Antonietta Raphaël: il catalogo è questo
Giuseppe Appella è uno studioso di storia dell’arte contemporanea, con incursioni costanti nel suo presente, dovute alle amicizie e alle frequentazioni con numerosi artisti della seconda metà del Novecento, da Pietro Consagra a Fausto Melotti, da Guido Strazza a tantissimi altri. Oggi è l’autore di un denso catalogo generale su un’altra artista che ha fatto storia: Antonietta Raphaël.
Lucano classe 1939 – ma romano dal 1953 – Giuseppe Appella ha appena curato per Allemandi il Catalogo generale della scultura di Antonietta Raphaël, artista legata a doppio filo alla sua esperienza personale. L’abbiamo incontrato a Otranto, in occasione della presentazione di un documentario dedicato all’editore, e suo amico fraterno, Vanni Scheiwiller.
È appena uscito il Catalogo generale della scultura di Antonietta Raphaël da te curato. Quattro anni di lavoro e una ricognizione filologica della sua ricerca plastica. Com’è organizzato il volume? Partiamo intanto dalla schedatura delle opere, che presenta naturalmente anche la bibliografia e il regesto delle esposizioni per ogni singola scultura.
La schedatura delle circa 250 sculture della Raphaël ha richiesto l’applicazione di una filologia strettissima, a partire dal capitolo dedicato a Vita, opere e fortuna critica, che prende più della metà delle pagine del libro. Questo capitolo è il cardine di ogni catalogo generale che si rispetti. Per la Raphaël bisognava mettere a posto troppe cose: data di nascita, partenza per Londra, legami con Epstein, arrivo a Roma, contributo alla cosiddetta Scuola Romana, anni passati a Genova, viaggi in Cina e in Spagna, ritorni a Parigi e a Londra, presenze in varie parti d’Italia, fusioni coeve e fusioni postume, passaggi di collezioni e così via. Per arrivare a un punto fondamentale: Raphaël è una scultrice nata e non, come vuole la leggenda, una pittrice passata alla scultura perché in casa bastava il pittore Mafai.
Raphaël ha avuto infatti anche una produzione pittorica e grafica, qual è il rapporto con quella plastica?
Come ogni artista di grande talento, Raphaël si è espressa attraverso più linguaggi interconnessi, grafica moltiplicata compresa, avendo il disegno al centro di tutte le tecniche con le quali, a volte, si è veramente azzuffata. Per lei, passare dal foglio di carta su cui provare i passaggi difficili della modellazione in creta, in gesso o in cemento, alla tela, sulla quale lasciare traccia di una famiglia tanto eccezionale quanto difficile, alla lastra o alla pietra, pronte ad accogliere le fantasie sovraeccitate del mai dimenticato paese d’origine, era tutt’uno. Una tecnica rigenerava l’altra, senza intermittenze.
Nel volume vengono analizzati anche i rapporti con Mario Mafai e altri artisti e intellettuali di area romana. Quanto hanno inciso nella sua storia?
Raphaël non era un carattere facile. E non poteva essere altrimenti, viste le prove sostenute nel corso della sua vita, fin dalla prima infanzia. L’incontro con Mafai fu determinante per entrambi, nel lavoro e nella vita. Certo, nessuno come Antonietta è riuscito a capire e a sostenere l’enorme talento di Mafai e a vederne disperse alcune potenzialità per ragioni esistenziali, per qualche lato autodistruttivo del carattere. Non è un caso se ho intitolato il testo introduttivo: Quando la famiglia si fa storia. Intorno alla famiglia Mafai-Raphaël ruota un mondo, apparentemente dimenticato, di artisti (Scipione, Manzù), poeti (De Libero, Sinisgalli), letterati (Falqui, Mezio), critici (Longhi, Ragghianti) che hanno dato e avuto, tra litigate furibonde e grandi gesti di affetto, ciò che oggi fa parte della cultura del XX secolo.
All’interno della tua attività di storico dell’arte, quello della Raphaël non è il primo catalogo generale pubblicato. Cosa vuol dire, oggi, concepire uno studio di questa tipologia?
Credo che siano più di una dozzina, ormai, i cataloghi generali ai quali sono stato dietro. È un lavoro appagante perché ti costringe a studiare, a tornare in purgatorio, a occuparti di ogni singola mostra e di ogni singola voce bibliografica, a mettere in discussione convinzioni stratificate, ponendoti, alla fine, sempre e solo davanti all’opera d’arte, quella vera, reale, da guardare, da toccare, nel suo insieme e nei particolari, e non quella che ti restituisce quotidianamente il PC attraverso le immagini inscatolate per ragioni pratiche.
Qualche anno fa mi hai raccontato che hai conosciuto Antonietta Raphaël da ragazzo. Quanto sono stati importanti nella tua vita gli incontri con gli artisti e il dialogo costante con essi? Penso a Pietro Consagra, Fausto Melotti, Andrea Cascella, Guido Strazza, Kengiro Azuma e altri.
Ho incontrato Raphaël per la prima volta quando ero ancora un giovane studente e coltivavo una passione senza limiti per la grafica. Attraverso di lei ho conosciuto Mafai e quanti, tra artisti e letterati, li circondavano. Soprattutto, trascorrendo ore nel suo studio di Via Orti della Farnesina, vedendola lavorare, sfogliando i suoi disegni, ascoltando i suoi discorsi sull’arte, i suoi ricordi, ho imparato a guardare l’opera nel suo farsi, pentimenti compresi. La lezione mi è servita anche quando l’esperienza, di anni, si è ripetuta nello studio di Melotti e di Consagra, di Scialoja e di Cascella, di Rotella e di Schifano, di Bram Van Velde e di Azuma, tanto per citarne alcuni. Questo catalogo generale è, quindi, anche un modo per restituire a Raphaël quanto oltre mezzo secolo fa mi è stato generosamente dato.
Progetti per il prossimo futuro? Sono a conoscenza della preparazione del catalogo generale di Achille Perilli, appena avviata.
È partito, da due mesi, il Catalogo generale della pittura e della scultura di Achille Perilli, dopo aver chiuso il Catalogo generale dell’opera grafica di Guido Strazza, che dovrebbe uscire entro l’anno, in vista delle mostre antologiche alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e alla Calcografia Nazionale. Contemporaneamente, sto dietro a una raccolta di saggi, dal 1975 al 2015, e a una monografia su Salvatore Cuschera, uno scultore di origine siciliana che da qualche tempo ha lasciato Milano per Londra e ha avuto in Consagra, Pomodoro e Scarpitta i suoi padrini.
Lorenzo Madaro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati