L’immaginario di destra in cerca d’autore: Quadriennale, Maxxi-Vittoriale, Galleria Nazionale

Il compito della cultura è ricostruire l'immaginario di un popolo di destra che lo ha perso insieme alle sue radici, anche per colpa del piano Marshall. Ma forse la terra promessa è quella indicata da Elon Musk

Lo aveva detto fin da subito l’ex ministro Gennaro Sangiuliano: il compito della nuova destra sarebbe stato conservare i valori, conservare la tradizione e conservare la storia.
Del resto dai conservatori non ci si aspettava molto di diverso, ma presto si è cominciato a capire che della storia bisognava conservarne solo un pezzetto: ovvero i primi decenni del secolo scorso che coincidono guarda caso con l’ascesa del fascismo (sulla discesa invece si tace).
Così dai tempi in cui Sangiuliano cominciò a lamentarsi del fatto che la sinistra evitasse di girare film o fiction dedicati ai grandi italiani amati dalla destra, come D’Annunzio o Pirandello (erano da poco usciti La Stranezza e Il cattivo poeta che li celebravano entrambi ma i registi Roberto Andò e Gianluca Jodice non rientravano nella lista dei conservatori, per cui i film non valevano), si è in questi giorni arrivati a discutere della rievocazione della II Quadriennale d’arte nazionale del 1935 che fra un anno sarà ricostruita nelle sale di Palazzo delle Esposizioni a suggellare l’edizione del 2025. Il tutto per riportare nel cuore degli italiani la nostalgia dei gloriosi anni Venti e Trenta del Novecento.

La Quadriennale del 1935

Sono gli anni in cui nel catalogo della Quadriennale, Filippo Tommaso Marinetti esalta il futurismo come la corrente artistica che più “lavora inventa e lotta per il primato artistico mondiale dell’Italia mussoliniana”. Gli anni dei vigorosi ritratti del Duce in pittura e scultura, tra cui domina il geometrico e aereo mascellone del polittico di Gherardo Dottoriche convivono insieme a dipinti tipici dello spirito dei tempi come “La Madonna della madre prolifica” di Cesare Breviglieri dove la Vergine Maria con il suo unico figlio fa visita a una poveretta circondata invece da quattro scatenati ragazzini e in attesa di un quinto. O ancora la tela di Leonello Balestrieri con l’eroico scambio di sguardi tra il re e Mussolini nella “Grande Vigilia” (quella del 1925 probabilmente che diede al Duce pieni poteri).  Chissà se queste opere le rivedremo il prossimo autunno o se invece la versione attuale sarà epurata e consacrata ai soli de Chirico, Severini, Carrà, Donghi più il povero Renato Guttuso.
 “C’è persino Guttuso!” è stato detto in conferenza stampa per giustificare l’ecumenismo dell’Ente fondato da Cipriano Efisio Oppo e il conte di San Martino di Valpurga. Una foglia di fico davvero sottile visto che aveva solo 24 anni ed era abbandonato nella sala XXXIV con un unico quadro “Tre donne” in mezzo a maschi dipinti di calciatori, marinai e pugilatori firmati Alberto Bevilacqua.

Filippo Tommaso Marinetti, Le soir, couchée dans son lit, elle relisait la lettre de son artilleur au front [1917], in Les mots en liberté futuristes, Milano, Edizioni futuriste di “Poesia”, 1919
Filippo Tommaso Marinetti, Le soir, couchée dans son lit, elle relisait la lettre de son artilleur au front [1917], in Les mots en liberté futuristes, Milano, Edizioni futuriste di “Poesia”, 1919

Il gemellaggio Maxxi- Vittoriale degli Italiani

Vedere per credere: grazie al progetto di digitalizzazione della precedente amministrazione, il catalogo della II Quadriennale è online e perdipiù a consultazione libera. Quindi ognuno potrà farsi un’idea e decidere se è vero, come ci dice l’attuale il presidente Luca Beatrice, che quella mostra “fu meravigliosa e se fosse stata fatta in un altro momento politico del paese sarebbe passata inosservata” (parole sue). 
Ora a parte che una cosa “meravigliosa” non dovrebbe mai “passare inosservata”, il punto è che la riproposizione della Quadriennale del 1935 non è fatta in un altro momento.  Arriva insieme al primo governo del paese guidato dalla destra radicale e non è la sola istituzione ad abbracciare il nuovo/vecchio corso.
All’inizio di ottobre viene annunciato un gemellaggio che in via provvisoria avrebbe dovuto unire il MAXXI e Il Vittoriale degli Italiani attraverso un progetto di collegamento digitale. In breve grazie a un visore e ad una tecnologia molto avanzata, i visitatori del museo nazionale del contemporaneo avrebbero potuto visitare virtualmente il museo di D’Annunzio. Insomma, un ponte di emozioni e cultura tra Roma quartiere Flaminio e Gardone Riviera per avvicinarci meglio all’ “Immaginifico” poeta e patriota.

Dannunzio, il Maxxi e il Vittoriale

Essendo presente alla conferenza stampa non ho potuto fare a meno di porre le seguenti domande: “Perché avete scelto il MAXXI che è Museo delle Arti del XXI secolo (da qui l’acronimo) e non della tecnica e tecnologia? Non pensate che l’accostamento tra una sala video e la camera da letto del Vate crei confusione invece che cultura? Perché non la Galleria Nazionale che almeno conserva quadri di Francesco Paolo Michetti, pittore molto vicino a D’Annunzio?”.
Sulle risposte confuse dei presenti (tutti rappresentanti degli enti promotori compreso il ministero) si è levata la voce di Giordano Bruno Guerri presidente del Vittoriale che ha sentenziato: “D’Annunzio c’entra sempre. D’Annunzio è dappertutto”. 
Dappertutto è la parola chiave. Se il messaggio si moltiplica forse da qualche parte arriva. Ma quale messaggio?

La mostra sul Futurismo alla Galleria Nazionale

Così mentre si aspetta la molto sofferta, grande mostra sul Futurismo che dopo le tante piccole futuristiche esposizioni sparse per il Paese e tutte fortemente volute da Sangiuliano, sta per inaugurarsi alla Galleria Nazionale di Roma (3 dicembre-28 febbraio) si cominciano a collegare i puntini e a vedere emergere un disegno: ricostruire in un periodo nebuloso che va dall’Impresa di Fiume alle soglie della II Guerra Mondiale le basi di un nuovo immaginario che scalzi una volta per tutte quello che ha radici profonde negli anni Sessanta e Settanta e che viene considerato  la culla  del sinistrismo culturale imperante.
Quindi macchina indietro: uccidiamo il Sessantotto e tutto quel che ne consegue e ritorniamo ai valori veri Dio-Patria-Famiglia-Pittura. Il compito della cultura è ricostruire l’immaginario di un popolo che lo ha perso insieme alle sue radici, anche per colpa del piano Marshall.
Torniamo dunque a parlare la nostra lingua senza usare parole straniere (prendendo esempio da Luca Beatrice che in conferenza stampa ha dichiarato di non voler usare nessun termine inglese); guardiamo film che recuperano i nostri eroi dimenticati del Ventennio (come la biopic del fotografo di Mussolini che ora è in concorso al festival di Torino diretto da Giulio Base); usiamo le istituzioni museali per rivedere la purezza della nostra cultura, emarginata da decenni di ideologico antifascismo, perché quello che è venuto dopo è solo frutto di ibridazione.

L’immaginario della nuova destra esiste?

Eccolo il progetto in cui la destra spera di ritrovare se stessa. Ma probabilmente non ci riuscirà. E non perché esista una cultura di sinistra che glielo impedisca, ma per il semplice motivo che l’immaginario non si costruisce a tavolino o nelle direzioni generali dei Ministeri, e quello della nuova destra non va cercato nel 1935, semmai su Marte insieme a Elon Musk.
Bisogna farsene una ragione e ammettere che persino nella playlist di un giovane neo fascista di sicuro non troverete “Parlami d’amore Mariù”. “Imagine” di John Lennon, invece, forse sì.

Alessandra Mammì

Libri consigliati:

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati