Dall’Archivio Viafarini. Intervista con Aldo Lurgo
Proseguono gli appuntamenti con le conversazioni tra Progetto /77 e alcuni degli artisti incontrati nell’ambito del progetto "Portfolio Review Re-enactment", in collaborazione con Viafarini. Stavolta a prendere la parola è Aldo Lurgo, autore del video “Dirti sì mi è difficile”, con protagonista l’adorata nonna e un gesto che oltrepassa i confini generazionali.
Dopo Mati Jhurry, Isabella Benshimol e Giada Carnevale e Marina Cavadini, è Aldo Lurgo (Alba, 1992; vive e lavora a Milano) a raccontare il proprio lavoro. La sua ricerca nasce dalla necessità di riflettere su quelle che vengono definite “norme di vita comune”, culturalmente e socialmente accettate, indagando sulle relazioni che si concretizzano tra opera d’arte, spazio fisico e fruitore dell’opera. Lavorando con diversi materiali, utilizzando a volte oggetti preesistenti altre volte creandoli, Aldo tenta di rendere visibili specifici comportamenti umani, con la volontà di stimolare il senso critico nello spettatore.
In Dirti sì mi è difficile, l’artista realizza un video dove è in atto un dialogo con la nonna, alla quale Aldo chiede di tatuargli alcuni disegni realizzati da lei il giorno precedente. Nonostante l’iniziale riluttanza, la nonna decide di accettare la richiesta del nipote, complice il parallelismo tra la macchinetta per tatuare e la macchina da cucire, strumento che la nonna è decisamente abituata a utilizzare.
Nel video è molto presente, soprattutto attraverso i dialoghi, l’importanza del rapporto di amore e fiducia reciproca tra te e tua nonna ed è principalmente questo il focus del lavoro. Come si sono sviluppate le riprese? Il titolo, inoltre, è un rimando a una frase che tua nonna cita all’interno del video; eri certo che alla fine tua nonna avrebbe accettato?
Il video è stato girato in un paio di settimane. Ho iniziato questo progetto pensando semplicemente che avrei registrato l’atto del tatuare, nudo e crudo, ma è stato subito divertente pensare alla reazione che avrebbe potuto avere mia nonna a una richiesta simile. Per prepararmi un po’ il terreno sono stato da lei e le ho chiesto, senza spiegarle niente in particolare, di farmi tre disegni. L’indomani mi sono presentato a casa sua e, grazie a mia sorella che reggeva la videocamera, ho registrato il momento della richiesta ufficiale. Avevo già in mente la storia intrecciata fra i meccanismi della macchina da cucire e quella per tatuare, ma l’audio registrato in quella prima situazione mi ha permesso di descrivere un momento chiave della storia. Il dialogo dal quale è stato estratto il titolo rappresenta per me è un punto molto forte, “… Credimi…”, dice, “… Dirti di no non me la sento, mi dispiace contrariarti. Ma dirti di sì mi è difficile…” e poi accetta: questo tipo di “costrizione” può essere accettato solo se alla base è presente un sentimento vero, che a volte un po’ ti “intrappola”.
Nel montaggio ho scelto di alternare a una situazione più descrittiva, di mia nonna e la macchina da cucire, una che si focalizzasse sullo scambio tra me e lei, mediato dal tatuaggio. L’audio della richiesta, come se fosse un racconto fuori campo, accompagna le immagini e, intrecciandosi al sonoro in presa diretta di parte del girato, costruisce poi l’intera narrazione.
Il rapporto tra macchina da cucire e macchinetta per tatuare è davvero molto interessante, in maniera immaginifica riesce a creare un ponte tra due generazioni molto distanti, che tu rendi visibili nel video. L’idea è partita dall’interesse per il tatuaggio, che hai successivamente associato alla macchina da cucire e a tua nonna, oppure viceversa?
In ogni mio lavoro cerco sempre delle strategie per far osservare gli oggetti, le persone e le situazioni, attivandone diverse possibilità, e il mio interesse finale è quello di generare una specie di dubbio, attivare, appunto, una sorta di senso critico.
“La nonna sarta” e la macchina da cucire, secondo me, rientrano in un immaginario stereotipato tanto quanto un “ragazzo coi dread”, adesso, con in mano la macchinetta per tatuare e, banalmente, tutti e due, possono rappresentare le rispettive generazioni.
L’associazione tra le due realtà è venuta quasi spontanea: fin da piccolo ho visto mia nonna cucire e sentito i rumori delle macchine; dal primo tatuaggio, la cosa mi ha fatto subito sorridere perché il rimando e stato immediato: schiacci un pedale e si muove un ago. Creare un ponte per me non vuol dire solo rendere visibile una distanza, ma dare la possibilità a questa distanza di essere percorsa in modo diverso.
La tua ricerca presenta un forte interesse verso lo studio delle reazioni da parte del fruitore rispetto all’opera d’arte. In Dirti sì mi è difficile quale aspetto di questo rapporto ti interessava che venisse maggiormente alla luce?
Non uso spesso il video nei miei progetti e se lo faccio mi piace raccontare delle storie in cui lo spettatore può immergersi. Dirti sì mi e difficile vuole un po’ trasportarti in una situazione comunemente considerata assurda (la nonna che tatua il nipote), la quale avviene in un luogo che tutti bene o male condividiamo o abbiamo condiviso (la nostra casa o quella dei nostri parenti) e quindi metterti “felicemente in crisi”.
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