In Slovacchia il governo populista mette nel mirino la cultura: epurati direttori di teatri e musei
Da quando ha vinto le elezioni nel 2023, la coalizione di governo nazionalpopulista ha promosso una serie di contestate riforme. E il Ministero della Cultura, sotto la guida della discussa Martina Simkovicova, è tra le bocche di fuoco più pericolose di questa linea. Ora si scende in piazza per protestare
Il 16 maggio 2024, il Primo Ministro slovacco Robert Fico veniva raggiunto da diversi colpi di pistola mentre si trovava all’esterno della Casa della cultura di Handlová, cittadina nel centro della Slovacchia, dove si era appena tenuta una riunione di governo. Un attentato in piena regola perpetrato da Juraj Cintula, subito arrestato, 71enne esponente della società nazionale degli scrittori e fondatore, ironia della sorte, del comitato contro la violenza. All’origine, spiegava lo stesso Cintula in un video diffuso dopo l’arresto, il contrasto con le politiche del governo – retto dal partito populista (Smer) di Fico ma in coalizione anche con l’estrema destra dell’Sns – e soprattutto la contrarietà rispetto al disegno di legge destinato a porre sotto il controllo governativo l’emittente radiotelevisiva pubblica.
Il governo nazionalpopulista della Slovacchia
Fico, tornato alla guida della Slovacchia con le elezioni del settembre 2023, ha superato le conseguenze della sparatoria, tornando saldamente alla guida della coalizione rosso-bruna nazionalpopulista che ora rischia di approfondire, attraverso una contestatissima riforma del Codice Penale, le criticità di un Paese con il più alto indice di corruzione in Europa, piagato dalla collusione tra criminalità organizzata e politica.
Il Ministero della Cultura di Martina Simkovicova e la riforma della tv pubblica
Ma a preoccupare è anche l’oscurantismo culturale che ha trovato una convinta paladina nella ministra della Cultura Martina Simkovicova, esponente dell’estrema destra (ora impegnata in una campagna che vuole vietare la divulgazione di temi legati all’orientamento sessuale nelle scuole), favorevole al piano di smantellamento della televisione pubblica, la cui riforma – da lei ideata – è stata approvata dal Parlamento slovacco alla fine di giugno, in nome di un presunto “rispetto del pluralismo e della democrazia”.
Il licenziamento di direttori di teatro e musei
Già ribattezzata “ministra della non cultura”, nei giorni scorsi Simkovicovaha avviato un’“epurazione” delle figure di spicco del sistema culturale slovacco che contrastano la politica del suo dicastero. E così è arrivato il licenziamento per Matej Drlicka, direttore del Teatro Nazionale, reo di aver messo in guardia l’opinione pubblica dal taglio dei finanziamenti per molte istituzioni culturali: operazione che, a detta della ministra, si è resa necessaria per colpire tutte quelle realtà che alterano la cultura nazionale con elementi stranieri o liberali.
Stessa sorte è toccata a Alexandra Kusá, ormai ex direttrice della Galleria Nazionale Slovacca, licenziata lo scorso 7 agosto da Simkovicova per aver preso le difese di Drilicka e averne condiviso le rimostranze contro il governo. Dalla sua parte, il team del museo ha condiviso una nota ufficiale ribadendo l’impegno, l’umanità, l’esperienza e la visione innovativa della direttrice, da più di vent’anni al lavoro in Galleria. “Pertanto” prosegue lo staff del museo “ci auguriamo che ulteriori licenziamenti ingiustificati di figure chiave di importanti istituzioni artistiche, manager di successo e professionisti rispettati non passino inosservati. La cultura non è solo mostre, spettacoli teatrali o concerti; rappresenta innanzitutto uno strumento e uno spazio grazie al quale l’intera società può progredire”.
La manifestazione contro la ministra della Cultura slovacca
In questo crescendo di tensione si spiega come la prima manifestazione di piazza dopo la sospensione imposta in tutto il Paese a seguito dell’attentato contro Fico si sia tenuta lo scorso 12 agosto proprio in difesa della cultura sotto attacco. A Bratislava hanno sfilato oltre 9mila persone, in marcia dal Teatro Nazionale al Ministero della Cultura per opporsi alla repressione delle arti e alla diffamatoria propaganda di partito contro figure conosciute per la loro professionalità. E sul palco, allestito davanti al Ministero, sono saliti anche i direttori epurati, che hanno chiesto pubblicamente le dimissioni di Simkovicova.
Che dal canto suo si giustifica cercando di addurre motivazioni poco plausibili circa il suo operato. A pesare sul licenziamento di Kusà ci sarebbe l’ambiziosa ristrutturazione della Galleria Nazionale, costata al governo 79 milioni di euro – il più ingente investimento in un edificio pubblico nella storia slovacca – ma ampiamente elogiata anche all’estero. La ministra, che prima di entrare in politica è stata anche presentatrice televisiva, accusa Kusà di aver gestito incautamente il progetto, dimostrando carenze manageriali e nascondendo un conflitto di interessi. Se non bastasse, sostiene Simkovicova, l’ex direttrice sarebbe responsabile anche di non aver promosso a sufficienza l’arte slovacca durante la presentazione del Padiglione nazionale alla Biennale di Venezia in corso.
La petizione per le dimissioni della ministra Simkovicova
Nel frattempo ha superato le 40mila firme in pochi giorni la petizione per chiedere la rimozione della ministra: “Da quando ha assunto il suo incarico, Simkovicova ha soltanto cercato di nascondere la sua incompetenza e assoluta mancanza di rispetto per la comunità artistica attraverso il bullismo, la diffamazione e la persecuzione di chi lavora nel campo della cultura“, hanno scritto i promotori della petizione.
Livia Montagnoli
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