De Luca contro Sangiuliano. I numeri dei Fondi di Coesione per il Sud
Il Presidente della Regione Campania e il Ministro della Cultura ai ferri corti per il mancato sblocco dei fondi di coesione per il Sud. Ma si parla anche di centralizzazione statale e credibilità della cultura
“Ditegli che io mi confronto non con il parcheggiatore abusivo, ma con il Presidente del Consiglio!”. Si tratta soltanto di una delle irriverenti risposte con cui il Presidente della Campania Vincenzo De Luca ha fatto parlare di sé negli ultimi tempi. Così, rispondeva al Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che attraverso Ansa dava la propria disponibilità ad avere un incontro politico con il Governatore, ma non meno graffianti sono stati i suoi commenti relativi ad una serie di interlocutori istituzionali, nei riguardi dei quali il Governatore De Luca ha avviato una battaglia prima di tutto istituzionale, e poi mediatico-politica.
Al centro della disputa, una questione che viene sintetizzata come sblocco dei fondi di coesione per il Sud, ma che è invece più complessa di così e che merita senza dubbio un approfondimento.
È stato lo stesso Governatore ad illustrarla, in un intervento durante il quale, gomito a gomito con Salvini, invitava, con i suoi modi schietti, proprio il vicepresidente del Consiglio ad essere un uomo migliore del senatore Durigon, al quale il presidente della Regione Campania aveva precedentemente offerto un accordo: a fronte dello sblocco dei fondi di Sviluppo e Coesione per la Campania, De Luca si sarebbe impegnato ad erigere una statua proprio a Durigon, nella Piazza Plebiscito di Napoli.
Le parole di Vincenzo De Luca
Dopo la provocazione, il Governatore è entrato nel merito della faccenda: “Sto parlando di una vicenda che è diventata insopportabile e che riguarda lo sblocco dei Fondi Sviluppo e Coesione e dei Fondi POC”. In merito a questi ultimi, continua il Governatore, “la Regione Campania ha accantonato, quando ha fatto l’accordo di partenariato con l’Unione Europea tre anni fa, un miliardo e 300 milioni di euro delle casse della Regione, cioè noi abbiamo sottratto al nostro FESR e al nostro Fondo Sociale soldi nostri per avere la gestione di una riserva finanziaria da destinare in modo particolare ai Comuni del territorio. In questo momento abbiamo 290 stazioni appaltanti che non hanno completato l’opera entro dicembre e quindi dovrebbero o finanziare con fondi di bilancio o andare in contenzioso con le imprese. Nell’ambito del Fondo POC abbiamo accantonato mezzo miliardo di euro per dare una mano ai Comuni perché completino l’opera. Se non si sbloccano queste risorse noi avremo altri 290 Comuni che vanno in dissesto. Non si capisce per quale motivo vengano bloccate queste risorse che sono della Regione, e con cui lo Stato non c’entra niente”. E prosegue: “Poi c’è il Capitolo FSC… Ho appreso che all’Emilia Romagna erano stati anticipati già nel 2021 altri 120 milioni di euro di Fondi FSC e mi sono commosso. È un anno e mezzo che stiamo interloquendo con il Ministero della Coesione per sbloccare i Fondi Sviluppo e Coesione, che significano finanziamenti per i Campi Flegrei, per i Comuni per le opere di viabilità, per il recupero di beni storico-artistici e per gli edifici pericolanti. Abbiamo una corrispondenza da un anno. Abbiamo diffidato il Ministero della Coesione perché concluda l’iter. Un anno e mezzo di ritardo significa un aumento del 30% del costo delle opere, oltre che un danno immenso al territorio, alle imprese, alle famiglie e ai professionisti della nostra regione. Noi stiamo registrando, e la cosa è paradossale perché si discute di autonomia differenziata, il più sconcertante e clamoroso caso di centralizzazione statale che si sia mai visto in Italia. E non sul Governo, ma su una parte del Governo e sul Ministero. Quindi abbiamo assistito allo scioglimento dell’Agenzia della Coesione (trasformata in un dipartimento della Presidenza del Consiglio) e abbiamo perso i primi 9 mesi; questo significa avere tempi triplicati perché ogni atto della Presidenza del Consiglio va sottoposto alla Corte dei Conti”.
Verso una risoluzione della vicenda?
In questo contesto, è proprio di questi giorni la notizia che, con sentenza n. 1178, il TAR Campania ha accolto il ricorso della Regione Campania avverso il Ministero per le Politiche di Coesione, e ha assegnato al Dipartimento per la coesione il termine di 45 giorni per la definizione dell’istruttoria e la predisposizione dello schema di accordo da sottoscrivere con la Regione Campania, riservandosi la nomina di un commissario ad acta nell’ipotesi di elusione del termine stabilito.
Pur con il suo fare colorito, quello che De Luca pone al centro del dibattito, dunque, non è semplicemente una battaglia politica, malgrado il tempismo sia quello giusto, malgrado il tono un po’ sbeffeggiatore l’abbia sviluppato nel corso di una carriera politica ultradecennale. Eppure, la stampa e lo stesso Ministro Sangiuliano hanno cercato di ridurre l’intero dibattito ad una questione di cifre: “Le risorse dirette del Ministero della Cultura destinate ai beni e alle attività culturali in Campania ammontano ad un totale di oltre 800 milioni di euro”; e ancora: “Secondo la Ragioneria Generale dello Stato nel periodo 2014 – 2020 la Campania ne ha utilizzati soltanto il 37%”.
Malgrado sia noto come nel dibattito pubblico sia estremamente difficile identificare un dato oggettivo, il ricorso a cifre decontestualizzate è ormai una pratica che sta completamente delegittimando qualsivoglia dichiarazione pubblica che ne faccia ricorso.
Il Ministro Sangiuliano e il ruolo della cultura
Si tratta di un tema estremamente politico, ma è anche un tema estremamente culturale, perché sempre più messaggi squisitamente di comunicazione abusano di dati, numeri, statistiche. In un tale contesto, con un ambiente politico che riesce sempre meno a raggiungere l’attenzione delle persone, ogni cifra lanciata come pietra in uno stagno si riverbera come una semplice mancanza di credibilità.
Ed è un tema su cui il Ministro Sangiuliano, che probabilmente ha cercato di affermare la propria posizione nel proprio territorio di appartenenza, dovrebbe ragionare anche in una logica di credibilità della cultura. Non è un attacco personale al Ministro, sia chiaro. Si tratta piuttosto di una riflessione sul ruolo che la Cultura dovrebbe avere all’interno della politica. Un ruolo che, pur non super-partes, dovrebbe in ogni caso essere percepito come credibile, istituzionalmente affidabile. Soprattutto se, ed è questo il caso del nostro Paese, la cultura presenta non pochi problemi di sostenibilità, istituzionale ed economica. Ricordiamoci soltanto che “tra le cifre della cultura” e il “dare i numeri”, il passo, talvolta può essere molto breve.
Stefano Monti
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati