Dal flop di Agrigento Capitale nasce OltreCapitale. Un palinsesto alternativo e indipendente
Il lato migliore di Agrigento Capitale della Cultura? È “oltre”, al di là. Dal fallimento attuale di una grande manifestazione istituzionale nasce una controproposta indipendente, che unisce azione e contestazione. Così gli esclusi e i delusi si mettono in rete e costruiscono un’alternativa

C’è una sola possibilità per trasformare l’attuale disastro di Agrigento Capitale in una buona occasione. Un’unica via, al di là della rapida risoluzione dei principali intoppi e ritardi, che tutti ci auguriamo. La classica crepa, parafrasando Leonard Cohen, da cui a un certo punto inizia a filtrare la luce. È stato un pensiero intermittente, fin dall’inizio di questa sconfortante vicenda: bisognerebbe costruire un doppio imprevisto ed imperfetto del grande evento agrigentino. Un’altra Agrigento Capitale, un simulacro rovesciato, frutto di una differenza e di un metodo. Così da poter dire: ecco come si fa, come si sarebbe potuto fare. E farlo con risorse prossime allo zero, a fronte dei milioni stanziati sul palcoscenico principale; farlo nel giro di poche settimane, quando gli altri hanno avuto quasi due anni a disposizione. Farlo da una posizione di fragilità, di disarmo, di marginalità.

La sfida di OltreCapitale per Agrigento
Così nasce OltreCapitale. Si sono messi in moto all’improvviso, nel mezzo di una lunga attesa costellata di promesse disattese: spazi, finanziamenti, occasioni di partecipazione non ne sono arrivati; la voglia di fare da soli, quella sì. Sono una rete di associazioni, attivisti, operatori culturali, artisti, riunitisi sotto un nome e un vessillo d’appartenenza e di militanza. Un cartello di 8 sigle, per edificare un palinsesto, una mappa alternativa della città. Arti visive, musica elettronica, teatro, cibo, tecnologia, installazioni, incontri a cielo aperto. Si chiamano Cuddriroom, Rudere Project, Yard44, Scaro, Immagina, Tierra Techo Trabajo, Local Impact, Paradise Agrigento: agrigentini disillusi, lavoratori dell’arte e della cultura, substrato creativo e intelligente che le istituzioni non sanno intercettare e a cui la grande macchina di Agrigento 2025 non ha prestato alcuna attenzione. Il riscatto è allora in una forma di contro-narrazione. Un atto di resistenza che non sia mera protesta, solito compianto, ma costruzione programmatica di un’alternativa.

Come nasce OltreCapitale
L’intuizione iniziale è di Lorena Caruana, architetta, dal 2012 e per diversi anni tra i protagonisti di un’esperienza interessante chiamata Rudere Project, un progetto di attivismo urbano e di sensibilizzazione sui temi dell’abbandono edilizio e dell’urban recycle. “Questa nuova avventura nasce come uno slancio partito per rabbia”, ci racconta, “dopo aver visto che tutto si sgretolava: a gennaio la vicenda degli operai che cercavano i tombini con i metal detector, sotto l’asfalto, è arrivata su tutti i media. È stata la goccia finale, mi pareva impossibile. Ho cominciato a chiamare tutti, a cercare di costruire qualcosa, a chiedere di attivarci. Così, nel giro di due mesi, abbiamo dato vita a una rete aperta, pronta ad accogliere chiunque sposi l’idea, il progetto, la nostra visione. Si tratta di far convivere identità diverse, ma accomunate da una tensione comune rispetto a quel che è accaduto qui e che ci ha lasciati sgomenti. Vivere ad Agrigento, per certi versi, è doloroso”.
OltreCapitale si presenta con un profilo Instagram appena avviato, un bel logo e un’ottima immagine coordinata firmati da Lorenzo Romano, poi con una lettera aperta inviata agli organi di stampa. “Perché anche se tutto sembra franare c’è un’energia in città che resiste sotto la superficie”: così recita un passaggio del testo, mentre più avanti la spinta ideale si traduce già in una sorta di manifesto. “Vogliamo essere l’amplificatore di un’alternativa concreta alle mancanze che oggi caratterizzano questo evento”, scrivono. E puntano già “oltre”. Che significa distinguersi dalla grande kermesse istituzionale, ma anche superarne la linea cronologica, creando le condizioni per un radicamento: “Anche se riconosciamo il valore di alcune delle iniziative in atto”, continua il comunicato, “desideriamo arricchirle con eventi che privilegino culture, vissuti, idee e narrazioni che vogliono ripensare la città in un’ottica futura: perché OltreCapitale è solo un punto di partenza per inaugurare un processo che vada oltre il 2025, che lasci un’eredità tangibile e duratura”. Sarebbe il regalo migliore. Qualcosa che esplode, poi, qualcosa che resta.














