Domeniche al museo: criticavamo e avevamo torto. O forse no?
Favorire l’avvicinamento alla cultura è essenziale, ma per essere realmente efficace, questo avvicinamento deve avvicinare la cultura alle persone, non trasformare un museo in un must-visit
Nella ricorrenza dei 10 anni della domenica al museo, sono stati condivisi i primi risultati provvisori dei visitatori della prima domenica di luglio 2024. Dati presentati dal Ministro Gennaro Sangiuliano con evidente soddisfazione, riconoscendo nella creazione dell’iniziativa un’efficace intuizione, e ribadendo come, durante il suo mandato, egli stesso abbia incrementato le ricorrenze annuali di apertura gratuita, aggiungendo alle 12 prime domeniche del mese, 3 aperture festive straordinarie (25 aprile, 2 giugno, 4 novembre).In effetti, i dati relativi agli ingressi, riflettono una grande affluenza: dai circa 21 mila del Colosseo, ai 18 mila di Pompei, agli 11 mila del Pantheon e via dicendo.
Le domeniche gratuite nei musei italiani
Chi è stato critico nei riguardi di quest’apertura, già dieci anni fa, aveva dunque torto? Se si guardano soltanto i numeri degli ingressi, sicuramente. Se si estende la riflessione, però, chi criticava le Domeniche al museo non ha ancora avuto una concreta risposta. Prendiamo il caso della sostenibilità del Sistema Museale italiano. L’affluenza che queste date raccolgono ogni mese è evidente, e non ci sono presupposti quantitativi per poterne criticare l’adesione da parte di visitatori. Tuttavia, per poter valutare i reali effetti quantitativi, potrebbe essere utile avere anche una griglia giornaliera di tutti gli ingressi, al fine di comprendere se questi ingressi siano almeno in parte composti da persone che, in assenza dell’iniziativa, avrebbero comprato normalmente il proprio biglietto. Condizione piuttosto normale, a ben vedere: se il giorno prima il biglietto costa 18€ e il giorno dopo è gratuito, e una persona ha la possibilità di accedere in ognuno dei due giorni, molto probabilmente sceglierà la giornata gratuita.
Soprattutto se ha moglie e due figli (risparmio di € 72,00).
La questione dei ricavi nei Musei italiani
Condizione che, a dire il vero, trasferisce allo Stato (e quindi alla collettività) un costo altrimenti privato. Perché quei 72 euro che il visitatore non spende, sono 72€ che il Museo avrebbe potuto ricavare così da incrementare la propria capacità di autofinanziamento, senza dover ricorrere a risorse pubbliche, e quindi di tutti gli altri cittadini. Le critiche, tuttavia, non riguardano esclusivamente la dimensione economica e quantitativa. Al di là dei numeri degli ingressi, non sono ad esempio noti approfondimenti legati alla qualità dell’esperienza, così come mancano i dati legati al profilo delle persone che decidono di visitare un museo in tale circostanza. Mancano altresì gli effetti che tale iniziativa può aver avuto sulla vita delle persone: dopo aver visto il Colosseo gratuitamente, hanno iniziato a cercare delle aree archeologiche da visitare? Accetterebbero di spendere anche 5€ a persona per entrare? Hanno realmente appreso qualcosa dalla visita?
I biglietti nei musei italiani
Perché chi criticava le domeniche al museo, non ha mai messo in dubbio che avrebbero riscosso successo. Anzi. Le critiche partivano proprio dalla certezza che questa iniziativa avrebbe avuto una grande risposta.
Già 10 anni fa, tuttavia, emergeva però una minaccia che oggi è divenuta ormai un tratto caratteristico dell’iniziativa: ridurre i musei a “sbigliettatori”. Come se si trattasse di stazioni o di centri commerciali.
Applicare al sistema museale una logica mercantile, e non economica in senso ampio: perché lo sviluppo economico attraverso la cultura si ottiene soltanto garantendo che quella visita consenta alle persone di fruire di quel valore aggiunto che la cultura può fornire.
Non si tratta di atteggiamenti “naif” da seconda metà del Novecento. Si tratta di sviluppo territoriale. La fruizione culturale ha un valore aggiunto che è da ricercare nella crescita personale e collettiva. Favorire l’avvicinamento alla cultura è essenziale, ma per essere realmente efficace, questo avvicinamento deve avvicinare la cultura alle persone, non trasformare un museo in un must-visit. Perché un conto è azzerare il prezzo del biglietto. Un conto è sminuire il valore di ciò che attraverso quel biglietto si può fruire. E non è una differenza di poco conto.
Stefano Monti
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