Caro politico, puoi sostituire un manager culturale. Ma solo se al suo posto ne metti uno migliore
In Italia lo spoil system è ormai una realtà affermata, che tuttavia opera in condizioni di assenza della certificazione della qualità del lavoro svolto dalle precedenti amministrazioni. E questo può fare danni, soprattutto nel settore culturale
A meno di un mese dalla sua fine, mi accorgo che questa estate mi ha più volte costretto a riflettere sul concetto di spoil system. Ci ho riflettuto riguardo a Brescia (circa il rinnovo del direttore e della presidente della Fondazione Brescia Musei) e ci ho riflettuto anche riguardo a Roma (circa la fine del mandato dell’amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma). Due casi diversi con due esiti diversi. Tutte storie che potete cercarvi su Artribune: troverete due interviste interessanti uscite recentemente.
Il concetto di spoil system
Ma torniamo un po’ indietro: cosa è lo spoil system? È una pratica invalsa a partire dall’Ottocento nei paesi anglosassoni che prevedeva la sostituzione di tutti i dirigenti pubblici e dei funzionari più apicali ogni volta che cambiava governo. Ogni compagine vittoriosa dopo le elezioni, insomma, voleva mettere non solo i suoi rappresentanti politici nei posti chiave, ma anche i suoi uomini di fiducia a livello tecnico. Una strada verosimile per far sì che la macchina amministrativa funzionasse e permettesse al potere politico di applicare fluidamente il proprio programma. Una necessità comprensibile, ma non priva di risvolti potenzialmente negativi.
Lo spoil system in Italia
In Italia di spoil system abbiamo parlato sempre molto poco nel Novecento. Poi le cose sono cambiate negli Anni Novanta quando alcune riforme permisero ai cittadini di eleggere i loro rappresentanti in maniera diretta. In particolar modo i sindaci a partire dal 1993. Da quel momento lo spoil system è diventato un termine comune sia a livello locale che poi anche nazionale e non di rado si abbatte (con esiti talvolta funesti, talaltra benefici) sulle istituzioni culturali alla stessa stregua di come si abbatte sugli enti municipali o sulle società di servizi. Ma se un’azienda che si occupa di trasporto pubblico o di nettezza urbana ha determinate caratteristiche, una fondazione culturale, un teatro o un museo ne hanno altre decisamente più peculiari per la tipologia di servizio che erogano.
Spoil system e settore culturale
Non sto dicendo che un nuovo sindaco non debba avere l’opportunità e la prerogativa di nominare persone di cui si fida nei posti chiave (altrimenti cosa ha vinto le elezioni a fare?), sto solo dicendo che per quanto riguarda gli enti culturali forse servirebbe una particolare accortezza, una salvaguardia, una capacità di metterle a riparo da un approccio che può risultare dannoso e non rispettare tempi e ritmi che sono diversi da altre tipologie di aziende.
Bisogna poter certificare il buono e il cattivo lavoro
A pensarci bene tutto torna alla nostra capacità di analisi e alla nostra possibilità di avere dati che certifichino una buona o una cattiva gestione riguardo ad un ente culturale. Purtroppo, questi dati spesso non ci sono o sono difficili da estrarre e così un nuovo sindaco può decidere di sostituire un manager culturale (o un direttore di museo, o un direttore artistico di un teatro e così via) senza colpo ferire, tanto le prove del suo buon lavoro non sono certificabili. Così come non saranno certificabili le prove del pessimo lavoro che eventualmente porterà a compimento il nuovo nominato.
Bisognerebbe invece trovare il modo – e non è affatto facile – di dare maggiore rilevanza ai danni inferti da chi decide di interrompere processi gestionali sani sostituendoli con dirigenze magari più fedeli ma meno efficaci, competenti e capaci. Uno spoil system fatto senza costrutto, solo per il gusto di farlo, senza badare alla reale qualità dell’output fa danni significativi dovunque. In ambito culturale fa danni ancora più grandi perché interrompe processi che sono più lenti e articolati di quelli di altri settori. Danni che andrebbero raccontati meglio. Affinché chi li perpetra sia disincentivato a farli, almeno per la volta successiva.
Massimiliano Tonelli
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