Agrigento 2025 e il tema della partecipazione
È ancora chiara e squillante l’eco delle parole pronunciate quel 14 gennaio dai rappresentanti della politica locale e dall’ex direttore Roberto Albergoni, durante la conferenza stampa di presentazione di Agrigento Capitale della Cultura 2025. Partecipazione, speranza, occasione epocale, futuro, costruzione, collaborazione, territorio, riqualificazione. È mancato tutto, fino a oggi. Sono mancati gli interventi strutturali nella città, i servizi straordinari per i turisti, le aperture di palazzi e giardini in disuso; è mancato il programma, con i 44 eventi inseriti nel dossier vincitore e ancora non avviati. Ed è mancata la capacità di coinvolgere il tessuto sociale: non solo la cittadinanza, ma anche coloro che, distinguendosi per qualità e professionalità, operano nel campo dell’arte, dei beni culturali, del sociale, della creatività, del turismo. Per non parlare degli artisti siciliani, totalmente esclusi (a parte un nome, quello della brava Maria Domenica Rapicavoli). È questo, forse, il fallimento maggiore: non aver costruito ponti, canali, connessioni con le realtà più prossime, così desiderose di spazi ed attenzione, in un contesto – quello siciliano – che sconta un’arretratezza ancora forte in termini di art system, di progettualità contemporanee, di politiche e processi culturali.
“Non c’è stato nessun tipo di coinvolgimento. A parte alcune persone, ma esclusivamente per chiamata diretta”, conferma Lorena, che aggiunge: “Non ci sono state call pubbliche, inviti a partecipare o a presentare progetti, occasioni di confronto. La fondazione Agrigento 2025 si è limitata a pubblicare un bando per la ricerca di due figure che si occupassero di coordinare gli eventi, di portare in giro gli artisti, di seguirli nelle fasi di sopralluogo e allestimento. Sono state prese una ragazza palermitana che aveva già lavorato per Manifesta e un’operatrice culturale di Agrigento. Nessun altro rapporto con il territorio”.
Non va meglio sul fronte dell’amministrazione, a proposito di parole vane: “Il Comune aveva promesso di riservare dei fondi alle associazioni culturali, ma stiamo ancora aspettando”, prosegue Lorena. “Pubblicamente si erano impegnati a destinare il ricavato della tassa di soggiorno, si parlò 2 milioni di euro, progressivamente ridotti, adesso sappiamo che ci sono in ballo massimo 15mila euro a progetto, ma non conosciamo la cifra totale e soprattutto non sappiamo se tutto questo si tradurrà in un atto concreto. Posso dirti che non abbiamo più fiducia. La sensazione è che si tratti solo di ulteriore tempo perso”.

Agrigento, spazio pubblico e rigenerazione urbana
L’immagine della mappa incarna missione e attitudine di OltreCapitale. Una mappa come segno grafico, spunto concettuale, chiave narrativa. Mappare Agrigento per raccontarne gli angoli nascosti, tutti da risvegliare, e per costruire connessioni. La città resta dunque al centro, secondo principi di leggerezza, pluralità, connessione, invisibilità. Spiega ancora il collettivo nella lettera aperta: “Vogliamo muoverci tra le pieghe del tessuto urbano, a partire dai suoi luoghi più marginali, dove lo spazio pubblico si è svuotato di funzioni ma non di potenziale, e dove la rigenerazione urbana e sociale può iniziare da pratiche leggere e condivise”. Quella rigenerazione che Agrigento – come la maggior parte delle città siciliane – non ha mai affidato a progetti innovativi e organici, a bandi europei, concorsi nazionali e internazionali d’architettura, interventi artistici di livello. Il che significa non scommettere sul recupero di spazi abbandonati e di quartieri storici, sull’intensificazione e la cura delle aree verdi, su nuove funzioni sociali, nuovi assetti urbanistici, nuove contaminazioni culturali per strade, piazze, parchi, periferie.
Nulla che delle associazioni culturali possano fare in autonomia, senza budget e senza la collaborazione delle amministrazioni, ma un lavoro di sensibilizzazione, l’immissione di un “virus” benefico, la gestione di pratiche effimere, nomadi, capaci di generare senso e di indicare una direzione, è già un grande obiettivo.
I luoghi di Agrigento nella mappa di OltreCapitale
“Ecco allora quello che vogliamo fare: riattivare spazi dimenticati, sommersi, invisibili. Ognuno con le proprie idee. Accendere dei fari per pochi giorni, connettere tutto e costruire così un prodotto finale, che abbia la forma di una mappa, ma che sia in costante evoluzione. Stiamo già definendo un primo palinsesto”: così ci dice Caruana, riagganciandosi al modello che con Rudere Project aveva già testato con successo. La mappa che via via si va delineando conduce tra le arterie di una Agrigento alternativa, fatta di soggetti indipendenti e di “luoghi periferici, oltre la Valle dei Templi e il centro storico. Agrigento è piena di posti straordinari, in attesa di essere rivitalizzati, riqualificati. Il Parco ICORI, ad esempio, un posto pazzesco nato nel ’76, dieci anni dopo la grande frana, dunque con un valore storico importante, oggi lasciato in uno stato di incuria. E così il quartiere Rabato, antico cuore arabo della città, totalmente abbandonato, un villaggio fantasma bellissimo che nessuno conosce e che vorremmo trasformare in spazio diffuso per eventi, dibattiti, laboratori. E poi alcuni piccoli spazi e ruderi messi a disposizione da privati, oppure gli Ipogei, dove abbiamo chiesto di poter allestire una mostra: abbiamo la disponibilità di tutti gli artisti e producer siciliani che hanno lavorato in questi anni con Yard44, a Favara, per il loro DOT Festival, a Palazzo Cafisi. A proposito di Favara, tra i nostri supporter c’è Farm Cultural Park, abbiamo spesso collaborato in passato e siamo ancora in contatto. Anche con il loro aiuto speriamo di poter accedere nell’Ex Carcere e Monastero di San Vito, edificio monumentale in attesa di riqualificazione”.

Tra open call e fundraising. Il futuro di OltreCapitale
E a proposito di insegnare il verbo della partecipazione, immediatamente ci si è messi in ascolto della città e dei cittadini: “Abbiamo appena avviato una call per chiedere alla gente di condividere posti del cuore legati a un racconto, una memoria, così da ampliare la mappa attraverso la partecipazione della comunità”. La tessitura è plurale davvero.
Un modello dunque aperto e dinamico, quello scelto da OltreCapitale, ma non senza strumenti utili a mantenere una linea, una qualità alta, un’identità, nel difficile equilibrio tra accogliere e selezionare, includere e non tradirsi, moltiplicare le voci e non generare rumore.
“Siamo tutti lavoratori, ci occupiamo del progetto di notte, senza risorse. Ed è complicato coordinare tutte queste realtà, rispettando le singolarità, le proposte, anche i limiti di ognuno. In questa rete allargata si è delineato un gruppo operativo – spiega Lorena – che si occuperà della selezione dei progetti, con la direzione artistica e la comunicazione. Ne fanno parte soprattutto gli ex di Rudere e Yard44. Tra un po’ partiremo con una call per artisti, sarà dura dire dei no, fare delle scelte, ma sappiamo che è necessario. Inizialmente ci rivolgeremo ad artisti agrigentini, ma vorremmo abbracciare tutta la Sicilia. Non abbiamo risorse economiche, oggi, per spostarci altrove, per sostenere i viaggi degli artisti. Magari qualche grosso nome riusciremo a intercettarlo, qualcuno che sposi la causa. Intanto partiamo da Agrigento”.
L’ostacolo economico è certamente enorme. Il primo, il più ingombrante. L’intenzione è di attivarsi subito con il fundraising, tra bandi e sponsor privati. La speranza è che una mobilitazione si registri davvero; che il Comune quei fondi li metta finalmente al servizio delle migliore proposte indipendenti; e che la Fondazione Agrigento 2025 possa riservare a realtà come questa l’attenzione necessaria: potrebbe in tal senso segnare un cambio di passo l’arrivo al timone di Giuseppe Parello, più volte trovatosi alle prese con progetti artistici, laboratori, residenze, attività partecipate, durante il suo prolungato impegno per il Parco della Valle dei Templi, in un territorio che è naturale intersezione tra città e paesaggio, archeologia e ricerca contemporanea, spazio pubblico e spazio museale. Un territorio fertile, che vede persino le marginalità e gli abbandoni trasformarsi in materia sensibile agli occhi di chi, ogni giorno, si confronta con la tensione tra desiderio e disfatta. Che sia allora di buon auspicio l’efficacia di quel logo, un piccolo cluster stilizzato che attraverso dei punti interconnessi rimanda alla C di Capitale (o di Cultura), ma soprattutto a un frammento di mappa, a un organismo globulare aperto, in crescita e in evoluzione. E il senso della partecipazione, stavolta, è vocazione, emergenza, strumento reale.
Helga Marsala
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