Call for artist. Per andare nel deserto californiano
Ubiquity Land: sono le residenze ideate da Alessandro Giuliano presso gli alloggi off grid nelle terre selvagge di Joshua Tree. Solo per artisti coraggiosi e viaggiatori. Ecco il racconto del progetto.
UNA RESIDENZA DESERTICA
Un rifugio nel deserto diventa punto di ritrovo di una comunità in movimento con l’intento di condividere spazi, idee e racconti di viaggi. È un progetto di Alessandro Giuliano (Napoli, 1974), artista partenopeo che, con piglio da esploratore, inizia questa esperienza in Yucca Valley dopo le precedenti fasi: Falesia Louge in Brasile, il loft di New York – condiviso con la comunità di artisti della periferia di Brooklyn – e Ubiquity, quest’ultimo ancora in corso, iniziato nel 2011 con lo scopo di analizzare la dimensione soggettiva dello spazio.
Si tratta di un’area di quaranta acri nei pressi di Joshua Tree, in California, interamente dedicata all’arte, che ha l’intento di ospitare artisti e creativi da tutto il mondo con lo scopo di analizzare la relazione fra arte e luoghi, ispirazione e spazio, in modo da contribuire a ridisegnare nuove mappe soggettive, basate su fattori individuali, costituite da una somma di esperienze raccolte in luoghi diversi da quello di appartenenza.
LA CARTA E IL TERRITORIO
Il progetto ha già riscosso il favore di tante persone che lo hanno sin da subito supportato, come la gallerista Pascale Goldenstein, che ha deciso di partecipare sin dall’inizio acquistando l’Airstream che accoglie gli artisti in residenza. La tipica roulotte americana di alluminio in stile Streamline è per il momento dimora di Giuliano, impegnato a condurre i lavori necessari a rendere vivibile tutta l’area, come la folle scommessa di far arrivare nella zona acqua e luce. L’obiettivo è usare tutti gli ostacoli per il conseguimento di soluzioni. D’altronde, tutta l’operazione inizia dalla decisione da parte dell’artista di lasciare l’Italia a seguito della crisi economica.
Oltre all’Airstream, l’area dispone di uno Spartan, di proprietà dell’artista (una roulotte degli Anni Cinquanta di dodici metri di lunghezza, prodotta da un ditta che fabbricava aerei, che l’artista sta restaurando da ormai quasi un anno) e un Cargo Container (che ospita un’ulteriore stanza, utile per accogliere i visitatori che vogliono collaborare in questa prima fase di costruzione del sito).
Il suggestivo spazio selvaggio, all’ombra dei cactus ribattezzati proprio Joshua dai primi mormoni giunti in America verso la Terra promessa di Giosuè, si trova in un area distante venti chilometri dagli altri insediamenti degli artisti locali, perché è più remota a causa della mancanza di servizi come acqua e luce, ma presenta caratteristiche morfologiche più varie, e soprattutto riserva la possibilità di sviluppare aree con tematiche diverse non visibili fra loro: ci sono tre valli e altrettante colline che permettono di immaginare scenari differenti che non si intralciano visivamente, come accade nella zona pianeggiante dove acqua e luce sono già distribuiti. Inoltre è collocata nel mezzo di traiettorie frequentate da viaggiatori alla scoperta della California, come la rotta fra Los Angeles e Las Vegas, a due passi da altre attrazioni come Pioneertown, un set cinematografico degli Anni Quaranta che è stato tenuto in vita con piccole attività e un saloon che ospita molti eventi musicali di rilievo nella zona, la stazione sciistica di Big Bear Mountain e la famosa Palm Spring, cittadella Art Déco fondata da star degli Anni Cinquanta come retreat desertico.
IL FUTURO DELL’UBIQUITÀ
L’idea è quella di iniziare dalla primavera prossima a pubblicare un calendario di residenze. L’area momentaneamente può ospitare un artista alla volta, selezionato in base al progetto. Una prerogativa interessante riguardo alle opere proposte potrebbe essere l’utilizzo dell’opera stessa per fini ludici o abitativi.
Alla base di tutto c’è l’idea della metafora della vita come viaggio. Ogni intervento finora presente, infatti, riconduce a un mezzo di trasporto, reale o immaginario. I riferimenti letterari sono tanti e vari: dalle visioni alternative di Philip K. Dick alla cultura beat, fino alla cultura dei rave e dei festival. Riguardo ai riferimenti artistici, sono diverse le opere che hanno influenzato Alessandro Giuliano nel corso delle sue ricerche verso l’ubiquità, in particolare un’installazione di Jona Freeman e Justin Lowe dal titolo Stray Light Grey presentata alla Marlborough Gallery di New York e il video Man in a cube che racconta la storia di Dave, uno scrittore che si è creato una casa all’interno dell’Astor Place Cube, un’opera di Tony Rosenthal situata nel cuore di New York.
Tanti i sogni e le ambizioni e anche se viviamo sempre più nel dominio dei concetti e dei principi astratti e generalizzati, Ubiquity Land invita a non dimenticare che le nostre radici stanno nell’esperienza diretta.
Donatella Giordano
info:
[email protected] – +1 (0)6464368208
coordinate (l’ultimo punto che il gps riconosce prima del deserto):
34°10’03.9″N 116°25’25.3″W
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