Come sarà il 2024 della cultura? Buoni propositi (e obiettivi) per ben cominciare
Tre sfide per il 2024 dell’arte e della cultura, dopo un 2023 che ha raggiunto pochi obiettivi. Comunità, integrazione, sviluppo, offerta culturale contro la noia. Ce n’è per lavorare
La prassi impone che ogni anno ci sia un articolo che proietta, all’anno successivo, obiettivi e ambizioni, personali e istituzionali. Il mondo della cultura, come qualunque altra dimensione della nostra vita democratica, tende in genere a adeguarsi a tale cerimoniale. Nulla di male, se non il fatto che ogni anno, puntuale come un’agenda, nel mondo culturale ci si accorge di quanto pochi siano stati gli obiettivi effettivamente raggiunti e di quanto numerosi siano gli obiettivi che bisogna porsi ancora una volta per l’anno successivo.
Complice una serie di evoluzioni politiche e narrative che hanno interessato il comparto culturale nell’ultimo decennio, la prassi degli obiettivi negli ultimi anni ha mostrato un afflato sempre più tecnico, indicando in modo puntuale quali fossero gli obiettivi tangibili, e le strategie più adatte per raggiungerli.
Obiettivi per il 2024
L’affermarsi di una visione tecnica della cultura, sempre auspicabile, necessita tuttavia di un contrappeso, che ricordi come al di là degli aspetti più tecnici ed economici, la cultura necessiti di obiettivi che vadano oltre le mere dimensioni occupazionali e di valore aggiunto.
Ciò nasce dalla constatazione che sempre più spesso si assiste ad un’inversione di tendenza che ha trasformato soggetti che sacrificavano ogni riflessione economica sull’altare della cultura come bene comune, in soggetti che hanno completamente dimenticato tale binomio, sempre più impegnati a riconcorrere le dimensioni numeriche ed economiche. Può sembrare contro intuitivo che questa riflessione emerga proprio da chi da sempre solleva nel dibattito pubblico la necessità di sviluppare una visione economica della cultura, ma non lo è affatto.
E non lo è per un motivo semplicissimo: l’esperienza.
Un’esperienza che ha sempre più confermato che l’equilibrio sottile che regola la cultura e la cittadinanza passa attraverso strumenti tecnici, come gli aspetti di management, tecnologici, economici e finanziari. Ma che tali categorie di specializzazioni devono sempre restare degli strumenti. Strumenti che hanno l’obiettivo di agevolare il raggiungimento di obiettivi diversi.
Vale per la Nike, per le società che si occupano di industria pesante, per le industrie dell’automotive. E vale ancor più per la cultura.
Tre buoni propositi per il 2024
Quali sono dunque gli obiettivi che la cultura dovrebbe concretamente perseguire per il 2024: tra le innumerevoli risposte possibili, ce ne sono tre che probabilmente meriterebbero una discussione. Sono chiaramente obiettivi arbitrari, che riflettono per propria natura una visione “settoriale”, ma proprio per questa loro natura meritano un dibattito.
Il primo obiettivo è fornire un’alternativa alla visione della movida basata esclusivamente sul “clubbing” e sul consumo di alcolici. Il che significa, in modo meno retorico, fornire un’alternativa alla noia. Soprattutto nei piccoli e medi centri urbani. Il che significa, quindi, potenziare un’offerta culturale anche spontanea che permetta alle persone di trascorrere il proprio tempo libero proponendo loro un’offerta che non si identifichi esclusivamente con il consumo. Questo è un passaggio che forse va chiarito meglio: che si parli di centri commerciali, di alcolici, o di passeggiate nel centro a far shopping, gli attuali momenti di aggregazione si basano quasi esclusivamente sul consumo. La differenza è che il consumo, che è uno dei pilastri della nostra società, genera benefici che sono nel tempo decrescenti. E questo inevitabilmente conduce ad una minore soddisfazione. La cultura può sovvertire questo tipo di meccanismo generando delle attività che non si fondino esclusivamente sull’esperienza di acquisto, ma che si fondino anche sulla capacità delle persone di generare in modo autonomo il proprio benessere. Che si tratti di una passeggiata notturna all’interno del contesto urbano, che si tratti di uno spettacolo teatrale, che si tratti di una serie di iniziative che spingano le persone a trascorrere il proprio tempo libero a cimentarsi con qualcosa di poco noto (corsi di teatro, di musica, lezioni notturne, ecc.). Uno degli obiettivi della cultura è fare in modo che le persone possano sentirsi più pienamente soddisfatte della propria esistenza.
La cultura rituale laico della comunità
Il secondo obiettivo è quello di istituire dei rituali laici di comunità. Non che ad oggi la cultura non cerchi di sviluppare azioni in forma rituale, sia chiaro. Ma sono rituali che rispondono alla logica del target, della profilazione, che seppur strizzano l’occhio alle riflessioni sulle identità liquide e fluide hanno ben chiari quali siano gli interlocutori naturali.
L’obiettivo della cultura, per il 2024 è dunque creare le basi per costruire un rituale laico non profilato: un momento cadenzato e costante in cui differenti tipologie di persone convivono all’interno del medesimo ambiente, incrementando le possibilità di interrelazione al di fuori delle proprie cerchie di conoscenze personali e professionali. Non che le dimensioni personali non debbano continuare ad esistere, anzi. Tale rituale laico, che si tratti di uno spettacolo teatrale, di un’assemblea cittadina per parlare della cultura del territorio, di una serie di passeggiate nei musei, o che preveda un cartellone diversificato, deve perseguire esplicitamente l’obiettivo di rappresentare un momento aperto alla cittadinanza, volto a creare cittadinanza. In parte collegato a quanto appena detto, ulteriore obiettivo della cultura è favorire la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. È evidente, il nostro Paese necessita di una maggiore partecipazione alla vita sociale. Ne hanno bisogno le persone, le istituzioni. Ne ha bisogno il territorio nella sua interezza. Partecipare attivamente alle iniziative del proprio territorio costituisce l’ordito della collettività: va necessariamente invertita la tendenza che vede da un lato il cittadino come mero utente e l’amministrazione come esercente. Che si tratti di scuole, di ordine pubblico, di iniziative sociali, culturali o museali, la cultura deve diffondersi e ibridarsi per favorire una partecipazione attiva, soprattutto da parte degli anziani e dei giovani.
Infine, un altro obiettivo che la cultura dovrebbe perseguire, è favorire la crescita collettiva anche sotto il profilo della stabilità: sono sempre più le persone che decidono di trasformare le proprie passioni in professioni, ma a fronte di tali evidenze, la vita di coloro che adottano questa scelta è spesso contrassegnata da elementi di precarietà che non fanno altro che estendere tutti i passaggi vitali. Le persone hanno invece bisogno di poter scegliere i propri percorsi esistenziali. Capire quando è il momento di avere figli, non soltanto sulla base delle dimensioni economiche o di assistenza sociale. Per farlo, essendo evidente che in questo momento c’è un surplus di offerta (coloro che vogliono lavorare nel mondo della cultura) rispetto alla domanda (istituzioni e imprese che richiedono lavoro), la cultura deve affermare con maggiore chiarezza quali sono gli sbocchi professionali concreti, evitando di generare generazioni insoddisfatte che cercano altrove uno sbocco professionale.
Possono sembrare obiettivi aulici, ma non lo sono affatto. Sono pervasi di un forte pragmatismo, che tuttavia non vuole trasformare la lista degli obiettivi in un insieme di ricette pronte all’uso. Sono tutte azioni per le quali esistono strumenti di pianificazione pubblica e di sviluppo imprenditoriale già pronti all’uso, ma che vanno chiaramente interpretati sulla base delle specificità dei singoli territori. Probabilmente per molti di questi interventi sarà necessario attendere anche più di un governo, o di una giunta. E questo è proprio uno dei motivi che spinge le persone a guardare sempre e soltanto al breve periodo. E queste riflessioni ci portano ad un obiettivo bonus: obiettivo della cultura è riflettere su ciò che diamo per scontato, e comprendere se quanto diamo per scontato rispetti davvero le esigenze della nostra vita personale, civile e democratica.
Abbastanza per quest’anno, no?
Stefano Monti
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