituzione, Codice dei Beni Culturali). Lo invito a rivedere la sua posizione. Il Discobolo, copia romana del II secolo d.C., musealizzato oggi a Palazzo Massimo a Roma, calcante l’originale bronzo del greco Mirone databile V secolo a.C. (un’altra copia è al British Museum di Londra), fu acquistato, su volere di Adolf Hitler, per la Gipsoteca di Monaco di Baviera, dove restò fin quando non fu riportato a fine guerra in Italia. Il Discobolo – si legge – viene ora reclamato dai vertici della Gipsoteca.
Visto il cimitero sterminato della Seconda Guerra Mondiale, che dovrebbe consigliare un velo di rispettosa omertà sulle rivendicazioni proprietarie soprattutto da parte dei tedeschi, tale reclamo è in sé inservibile. Mentre non è inutile un discorso politico sul Discobolo. Parlare di “patrimonio della nazione” è ormai moneta vuota. Roma resterà sempre Roma, anche senza la copia del Discobolo greco: ovvero la capitale di un Paese che, se sta da solo, ad aspettare i turisti, conta sempre meno.
L’Italia deve diventare Stato europeo
Opportunamente l’ex Presidente del Consiglio, Mario Draghi, parlando anche da ex presidente della Banca centrale europea (cioè conoscendo bene i conti delle politiche monetarie dei singoli Stati membri), di recente ha detto che occorre “diventare Stato“, Stato europeo: “pensare al Parlamento europeo come il vero Parlamento“: sappiamo benissimo che non basta una moneta, l’euro, per unire terre che hanno lingue diverse, tradizioni prossime ma non uguali, valori sovrapponibili ma a volte confliggenti. Ma questa disparità non vi era anche all’origine dello Stato italiano? Tra Milano e Caserta? Eppure ciò non ha impedito, pur tra mille incognite e incongruenze, la nascita di una formazione sovralocale, che ha portato all’unità nazionale.
Come si diventa Stato europeo, dopo due guerre mondiali e un mare di morti? Bruxelles, capitale del Belgio, è evidentemente una capitale europea transitoria (come lo fu Torino con l’Italia dal 1861, prima che venisse proclamata Roma), giacché non è riuscita in decenni a creare un aggrappante spirituale, economico, produttivo, su di sé.
Berlino, proprio la città terribile del Novecento, la città simbolo del male assoluto, incarnato dal Nazismo, distrutta pesantemente dai bombardamenti degli Alleati, poi città simbolo della divaricazione tra Est e Ovest del pianeta, durante la Guerra Fredda, e ora, da due decenni, emblema del potere economico più forte in terra europea, che è quello della Germania, può essere, gioco forza, prossimamente, la capitale inevitabile d’Europa.
“Il tramonto sarà il colore dominante del Vecchio Continente, dilaniato da piccoli interessi nazionali”
Le nuove potenze del mondo
Di fronte ad un pianeta che sta mutando velocemente il suo asse di riferimento, con i poteri di Cina, India e Stati arabi, che si impongono sempre più per numeri e capacità economiche, un sano realismo è ciò che serve. E il realismo ci porta a dire che il contesto filologico delle opere d’arte (lasciarle dove sono, per leggerle contestualmente e perché patrimonio della Nazione) non sarà più un valore che regge in un Paese impoverito e marginale quale potrà essere a breve il nostro. A prescindere dalla contingenza della richiesta, più o meno legittimata dal Cancelliere tedesco, da parte della direzione della Gipsoteca di Monaco, il Discobolo e altre opere d’arte possono essere, e siano, invece, parte di un discorso politico e culturale più ampio, affinché si costruisca lo Stato europeo, con una città di riferimento, un Parlamento di riferimento, musei di riferimento, simboli orientativi di riferimento. Per far questo, occorre cambiare le leggi? Sì. La Costituzione italiana? Sì. Ma quando mai abbiamo visto, nella storia, cambiamenti di lunga durata che non mutassero anche profondamente le leggi fondamentali? I Governi sono lì apposta.
In assenza di tutto questo, prevarranno interessi nazionali di poca forza, con Ministri e Governi che in ossequio agli esperti del ricamo giuridico, gestiranno l’ordinaria amministrazione. Il tramonto sarà il colore dominante del Vecchio Continente, dilaniato da piccoli interessi nazionali: interessi che custodiranno pure gelosamente il Discobolo a Palazzo Massimo a Roma, ma lasceranno Roma e l’Italia a loro stesse, ovvero alla marginalità di terre in graduale sottosviluppo, dove si preserva impeccabilmente il passato, ma si è incapaci di progettare il futuro, come un maggiordomo che lustra i vassoi d’argento in un castello progressivamente ormai privo di ricchezza attiva e vuoto.
Luca Nannipieri
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