C’è una nuova fiera a Torino. Intervista su Dama
Il modello è quello di Independent, di Sunday, di Paris Internationale… Insomma, una fiera d’arte contemporanea, al traino di main event più strutturati. Con la particolarità di essere organizzata direttamente da uno o più galleristi, senza intermediazione e spesso in luoghi ben connotati, al contrario degli asettici quartieri fieristici. Ora il format arriva anche a Torino, con il nome di Dama, grazie alla proattività di Giorgio Galotti, titolare della galleria omonima.
Nei primi mesi sembrava che il passaggio da decenni di governo cittadino in mano a quello che ora si chiama Partito Democratico alla nuova giunta del M5S fosse tutto sommato piuttosto morbido. Nelle ultime settimane invece c’è stata un’accelerazione importante, soprattutto nell’ambito della cultura. L’ultimo evento in ordine di tempo, nel momento in cui formuliamo questa domanda, sono le dimissioni di Patrizia Asproni da presidente della Fondazione Torino Musei. Un commento da parte tua – non tanto sulle dimissioni, quanto sulle prospettive a livello generale del comparto arte contemporanea.
Stiamo inaugurando un progetto che si fonda sul recupero del dialogo tra operatori culturali. Fare questa domanda a me è come chiedere a Damien Hirst come ha fatto a procurarsi uno squalo bianco. La risposta è sempre la stessa: rispondendo al telefono.
Una fiera organizzata dalle gallerie e per le gallerie. Il pensiero va naturalmente ad altre esperienze simili in altri Paesi, ultima in ordine di tempo Paris Internationale. Cosa spinge a prendere una decisione del genere?
Credo sia una naturale evoluzione della specie, dettata da varie esigenze, più calibrate sulle nostre realtà. Sappiamo cosa ricercano le gallerie della nostra generazione e non abbiamo gli stessi budget delle gallerie definite “established”, di conseguenza in modo autonomo si cercano metodi espressivi alternativi per non restare compressi in atteggiamenti da “grandi”. Siamo come delle zebre sul Monte Bianco: bellissimi visivamente, ma fragili in ambienti non nostri.
Quello che succede a Parigi oggi è già successo a Londra cinque anni fa e a Basilea vent’anni fa, dipende dall’età del territorio. Credo che Torino sia ormai matura per provare a sviluppare un progetto alternativo che possa incrementare il potenziale di quel periodo. Se il progetto è di qualità, è sintomo di benessere.
DAMA è una fiera d’arte contemporanea allestita in un palazzo storico. Perché questa scelta? E – domanda complementare – credi che la classica location fieristica abbia stufato?
È abbastanza chiaro che ci sia stato un abuso del sistema fieristico, che funzionava bene quando questi appuntamenti presumevano una selezione dei partecipanti e si svolgevano 2-3 volte all’anno. Ma oggi è tutto compromesso. Le gallerie che sembrano più solide da un giorno all’altro chiudono o si fondono ad altre, le fiere sono diventate quasi tutte accessibili per chi dispone di buoni budget. Le gallerie inoltre lavorano quasi solo per le fiere. Alcune realtà hanno stand più grandi dei loro spazi in città, altre non hanno neanche più uno spazio fisico eppure non rinunciano alle fiere. La cosa più assurda che sta prendendo piede ultimamente sono le classifiche dei “booth imperdibili”. Dove sono finite le “mostre imperdibili”?
Per questo con DAMA siamo partiti dall’idea di dissociarci dal concetto di fiera e associarci nel fare qualcosa per gli artisti e per i nostri collezionisti, creando un nuovo modello di galleria condivisa, senza infiniti documenti da compilare o selezioni a cui applicare, ma soprattutto ponendo gli artisti di fronte alla possibilità unica di confrontarsi con ambienti storici e complessi.
Se il Ministero ti chiedesse un parere su come agevolare il comparto, quali consigli daresti? Penso soprattutto alle questioni fiscali, al diritto di seguito e via discorrendo.
Innanzitutto incoraggerei delle agevolazioni per chi promuove e supporta gli artisti italiani. Ci sono diversi esempi di governi esteri che offrono finanziamenti a fondo perduto a quelle realtà che presentano gli artisti nazionali fuori dai propri confini.
Poi consiglierei di fare una classificazione, distinguendo coloro che promuovono il processo di crescita degli artisti – con mostre, concerti, pubblicazioni e tutto ciò che occorre a un artista per essere considerato tale – da coloro che ne prendono solo i risultati commerciali. Le realtà che fanno puro commercio senza prendersi dei rischi culturali è giusto che paghino le medesime tassazioni di chi vende elettrodomestici di lusso, automobili o tappeti: dopotutto sono oggetti difficili da vendere anche quelli.
Se dovessi sinteticamente citare tre aspetti per i quali DAMA va visitata, quali sceglieresti?
zang-tumb-tumb-zang-zang-tuuumb
tatatatatatatata
picpacpam
pacpacpicpampampac
uuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu
ZANG-TUMB
TUMB-TUMB
TUUUUUM
Marco Enrico Giacomelli
Torino // dal 3 al 6 novembre 2016
inaugurazione il 2 novembre ore 18-22
D.A.M.A.
PALAZZO SALUZZO PAESANA
Via della Consolata 1bis
[email protected]
http://d-a-m-a.com/
MORE INFO:
http://www.artribune.com/dettaglio/evento/57181/dama/
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