La gratuità dei Musei è un orpello ideologico di lusso. L’Italia come buona pratica
Iniziare però a ragionare sulla possibilità, ad esempio, di inserire delle variabili dinamiche che, all’interno di un range determinato, possano far variare il costo dei biglietti, potrebbe in qualche modo generare degli effetti positivi anche in termini di promozione e di divulgazione della cultura
Di recente, sul The art Newspaper è stata pubblicata una riflessione, piuttosto ben argomentata, che affronta il tema della gratuità dei Musei nel Regno Unito, e come tale gratuità sia in realtà una condizione poco sostenibile a cui porre rimedio. In Italia, per fortuna, tranne alcune incursioni polemiche, la gratuità dei Musei è quasi da tutti riconosciuta come un orpello ideologico di lusso, anche perché a differenza della Gran Bretagna, la nostra cultura filantropica è tenuta a freno dall’espansionismo del settore pubblico. Attesa dunque la necessità di dover richiedere ai visitatori il pagamento di un biglietto per poter entrare in un Museo, la questione centrale diviene dunque comprendere quanto un museo debba costare.
Sui biglietti di ingresso dei Musei
Come stabilire quale sia il congruo prezzo per un’esperienza di visita? Sulla base di quali fattori? Rispondere a queste domande ha implicazioni spietatamente pratiche. Se prendiamo, ad esempio, come metrica di definizione del prezzo la qualità del patrimonio custodito, allora il prezzo stesso dovrebbe avere un ruolo informativo essenziale. Il che, detto in modo colloquiale, vorrebbe dire che se un museo costa 5 euro e un altro ne costa 40, allora una filiera di esperti ha determinato che le opere custodite nel museo di 5 euro sono meno importanti rispetto alla collezione più cara. Una metrica che, tuttavia, ancor prima di opposizioni di natura politica (nel senso più nobile del termine), troverebbe critiche più che fondate già in termini di correttezza della valutazione. Se per alcune categorie di opere una differenza in questo senso è pur sempre possibile, ce ne sono altre che sfuggono completamente ad una logica di comparazione. Come definire se un Matisse vale più di un Guillermo Lorca? Chi stabilisce se per vedere una spilla romana bisogna pagare di più o di meno che vedere un’installazione espressionista?
Come stabilire il pezzo di un biglietto di ingresso
No, decisamente la metrica della qualità delle opere è inappropriata a livello sistemico. Ma ce ne sono altre disponibili: la durata media della visita, da cui si può inferire il rapporto tra numero di opere, spazio della struttura museale, e livello di attenzione medio che ciascun visitatore presta alla collezione. O la qualità della visita, stabilita da un gruppo di esperti e da sondaggi. Si può tener conto della “fama” del Museo, con Uffizi che costano più dei Musei Civici, il Colosseo più dell’Anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere, e via dicendo. O si può tener conto della fama delle opere, andando ad analizzare le metriche online di awareness su Google. La verità è che, però, qualunque di questi indicatori, risulta immediatamente ed irrimediabilmente teorico. Approcci leggermente più empirici, come quelli della valutazione contingente, comunque soffrono di difetti e distorsioni alla base stessa del modello di determinazione del prezzo, perché chiedere alle persone “quanto sarebbero disposte a pagare” presuppone anche che le persone, in realtà, lo sappiano davvero. E questo apre ad altri importanti scenari di riflessione, che porterebbero questa riflessione verso tematiche troppo ampie e tecniche. Se la determinazione del corretto prezzo di un Museo è un tema che richiede argomentazioni specifiche, c’è però un tema, più immediato e semplice, su cui si può senza dubbio immaginare fin da subito un miglioramento rispetto allo stato attuale delle cose.
Gli indicatori per stabilire il prezzo di ingresso a un Museo
Attualmente, infatti, il prezzo di quasi tutti i musei al di là di come esso venga determinato, è caratterizzato da un elemento di “fissità”. L’Istituzione proprietaria del Museo ne determina prezzi per ogni categoria, e tali prezzi, tendono a restare fissi nel tempo, a differenza di quanto accada, per molte altre categorie di servizi, come ad esempio il trasporto aereo. Iniziare a ragionare sulla possibilità, ad esempio, di inserire delle variabili dinamiche che, all’interno di un range determinato, possano far variare il costo dei biglietti, potrebbe in qualche modo generare degli effetti positivi anche in termini di promozione e di divulgazione della cultura. Un esempio tra tutti: la possibilità di prevedere prezzi più convenienti per persone che vivono in quartieri periferici, verso i quali il Museo vorrebbe avviare dei percorsi di sensibilizzazione all’arte e alla cultura. Un processo che con la geolocalizzazione potrebbe risultare più semplice. O ancora, la possibilità di avviare degli sconti per quei visitatori che, prima di visitare il museo, accedono a programmi di edutainment legati al patrimonio custodito.
Gli strumenti e le pratiche da fornire ai Musei
Così come varrebbe anche l’opposto: massimizzare i ricavi attraverso una serie di scelte e di servizi integrativi, così da profilare in modo più sensibile la domanda. O ancora, prevedere costi più alti per coloro che acquistano il biglietto il giorno stesso dell’ingresso. Non è detto che tutte queste opzioni debbano essere necessariamente praticate. Non è questo il punto. Il punto è che fornire ai Musei e a chi quei musei li gestisce la possibilità di attivare azioni di questo tipo, significherebbe dotare queste organizzazioni di strumenti nuovi, che potrebbero risultare molto più che utili nella definizione di specifiche azioni di divulgazione, di engagement, di profilazione. In altri termini, di rapporto con i visitatori. E non sarebbe certo una cosa di poco conto
Stefano Monti
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