L’Italia dei favoritismi: dal caso Sangiuliano a una questione culturale da risolvere
Il caso Sangiuliano è solo l’ultimo (ed evidente) di una serie che conferma un problema molto più grande del nostro Paese. I favoritismi e la raccomandazione sono un fatto culturale dell’Italia, che si ritrova tanto nella politica, quanto nelle relazioni private
La vicenda dell’ex-Ministro della Cultura Sangiuliano, di cui ci si può dire stanchi, conferma una condizione strutturale del nostro Paese che va necessariamente modificata. Il problema è infatti culturale: viviamo in uno Stato in cui il concetto di lobby è sicuramente malvisto, senza però riflettere sul fatto che le nostre relazioncinesono ben più distorsive.
Le “relazioncine” e i favoritismi dell’Italia di oggi
È un tratto diffuso in quasi tutti i settori della nostra vita democratica: si cerca di favorire un proprio amico, un parente, una persona cara. Si badi bene: è un fenomeno che non coinvolge solo il settore pubblico o le dimensioni illecite, ma riguarda anche la nostra sfera privata.
Chi, almeno una volta nella vita, non ha cercato di far ottenere ad un proprio amico uno “sconto” da un negoziante in cui si è clienti abituali?
Può sembrare un paragone bizzarro, ma è invece estremamente calzante: si tratta infatti di una pratica in cui, il terzo soggetto favorito, non lo è per specifiche proprie qualità intrinseche, ma per il solo fatto di conoscere personalmente un altro individuo.
Un esempio pratico
Un esempio può chiarire il concetto. Il signor Mario si rifornisce abitualmente da un negoziante di scarpe, acquistando 24 paia di scarpe l’anno. È un cliente importante, che garantisce ricavi significativi per l’attività del commerciante. Se il primo presenta l’amico Carlo – che in genere acquista solo un paio di scarpe l’anno e non ha pari reddito, né frequenta persone con alta capacità di spesa – quest’ultimo sarà per il negoziante un “costo” da sostenere per poter fare bella figura con Mario. Non un’opportunità per aumentare il proprio giro d’affari. La condizione dovrebbe essere diversa: Mario dovrebbe invece presentare un altro amico, Luigi, che – pur comprando soltanto un paio – ha una forte disponibilità ed è inserito all’interno di un contesto che, potenzialmente, potrebbe generare nuovi clienti.
In questo modo, Mario non starebbe esercitando una sorta di “ricatto” – ottenere uno sconto per l’amico per il solo fatto di essere lui stesso un buon cliente che lo presenta – bensì starebbe favorendo l’emersione di una relazione reciprocamente vantaggiosa. Ossia presentare un amico che potrebbe diventare a sua volta importante acquirente a vantaggio del venditore.
I favoritismi in Italia e i palliativi del problema
Abbandonando la metafora ed entrando nel caso specifico dell’ex-Ministro, si nota come il problema reale di quanto avvenuto sia che ad essere entrate in gioco non sono le qualità della persona favorita, ma la relazione, così come avvenuto nell’esempio citato tra l’ipotetico Mario e l’amico Carlo.
Il problema reale, quindi, è che da quando si è affermata la locuzione “familismo amorale”, il nostro Paese si è dato molto da fare per contrastarne gli effetti, mentre poco si è fatto per eliminarlo del tutto dal nostro comportamento sociale.
In altri termini, abbiamo lavorato per far sì che questo familismo venisse punito in alcuni contesti, ma tendenzialmente accettato in altri. Bisognerebbe piuttosto comprenderne i limiti, e capire appieno la responsabilità della “raccomandazione”.
Raccomandazione buona e cattiva
Essere “raccomandati”, anche nel linguaggio comune, è un tratto negativo. Implica, in altri termini, che le proprie qualità sono da ricercare in una persona altra. Al contrario, essere “raccomandati” dovrebbe essere un elemento distintivo di successo: essere tanto bravi, a tal punto che qualcun altro ne caldeggi la posizione in virtù delle proprie caratteristiche.
È chiaro che quanto accaduto non sia altro che un caso specifico di una norma comportamentale che, in fin dei conti, tende ad essere culturalmente tollerata. È questo il problema, non le piccolezze di cui si sono riempiti i giornali (al netto delle implicazioni di pubblica sicurezza).
Dalla relazione alle caratteristiche della raccomandazione e dei favoritismi
La questione, in altri termini, è che non dobbiamo limitarci a contrastare le implicazioni illecite di un atteggiamento comune, bensì favorire una nuova forma di quel medesimo atteggiamento.
Spostare il focus della raccomandazione dalla relazione alle caratteristiche è più semplice che eliminare del tutto un comportamento, nei fatti, estremamente condiviso. Significa favorire incontri mutualmente profittevoli. Ossia presentare al commerciante un nuovo cliente potenzialmente importante. O favorire l’ascesa parlamentare di una persona che si ritiene valida, come può esserlo un giovane laureando.
Allargando il contesto, occorre imparare a creare valore aggiunto attraverso la propria rete di relazioni.
È quanto accade, in fondo, nel resto del mondo, dove il networking è un’attività cui tutti i professionisti si dedicano con una certa costanza. In Italia, invece, siamo ancora invischiati nelle relazioncine, nei sotterfugi. È necessario dare dignità alla raccomandazione. Trasformarla in qualcosa di cui ci spossa, legittimamente, vantare.
Stefano Monti
Libri consigliati:
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati