Diavolo & acqua santa. L’erotismo in Roberto Ferri
I temi mitologici, da sempre viatico di classiche membra svestite, sono quelli che a Roberto Ferri riescono meglio. E meglio ancora se i corpi non sono del tutto umani, ma si metamorfosano difformi.
È piuttosto inevitabile, per evidenti motivi, che l’arte erotica ricorra al figurativo. Situazioni, corpi, atmosfere, nudità. E spesso è addirittura il figurativo più realista, per non dire iperrealista, quello che più tende ad attirare l’occhio guardone. Lo sapevano bene gli stessi grandi pittori dei secoli passati, persino quando realizzavano tele di argomento agiografico per committenze ecclesiastiche. E poi, diciamolo, l’aneddotica e la mitologia riguardanti il-pittore-e-la-modella sottintendono – e non ci vuole molta fantasia per convincersene – che lui lavori al cavalletto eccitato da lei che gli si stende languida e ignuda a poca distanza. Molti imbrattatele si sono imbrattati (e tuttora si imbrattano) anche le mani con la pittura solo per avere questa scusa.
Pure qui, però, bisogna saperci fare. Lasciamo perdere con le modelle, quelli sono affari privati; ma con il pubblico. Se ti dedichi al figurativo, e in particolare alla figura umana, un lungo e attento background di anatomia accademica ci sta ancora bene. E poi, ovvio, devi essere “portato”, come dicono i professori. Decisamente dotato in questo senso è di sicuro Roberto Ferri (Taranto, 1978), di formazione oltretutto in parte autodidatta. Trasferitosi a Roma ormai da una quindicina d’anni, si è reinventato un ruolo del tutto anacronistico di virtuoso caravaggesco, ma con sguardi lunghi e meditati ad altri maestri come Ingres e David, e mettiamoci anche Bouguereau e Géricault. Modelli alti, che rendono alta pure la sfida. Ma il nostro si destreggia a suo perfetto agio, si direbbe.
I temi mitologici, da sempre viatico di classiche membra svestite, sono quelli che gli riescono meglio – e meglio ancora se i corpi non sono del tutto umani, ma si metamorfosano difformi: seducenti naiadi e nereidi con pinne spinose o lunghe code di pesce, sfingi alate e dalle felpate zampe leonine, corpi nerboruti e contorti che per metà spariscono nell’ombra e a volte vedono le loro teste dissolversi per enigma nell’aria. E tra tutti questi si fa notare forse ancor di più una pingue e morbidissima Gea, ubertosa Madre Terra dalle molteplici poppe gonfie, che ti resuscita davvero il desiderio arcaico di accarezzarne il calore, di perderti in essa. Una nuova Venere di Willendorf, figura immortale dominatrice dei nostri inconsci.
Ma come i suoi predecessori di secoli fa, anche se oggi in fondo se ne potrebbe fare a meno, curiosamente il giovane Ferri lavora con fervore anche su temi religiosi, che in teoria permetterebbero meno libertà sensuali. Tuttavia lui se le prende. Osa scherzare coi santi e non solo con i fanti ben palestrati. Ad esempio quando dedica a Santa Rosalia un’estasi sospesa degna di quella, ormai archetipica, della Santa Caterina del Bernini. Impudiche purezze. La premiata ditta Sacro & Profano, nota anche come Diavolo & Acqua Santa, segna un altro punto.
Ma il bello è che questo artista che così bene sa rappresentare tecnicamente la carnalità, con le luci più giuste e l’afflato più caliente, dopo aver partecipato a manifestazioni internazionali dai titoli espliciti Naked, Erotik, Foemina (“Il seno nell’arte e nella medicina”), Kitsch Biennale e così via, ora è anche il ritrattista ufficiale di Papa Bergoglio, apprezzatissimo in Vaticano. Sfoggiando in tal caso un altro genere di virtuosismo, ovviamente.
Ferruccio Giromini
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #23
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