Chi sono i direttori dei 4 nuovi super dipartimenti del Ministero della Cultura

La Riforma del MiC promossa da Gennaro Sangiuliano predispone una riorganizzazione del dicastero che fa capo a quattro grandi dipartimenti, ciascuno chiamato a coordinare gli uffici di livello dirigenziale. Il Consiglio dei Ministri ha ratificato le nomine di Alfonsina Russo, Paolo D’Angeli, Luigi La Rocca e Mario Turetta

Alfonsina Russo, Paolo D’Angeli, Luigi La Rocca e Mario Turetta. Sono queste le figure, già ben note e con molta esperienza maturata nella gestione e amministrazione del patrimonio culturale italiano, incaricate di dirigere i quattro nuovi super dipartimenti del Ministero della Cultura.

La Riforma Sangiuliano e la creazione di 4 dipartimenti per il Ministero della Cultura

La riorganizzazione del dicastero fa capo alla Riforma disposta da Gennaro Sangiuliano, entrata in vigore lo scorso 18 maggio e volta – tra le altre cose – alla soppressione del Segretariato Generale per preferirgli un’articolazione in quattro dipartimenti tematici: DIAG – Dipartimento per l’amministrazione generale con funzioni trasversali, DIT – Dipartimento per la tutela del patrimonio culturale e del Paesaggio, DIVA – Dipartimento per la valorizzazione del patrimonio culturale, DIAC – Dipartimento per le attività culturali. Secondo il nuovo ordinamento, ogni dipartimento coordinerà a propria volta una serie di uffici di livello dirigenziale generale.
Predisposta l’ossatura, si aspettava da qualche settimana di conoscere le nomine, tra rumors di natura politica (non ultimo il candidato sindaco di Firenze Eike Schmidt, sconfitto alle amministrative e già rientrato alla direzione del Museo di Capodimonte) che hanno contribuito a movimentare i pronostici.

Chi sono i direttori dei 4 nuovi dipartimenti del Ministero della Cultura

Si è preferito, invece, privilegiare il profilo tecnico degli incaricati, tutti professionisti di lungo corso e indubbie competenze. Come Alfonsina Russo, già direttrice del Parco Archeologico del Colosseo (dal 2017) e archeologa d’esperienza, impegnata in questi anni a coniugare, alla guida del polo museale più visitato d’Italia (un primato confermato anche nel 2023), azioni di tutela e valorizzazione del patrimonio a vantaggio dell’accessibilità, dell’innovazione, della didattica e della ricerca. Anche con azioni contro l’abusivismo edilizio e gli scavi clandestini. Per lei c’è ora la guida del DIVA, dipartimento centrato proprio sulla valorizzazione del patrimonio culturale.
La direzione del DIT spetta invece al napoletano Luigi La Rocca, già direttore Generale Archeologia, Belle arti e Paesaggio, con funzioni di direzione della Soprintendenza Speciale per il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Al DIAC, che gestirà le attività culturali, si insedia Mario Turetta, dall’aprile 2023 a capo del Segretariato Generale soppresso dalla Riforma, con funzione di braccio operativo e gestore dei fondi pubblici nazionali ed europei. In precedenza, Turetta, torinese (di Alpignano) classe 1958, era stato direttore del Consorzio delle Residenze Reali dal 2014 al 2019. Paolo D’Angeli, che dirigerà il DIAG con compiti di amministrazione generale, arriva invece dalla Direzione Generale Bilancio, di cui è stato dirigente.
Le nomine sono state approvate dal Consiglio dei Ministri in data 3 luglio 2024. Tra i grandi esclusi, Massimo Osanna, che mantiene l’incarico di Direttore Generale Musei (ufficio posto ora sotto il cappello del DIVA, dipartimento con la più alta concentrazione di uffici – 15 – a fronte dei 4 coordinati dal DIAG, dei 3 sottoposti al DIT e dei 4 del DIAC), nonostante i pronostici della vigilia.

La riorganizzazione del Ministero della Cultura secondo la Riforma Sangiuliano

Tra le perplessità che hanno accompagnato l’approvazione della riforma, la sensazione di un ritorno al passato: fu Rocco Buttiglione, ministro dei Beni Culturali tra il 2005 e il 2006, a impostare una suddivisione del dicastero cultura in dipartimenti, poi rivelatasi un insuccesso per l’eccessiva burocratizzazione delle procedure, e quindi accantonata. Ora, nuovamente, i musei dotati di autonomia speciale dovranno rispondere sia alla Direzione Generale Musei che al DIVA, con una conseguente complicazione delle dinamiche, laddove dovrebbe essere prevista una maggiore autonomia gestionale. Solo un esempio delle incongruenze che lo scorso febbraio avevano fatto dubitare anche il Consiglio di Stato dell’assetto organizzato disposto dal nuovo regolamento, che peraltro prevede anche l’aumento delle poltrone dirigenziali.

Livia Montagnoli

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