La Quadriennale rimette al centro l’arte italiana. Intervista al neo Presidente Luca Beatrice
L’istituzione romana torna all’arte italiana con un bilancio di questi ultimi 25 anni. Prime anticipazioni dalla Capitale, con uno sguardo rivolto a Venezia e l’obiettivo di creare un team curatoriale
Dopo un lungo tempo di attesa il Ministero ha sciolto la riserva e nominato il curatore, docente e giornalista Luca Beatrice, già presidente del Circolo dei Lettori di Torino, alla Presidenza della Fondazione Quadriennale di Roma (nominati anche i consiglieri di amministrazione Katia Gruppioni e, su designazione della Camera di Commercio di Roma, Giancarlo Abete), succedendo a Umberto Croppi, che con la direzione artistica di Gian Maria Tosatti aveva espresso un progetto di rinnovamento sullo statuto dell’istituzione romana, mappando la scena artistica non solo della Capitale e costruendo diverse collaborazioni con musei e spazi della città e un grosso lavoro editoriale con la Treccani. Proseguendo in un percorso già avviato sotto Franco Bernabé e con le progettualità lanciate da Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol, la Quadriennale aveva confermato il desiderio di proseguire verso la strada dell’internazionalizzazione del progetto. Grande sfida per la Quadriennale sarà anche l’utilizzo e la valorizzazione della grande sede dell’ex Arsenale Clementino Pontificio di Ripa Grande, per anni utilizzato solo come deposito di materiali edili, in conseguenza all’accordo firmato dall’ex Ministro Franceschini con Bernabè nel 2018. Come saranno i prossimi anni dell’Istituzione, verso l’inaugurazione della mostra che aprirà i battenti nel 2025? Lo abbiamo chiesto a Luca Beatrice
Che visione hai per il prossimo futuro della Quadriennale? E come vedi il tuo ruolo all’interno di questo progetto? Che tipo di Presidente sarai, soprattutto perché tu vieni dall’arte contemporanea
Intanto la Quadriennale si farà nel 2025 e quindi c’è necessità di operare in fretta. Inoltre, saranno trascorsi 25 anni dal 2000 e quindi mi sembra necessario fare un primo bilancio sullo stato dell’arte italiana, concentrandosi su di essa.
È però vero che la Quadriennale nell’ultimo decennio si è aperta molto verso l’internazionalizzazione, uscendo un po’ dalla missione originaria della istituzione. Porterai avanti questa strategia?
Francamente ci devo riflettere. In questo momento sono alle prese con questioni soprattutto di natura burocratica. Però una cosa è certa, lo scopo della Quadriennale è quello di portare al centro del dibattito l’arte italiana. Venezia ha abdicato a questo ruolo, arte italiana se ne vede poca, offrendo invece una realtà globale, come è giusto che sia. La Quadriennale ha un’altra missione. Naturalmente non dobbiamo fare un elogio del marginale e del provinciale, ma chiederci cosa abbiamo da mostrare noi al mondo, alle persone che verranno a vederla anche da fuori, con una mostra più per il pubblico che per gli addetti ai lavori.
Qual è a tuo parere lo stato di salute dell’arte italiana?
Credo che ci sia un grande fermento con molti giovani artisti, molti provenienti dalle Accademie, spazi moltiplicati e modi diversi di intervenire. Una volta eravamo molto più conservatori, ci rinchiudevamo negli spazi istituzionali dell’arte come le gallerie e i musei. Adesso invece c’è una moltiplicazione di formati e di figure professionali. E mi piacerebbe che la Quadriennale fosse anche una occasione per lavorare sulla formazione di nuove figure, dei giovani. D’altra parte ho sempre avuto la vocazione dell’insegnante…
La Quadriennale è comunque una istituzione molto legata alla città di Roma. Che opinione hai della scena artistica e culturale romana? L’hai frequentata? E dei musei, spazi espositivi che oggi operano sul territorio?
Frequento la scena nazionale, e quindi anche Roma. La Capitale l’ho conosciuta molto bene negli anni ‘90. E due anni, in occasione di una mostra nell’ambito del miart, mi ero intrattenuto in diversi studi di artisti romani per degli studio visit. In ogni caso ci sono un sacco di persone che non vedono l’ora di portarmi a spasso per la città.
Ci sono state diverse nuove nomine nella Capitale all’interno di istituzioni di pregio, penso prima al Maxxi e poi alla Galleria Nazionale. Tra i tuoi obiettivi c’è quello di creare un dialogo?
Assolutamente, la rete è una delle mie prime priorità.
E con la Biennale di Venezia?
Tra qualche giorno vedrò Pietrangelo Buttafuoco.
Ma ti piace la Biennale di Pedrosa?
Sono combattuto. Non conosco l’80% di ciò che metterà in mostra (e questo non vale solo per me ma per la maggior parte degli addetti ai lavori). Sicuramente ha un taglio particolare, anche se dal punto di vista politico e ideologico non lo condivido. Però come per tutto ciò che non conosco sono curioso e mi piacerà approfondire.
Se vogliamo parlare di arte italiana, la maggior parte degli artisti italiani sono expats…
E deceduti. Sicuramente da questo punto di vista credo che mi sarebbe piaciuto maggiormente qualche lancio in più sul presente.
Anche in virtù di ciò che dicevi prima sulla Biennale di Venezia, pensi che ci possa essere complementarità con la Quadriennale?
Non saprei, sicuramente il timing è differente. Inoltre, per la Quadriennale credo che ci sarà bisogno di dotarsi di un team di curatori e commissari che possano con il loro lavoro contribuire a tracciare più scenari sull’arte italiana oggi. Francamente non credo nella figura del direttore artistico, la considero superflua.
A proposito. Che opinione hai del lavoro svolto fino ad ora dal direttore artistico Gian Maria Tosatti?
È un lavoro capillare, probabilmente utile per fare un censimento dell’arte italiana recente che ha dato dei frutti, soprattutto a livello editoriale, però forse un po’ di nicchia.
Non è che tra voi sia mai corso buon sangue, almeno pubblicamente…
Non ci siamo mai visti, ci incontreremo a breve, e in ogni caso lui scade a settembre.
Certo, però a mezzo stampa ve le siete date di santa ragione.
Dai, a mezzo stampa si fa, anche per creare un po’ di dibattito. E poi non è del tutto vero, a me il suo Padiglione Italia era piaciuto. Forse era un po’ romantico, un po’ ammiccante, ma ne avevo parlato bene.
Santa Nastro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati