Dopo anni di dibattito s’inizia a far chiarezza sulle Imprese Culturali e Creative

Al Ministero della Cultura il compito di stabilire le modalità di riconoscimento delle ICC. Dopo lunghe discussioni, una norma nel DDL Made in Italy inizia a far chiarezza su un tema essenziale per lo sviluppo del Paese

In Italia il dibattito sulle Imprese Culturali e Creative (ICC) e del loro riconoscimento giuridico è durato diversi anni e ha generato una norma contenuta nel cosiddetto Made in Italy che, oltre a fornire una cornice generale, ha attribuito al Ministero della Cultura (MIC) il compito di emanare i decreti attuativi in ordine alla modalità di riconoscimento della qualifica.
Prima di esaminare l’importanza di questo provvedimento per lo sviluppo del settore culturale cerchiamo di delineare i principali aspetti normativi.

Gli aspetti della normativa sulle Imprese Culturali e Creative

Con il Decreto 402 del 28 Ottobre 2024 il MIC ha disciplinato le modalità e le condizioni per il riconoscimento della qualifica di Impresa culturale e creativa.
Si tratta, come dicevamo, di una qualifica giuridica istituita dall’art. 25 della Legge 27 dicembre 2023, n. 206.
La norma prevede che è qualificato ICC qualunque ente, indipendentemente dalla sua forma giuridica, che svolge attività stabile e continuativa con sede in Italia e che operi in via esclusiva o prevalente in una o più delle seguenti attività: ideazione, creazione, produzione, sviluppo, diffusione, promozione, conservazione, ricerca, valorizzazione e gestione di beni, attività e prodotti culturali o attività economiche di supporto, ausiliarie o comunque strettamente funzionali all’ideazione, creazione, produzione, sviluppo, diffusione, promozione, conservazione, ricerca, valorizzazione o gestione di beni, attività e prodotti culturali.
L’art. 25 contiene tre importanti principi che delineano le ICC:

  • la neutralità delle forme giuridiche e cioè la possibilità di acquisire la qualifica indipendentemente dalla struttura giuridica delle imprese;
  • lo svolgimento in via esclusiva o prevalente di un’attività in campo culturale o creativo; 
  • la soggettività passiva in Italia secondo le norme nazionali e comunitarie;
  • l’armonizzazione delle norme delle ICC con le disposizioni contenute nella Riforma del Terzo Settore (D. Lgs 117/2017 e D. lgs 112/2017).

Il legislatore, come accade normalmente per le qualifiche giuridiche delle imprese, ha attribuito al sistema camerale il compito di gestire gli adempimenti per l’attribuzione della qualifica.

  • Il decreto attuativo prevede pertanto che le Camere di Commercio, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto, istituiscano una sezione speciale del registro delle imprese in cui potranno iscriversi i soggetti in possesso dei requisiti.
  • Con le stesse tempistiche saranno definite le specifiche tecniche e la modulistica necessaria per la presentazione delle istanze e per l’operatività della sezione speciale.
  • Per accedere allo speciale registro tenuto presso le Camere di Commercio le imprese dovranno esercitare le attività nell’ambito dei codici Ateco che il decreto ha tassativamente elencato. 
  • All’atto dell’iscrizione le attività denunciate saranno contraddistinte da un descrittore riconducibile alla classificazione Ateco in cui le imprese potranno meglio specificare il contenuto delle loro attività.
  • Per ottenere l’iscrizione le imprese dovranno avere un volume di affari superiore al cinquanta per cento di quello complessivo nell’ambito delle attività riconducibili al settore culturale e creativo e dunque nei codici ateco previsti dal decreto.

Il decreto disciplina anche la procedura di revoca che sarà presumibilmente specificata nell’ambito del decreto direttoriale che il Ministero delle imprese e del made in Italy dovrà adottare per rendere operativa la procedura.
La qualifica di ICC potrà essere acquisita, per esplicita previsione normativa, anche dagli enti di terzo settore che svolgono prevalentemente un’attività d’impresa: si fa riferimento innanzitutto alle imprese sociali e agli altri enti che svolgono in forma d’impresa una attività d’interesse generale nel settore culturale.
La soluzione prevista, sulla scorta di quanto avviene per qualifiche analoghe, della creazione di una apposita sezione tenuta presso il registro delle imprese, i cui dati andrebbero trasmessi annualmente al Ministero della Cultura, rappresenta una soluzione efficace.

Disegno di legge Made in Italy
Disegno di legge Made in Italy

Imprese Culturali e Creative e codici Ateco

Meno efficace sembra la scelta di ancorare rigidamente l’acquisizione della qualifica di ICC ai codici Ateco. Il lungo dibattito che si è sviluppato in dottrina nel corso degli anni sulla distinzione tra settore culturale e creativo, ha prodotto alcuni punti di riferimento che si potrebbero considerare ormai stabili. Le attuali tassonomie basate sulle attività economiche produttive (ATECO) che traggono la propria origine dal framework europeo offerto dalla NACE (Nomenclature statistique des activités économiques dans la Communauté européenne) non sono in grado di rappresentare efficacemente il perimetro delle imprese impegnate nella produzione delle attività culturali.
Sarebbe innanzitutto necessario un rapido aggiornamento dei codici Ateco in grado di individuare meglio il complesso e frammentato settore culturale e creativo e dare maggiore efficacia alla perimetrazione così come è stata individuata.
La scelta che è stata perseguita cerca di tenere conto anche di ambiti strumentali alle attività culturali, escludendo invece quelle attività in cui la cultura e la creatività entrano a vario titolo tra i fattori per produrre prodotti e servizi non immediatamente culturali.

Le prospettive per le Imprese Culturali e Creative

Non possiamo però registrare un dato assolutamente positivo e cioè la possibilità per tutte le ICC di avere un esplicito riconoscimento, presupposto per delineare finalmente politiche pubbliche in grado di sostenere lo sviluppo di uno dei più rilevanti settori dell’economia nazionale, che presenta significativi tassi di crescita.
La norma prevede l’istituzione di un fondo (pari a 3 milioni di euro) per la concessione di contributi in conto capitale alle ICC che, pur essendo di entità modesta, segnala però l’inizio di un percorso che ci si augura venga attuato con risorse ben più importanti.

Non trascurabile inoltre è la previsione di un Piano nazionale strategico per la promozione e lo sviluppo delle imprese culturali e creative che avrà l’obiettivo di favorire lo sviluppo del settore e individuare strategie di coordinamento tra le amministrazioni pubbliche competenti nell’ambito culturale.

Imprese Culturali e Creative e la collaborazione pubblico-privato

L’auspicio è che si individuino anche le forme di collaborazione pubblico-privato in grado di dare solidità al riconoscimento delle imprese cultuali come interlocutori delle organizzazioni pubbliche sui temi legati alla gestione e promozione delle attività culturali e creative.
Si tratta di un passaggio che potrebbe finalmente disegnare un nuovo protagonismo del settore pubblico e privato in campo culturale. Che un teatro, un museo, una galleria d’arte, un’azienda cinematografica, un’azienda editoriale, uno studio di architettura attivo nell’ambito culturale, una organizzazione non-profit che gestisce spazi culturali indipendenti, possano essere riconosciuti come ICC è un primo necessario step per supportare processi decisionali in un ambito strategico che ha un ruolo crescente per lo sviluppo sostenibile e innovativo e in grado di alimentare l’intera filiera produttiva del paese.
Il modello italiano dell’economia della cultura presenta alcune caratteristiche specifiche che vanno dalla frammentazione del settore, alla coesistenza di organizzazioni profit e non profit, alla notevole presenza di patrimonio culturale inutilizzato, alla necessità di rafforzare l’integrazione della filiera produttiva culturale includendo anche il rapporto con l’industria turistica e all’esigenza di rafforzare i processi di cross-fertilization tra il settore culturale e gli altri settori produttivi. Si tratta di temi decisivi che, si spera, il futuro piano strategico per la promozione e lo sviluppo delle imprese culturali e creative potrà e dovrà affrontare.

Marco D’Isanto

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Marco D'Isanto

Marco D'Isanto

Marco D’Isanto, è consulente di istituzioni culturali, enti del terzo settore e imprese culturali. Laureato in Economia all’università Federico II di Napoli, è dottore commercialista in Napoli con Master in Management Pubblico presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Parthenope di…

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