Charlama. O com’è difficile fare arte in Bosnia
Questa è la storia di Jusuf Hadžifejzović e della sua galleria Charlama. Un artista serbo che si trasferisce prima in Germania e poi in Belgio, ma che proprio durante la Guerra decide di tornare nell’ex Jugoslavia. E in Bosnia, a Sarajevo, dall’“altra parte”.
CHI È JUSUF HADŽIFEJZOVIĆ?
Jusuf Hadžifejzović è uno degli artisti più importanti e influenti sulla scena dell’arte contemporanea bosniaca. Nato in Serbia nel 1956, studia all’Accademia di Belle Arti di Belgrado, e nel 1980 è invitato da Klaus Rinke a Düsseldorf, dove conoscerà Joseph Beuys. I due anni trascorsi in Germania incideranno profondamente sullo sviluppo della sua produzione artistica.
Tornato in Jugoslavia, si trasferisce a Sarajevo, dove inizia subito a collaborare con il Collegium Artisticum, spazio espositivo aperto nel 1975 con lo scopo di promuovere artisti bosniaci e provenienti dalle altre repubbliche jugoslave. Al tempo, la scena artistica di Sarajevo non è sufficientemente sviluppata come quella di Zagabria o Belgrado, dove artisti del calibro di Marina Abramović e Raša Todosijević si riuniscono attorno al Centro Culturale Studentesco e godono di una certa libertà espressiva. Sarajevo invece soffre di un certo isolamento, soprattutto dal punto di vista culturale. Tra il 1984 e il 1987, Hadžifejzović darà un grande contributo allo sviluppo della scena artistica locale, invitando quasi un centinaio di artisti ad esporre presso il Collegium Artisticum e organizzando due delle più importanti mostre d’arte contemporanea: Documenti Jugoslavi, rispettivamente nel 1987 e nel 1989. Il progetto di quella che sarebbe dovuta diventare la biennale di Sarajevo sarà purtroppo interrotto nel 1991 a causa dell’aggravarsi delle ostilità tra le ex repubbliche jugoslave.
CHARLAMA: GALLERIA, COLLEZIONE, OSSESSIONE
La galleria Charlama è aperta da Jusuf Hadžifejzović nel 2012, di fronte al Collegium Artisticum, all’interno del centro culturale di Skenderija, costruito alla fine degli Anni Sessanta durante il processo di modernizzazione della città. In questo enorme spazio espositivo, uno dei più importanti e alternativi nel panorama delle ex repubbliche jugoslave, l’artista ha esposto la sua collezione privata, composta da più di 7.000 opere e quasi 140 artisti, tra cui Marina Abramović, Raša Todosijević, Mladen Stilinović, Irwin e tanti altri protagonisti della scena artistica contemporanea bosniaca.
Charlama raccoglie anche le sue opere d’arte, una miriade di oggetti d’uso quotidiano – bottiglie di plastica, cartoni del latte, pacchetti di sigarette, tappi di bottiglia ecc. – collezionati nell’arco di una vita. Hadžifejzović è infatti affezionato, e ossessionato al tempo stesso, dagli oggetti, dagli imballaggi. Non c’è nulla che non collezioni; anche le stanze del suo appartamento privato sono colme di qualsiasi tipo di materiale, nel tentativo di sconfiggere un horror vacui perenne. La galleria Charlama, di cui è direttore, rimasta chiusa per più di un anno e mezzo a causa dell’impossibilità per l’artista di pagare regolarmente l’affitto: non è solo un semplice spazio espositivo, ma un museo di storia, una Wunderkammer composta da una miriade di ricordi.
OGGETTI, PREZZI E OPERE D’ARTE
Alcuni di questi imballaggi sono stati esposti presso la galleria Duplex100m2 a Sarajevo, gestita dal gallerista francese Pierre Courtin. La mostra, dal titolo Giorgio morandi [sic], Department Store, è andata incontro a grandi difficoltà quando, da un giorno all’altro, Charlama è stata sequestrata dalla municipalità di Sarajevo perché la bolletta della luce non risultava pagata. Era quindi impossibile recuperare le opere d’arte selezionate per essere esposte. Jusuf Hadžifejzović, insieme a Pierre Courtin e al curatore della mostra Jon Blackwood, ha dovuto così trovare una soluzione all’ultimo minuto. L’artista ha quindi portato da casa confezioni di sigarette, medicine, cibo, bottiglie di plastica, di profumo, di shampoo e così via. Il tutto è stato esposto su mensole bianche, come in un supermercato.
Richiamandosi alle nature morte di Morandi, l’artista ha esposto i suoi oggetti più intimi, attraverso i quali è possibile ricostruire la sua quotidianità: quante e quali sigarette ha fumato, qual è il suo shampoo preferito, quali medicine deve prendere, quante bottiglie di birra consuma e così via. Senza pudore, e con la generosità che lo contraddistingue, l’artista ha esposto se stesso e la sua vita. Il visitatore è invitato ad acquistare quegli oggetti, allo stesso prezzo pagato dall’artista, che con i soldi ottenuti dalla vendita andrà a ricomprare la stessa confezione, promuovendo così un ciclo di scambio-vendita, un mercato dell’arte legato a prezzi “veri”, che corrispondono all’effettivo valore dell’opera.
MA LA BOSNIA NON SARÀ A VENEZIA
Quella di Jusuf Hadžifejzović è la storia di un artista che ha scelto la Bosnia-Erzegovina come patria d’elezione. Pur avendo vissuto per molto tempo in Belgio, durante la guerra ha scelto di tornare a Sarajevo e di lottare ogni giorno contro la corruzione della politica, la crisi economica, i tagli alla cultura e un ambiente conservatore, poco interessato all’arte e alla promozione dei giovani artisti. Nel 2003 ha partecipato al primo padiglione bosniaco alla Biennale di Venezia.
Quest’anno, dopo il successo del padiglione della Bosnia-Erzegovina del 2013, rappresentata da Mladen Miljanovic, il Paese non parteciperà alla Biennale. Come annunciato recentemente dal direttore della Galleria Nazionale Strajo Krsmanović, ancora una volta non ci sono i mezzi, ma forse neanche la volontà, di portare la Bosnia sulla scena internazionale.
Intanto la galleria Charlama è stata riaperta. Insieme all’elettricità, è arrivata la buona notizia che le sarà assegnato uno spazio espositivo più grande, all’interno dello stesso complesso. L’affitto dovrebbe essere sovvenzionato dalla Municipalità di Sarajevo.
Claudia Zini
https://cekacharlama.wordpress.com/
www.duplex100m2.com
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