Ben Wilson. L’artista (di strada) del chewing-gum
Lavora in strada su un tappetino da yoga. La gente, passando, lo fotografa poggiato su un fianco, tra la valigetta dei colori, i pennelli, lo spray e una fiamma ossidrica portatile. Da sei mesi è sul Millennium Bridge, concentrato su una serie di miniature su chewing-gum. È la storia di Ben Wilson.
A Londra lo chiamano il chewing-gum man da quando la BBC gli ha dedicato un servizio: “Chewing-gum artist: Painting miniature masterpieces” che, oltre a garantirgli un riconoscimento soprattutto da parte della polizia (nel 2007 la City of London Police l’ha portato in manette al commissariato perché dipingeva, a Trafalgar Square, la caricatura di Nelson su una gomma) gli ha procurato anche una serie di “commissioni” che realizza gratuitamente. Molte provengono dai bambini che abitano nei quartieri in cui di volta in volta si ferma; altre da adulti che gli chiedono di commemorare nascite e morti, matrimoni, persone a cui sono stati legati, momenti speciali, pensieri… Richieste che raccoglie in un quaderno e che – se può – realizza in giornata; altrimenti le lascia maturare finché non prendono forma, riesumate dalla luce di una giornata particolare, da un odore o da altri incontri casuali.
“Sento storie di ogni genere”, confessa seduto al bar della Tate, un venerdì sera. “La gente ha tanto da raccontare…”, continua sfogliando il quaderno: “Recentemente ho fatto una miniatura per una donna. Stava camminando sul ponte quando si è accorta dei miei lavori e ha capito che molti sono dediche. È subito venuta a chiedermene una per un’amica morta. Mentre parlava, ha cominciato a piangere. Era in un pessimo stato. L’amica, di origini polacche, compagna di studi in Canada, era stata uccisa dal fratello: l’aveva letto sui giornali. Si era presa un giorno di vacanza, ma non poteva andare al funerale. È rimasta con me mentre creavo il dipinto con il nome dell’amica: Maja, accanto alla bandiera e sopra un’ape e un albero: segno positivo… Qualche settimana dopo, passando accanto alla miniatura, mi sono accorto che era leggermente sfregata e ho ricominciato a lavoraci. Ero piegato, quando un gruppo di persone si è avvicinato e, tipicamente, ha cominciato a interessarsi, a chiedermi cosa facevo e perché. Parlando, è uscito fuori che erano canadesi, che conoscevano la storia della donna uccisa dal fratello e nessuno riusciva a credere, né io né loro, che su un ponte di Londra qualcuno stesse lavorando a una miniatura su di lei. Si creano tutti questi legami attraverso il mio lavoro. Ogni giorno non so cosa incontrerò”.
Guarda sul ponte, oltre la vetrata. Quel ponte calpestato da milioni di persone e quindi con milioni di gomme sputate e incastrate tra le griglie che, spiega, “sono l’ideale perché la gomma ci s’infila e finisce sotto il livello della maglia d’acciaio, quindi dura di più”.
Ben Wilson è un professionista. Figlio d’artisti, ha frequentato l’accademia, è rappresentato dalla galleria England & Co e ha un curriculum di residenze e commissioni sia a Londra che negli Stati Uniti, in Giappone, in Nuova Zelanda e in Australia. L’approdo alla gomma da masticare è il risultato di un percorso cominciato con sculture in legno, destinate a parchi o giardini; attraversato da una fase di abbandono del legno come materiale (ma non della strada, dei boschi e dei parchi come alternativa allo studio); una fase di transizione in cui ha cominciato a dipingere su materiali di scarto più adatti, secondo lui, a rispondere (anche provocatoriamente) alle città che ormai sono arredate da cartelloni pubblicitari, manifesti, volantini, parti di un discorso che definisce “poco spontaneo e poco incline ad ammettere spontaneità”. Ed è finito alla gomma.
“Le ho sempre guardate, anche quando scolpivo il legno nei boschi”, confessa. “Mi ha sempre infastidito il senso generale di noncuranza che comunicano. Le persone pensano di non avere un impatto sull’ambiente, pensano che l’individuo non conti e che una gomma sputata non sia niente. E invece abbiamo tutti una responsabilità sul territorio che occupiamo e se qualcuno sputa una gomma, se milioni di persone sputano gomme, l’impatto diventa cumulativo e non si può più negare. È interessante”, sorride, “trovarsi in situazioni in cui qualcosa succede e si manifesta perché la gente non ci ha pensato: perché la possibilità che quella stessa cosa succedesse è stata scartata a priori”.
Da una possibilità negata sul nascere a una realtà: il passaggio dal negativo al positivo è un classico in arte: “È una forma di recupero per me. Prendo qualcosa che è stata buttata, sputata e la trasformo in qualcosa di positivo e a vari livelli”. Considerando quello umano, Wilson ferma l’impulso vitale che attraversa una città che lui definisce “la celebrazione della società multiculturale” con dipinti in miniatura che rispondono alle richieste di chi viene da ogni parte del mondo, ognuno con la propria storia. Rispetto all’ambiente, il suo gesto porta senza dubbio a riflettere su un dato: sui marciapiedi, la presenza della sostanza informe e grigiastra è diventata un fenomeno che, in Inghilterra, comincia a essere affrontato. Sono molte le circoscrizioni costrette a rispondere alle lamentele e a far ripulire le strade. Ogni gomma sputata costa 10 centesimi allo Stato; comprata, meno delle metà. Dal 2003, la Chewing-gum Action Group che si occupa specificatamente di questo, cerca soluzioni organizzando e sponsorizzando campagne pubblicitarie che si propongono – come Wilson – di rendere le persone più consapevoli della propria responsabilità rispetto all’ambiente. Ci sono stati miglioramenti dal 2003 a oggi: sono stati pubblicati dati, è stata approvata una multa di 80 sterline per chi è sorpreso a sputare e la Wrigley’s si è impegnata a produrre gomme biodegradabili in tempi inferiori agli attuali cinque anni.
Misure che, a lungo termine, trasformeranno le strade inglesi in passaggi puliti, impiastricciati semmai qua e là solo dalle presenze di gomme non più grigiastre e appiccicose, ma preziose raffigurazioni che raccontano le storie di chi ci è passato anche solo per un giorno. Il futuro parte anche dal Millenium Bridge e da un’artista che, lavorando sui chewing-gum, ha scoperto due cose: la prima è che, “invece di lamentarsi, si può fare qualcosa, farla succedere oggi fuori dagli schemi”; la seconda: “La gente ci tiene alla gente. Le richieste che ho sono per amici, parenti, genitori, amanti: per le persone a cui siamo legati”.
Maria Pia Masella
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