L’arte del collezionismo. Intervista a Carlo Palli
Parola a uno dei collezionisti più vulcanici della scena nostrana, legato alla città di Prato da una lunga storia professionale. Un’esistenza all’insegna di svariate passioni artistiche e incarichi, evocati in questa intervista.
La sua passione per il collezionismo affonda le radici nella filatelia, trasformandosi poi in un vero e proprio mestiere dalle tante sfumature. Lui è Carlo Palli (Prato, 1938), in pensione dal 2009 eppure impegnatissimo come ideatore di mostre e rassegne che coinvolgono il suo prezioso archivio, in Italia e all’estero.
Il suo archivio è sicuramente uno dei più importanti, in Italia e non solo, per numero di opere e per peculiarità dei temi trattati. Come definirebbe questo suo caleidoscopico patrimonio?
Devo dire che la mia è una raccolta viva, costituita da corpi e sottocorpi di cui individuo sempre nuovi volti. Poiché però non la concepisco come un qualcosa di autoreferenziale, miro a diffondere fra il pubblico le varie collezioni della mia raccolta. In effetti, presa nella sua totalità, si tratta di un grande insieme di nomi, argomenti, tipologie d’opera. Al suo interno si possono individuare più collezioni, ognuna delle quali esplora un settore dell’arte contemporanea, ad esempio Fluxus oppure la Poesia Visiva o ancora il Nouveau Réalisme. Fra gli aspetti particolari, la collezione di rinoceronti, che, da assiduo frequentatore dei mercatini, ho notato trovarsi difficilmente in questi contesti. L’ho messa insieme sia acquistando qualcosa nei mercatini, come detto, sia grazie a quegli artisti che, conoscendo questa mia passione, nel tempo mi hanno donato le loro opere con protagonista questo animale, realizzate appositamente per me.
Un archivio che parte da lontano. Come nasce Carlo Palli collezionista?
Da ragazzo mi piaceva collezionare francobolli di Italia, San Marino e Vaticano. In sintesi posso dire che l’arte è stata per me prima di tutto un mestiere, nel senso che in questo settore ho fatto praticamente di tutto. Ho infatti mosso i primi passi come mercante d’arte a Prato negli Anni Sessanta; nel decennio successivo, e fino al 1979, ho gestito due gallerie stagionali, al Lido degli Estensi in estate e a Roccaraso in inverno, dove mi occupavo di organizzare aste di opere d’arte. Nel 1979, invece, rilevai a Prato la Galleria Metastasio, che tenni fino al 1988. In quegli anni, fui presente alle più importanti fiere d’arte internazionali, ed essendo a così stretto contatto con l’arte contemporanea, iniziai a muovermi nel mondo del collezionismo.
Poi cosa successe?
Quell’esperienza poi si concluse, perché entrai alla Farsettiarte come libero professionista e mentre mi occupavo delle aste e dell’organizzazione delle mostre, mi lasciai sempre più trasportare dalla passione per l’arte, anche grazie ai tanti artisti che ho potuto conoscere di persona. Dopo la Farsettiarte ho diretto il dipartimento di Arte moderna e contemporanea della Finarte di Venezia fino al 2009, anno del mio pensionamento; da allora, mi occupo a tempo pieno del mio archivio, nato, come si vede, sulla scia della professione.
Presso la Biblioteca San Giorgio di Pistoia si è appena conclusa la sua mostra sul libro d’artista. Come è nata l’idea?
Premetto che possiedo circa un migliaio fra libri d’arte, libri oggetto e libri d’artista, che toccano vari settori dell’arte contemporanea. Ho avuto l’idea di esporli al pubblico di volta in volta, a gruppi di cento, con lo scopo di avere delle pubblicazioni che documentino questa collezione. La prima esposizione Rigorosamente Libri si è tenuta nel 2016 alla Fondazione Banca del Monte di Foggia, seguita da Libro. Libri d’Artista, Libri d’Arte, Libri Oggetto dall’Archivio Carlo Palli che ha aperto ufficialmente l’anno di Pistoia Capitale Italiana della Cultura 2017 alla Biblioteca San Giorgio. Entrambe le mostre hanno ottenuto un buon successo di pubblico. Al momento, sono già pronte altre mostre di libri per quelle istituzioni che vorranno ospitarle. Non escludo inoltre, in futuro, di organizzare mostre del genere, però selezionando i libri per argomento e non come semplice miscellanee di autori.
Lei collabora molto anche con istituzioni straniere. Ad esempio a Bratislava si è da poco conclusa Viva Italia! Arte italiana del XX e XXI secolo, la mostra sugli ultimi sessanta anni dell’arte italiana con opere del suo archivio. Come ha vissuto questa esperienza?
Si è trattato di una vetrina molto prestigiosa, essendo inserita nell’ambito della nona edizione del Festival italiano Dolce vitaj e patrocinata dal Ministro della Cultura della Repubblica Slovacca, Marek Maďarič e dal sindaco di Bratislava, Ivo Nesrovnal. Sono state esposte opere di novantotto artisti fra i più importanti della scena nazionale, fra i quali Pistoletto, Spagnulo, Cucchi, Chia, Paladino, Boetti, Baj, Angeli, Schifano, Agnetti, eccetera. Credo sia stata una grande occasione per far conoscere l’arte italiana contemporanea in questo lembo d’Europa Orientale. La stessa mostra, sarà in aprile a Sofia, e anche questa volta si tratterà di una vetrina internazionale di tutto rispetto per i nostri artisti.
Guardando al passato recente, quali sono le mostre che le hanno regalato le maggiori soddisfazioni?
Sicuramente Men and Women in Fluxus. In Celebration of the 50th Anniversary, è stata una mostra di grande qualità, anche per la pubblicazione che l’ha accompagnata. Poiché negli anni ho seguito gli sviluppi di questo movimento, possiedo adesso una discreta collezione in materia. In occasione del cinquantesimo anniversario della nascita di Fluxus (1962/2012) il Kaohsiung Museum of Fine Arts, nella Repubblica di Taiwan, allestì una bellissima mostra e la pubblicazione che ne seguì, a detta di molti critici, fu giudicata fra le migliori di quell’anno in fatto di arte contemporanea. Un’altra esperienza che posso citare, risale al 2012, quando a Buenos Aires (che quell’anno fu Capitale del Libro UNESCO), si tenne, al Museo di Arte Moderna, Palabras Imagenes y otros Textos. Dal mio archivio arrivarono le opere di Poesia Visiva, Fluxus e dintorni che vennero accostate a quelle dei loro colleghi argentini.
Infine, mi piace ricordare ITALIA FRANCIA L’Innocence du réel che si tenne a Pietrasanta dal luglio al settembre del 2013 presso il Museo dei Bozzetti, e che indagava l’intreccio dei rapporti intercorsi fra gli artisti francesi e le botteghe artigiane versiliesi, e quelli degli artisti italiani con gli artigiani francesi. Anche in quell’occasione, prestai numerose opere di artisti francesi e italiani e, nonostante i tempi ristretti con cui la mostra fu realizzata, ne venne fuori una rassegna di alto livello, accompagnata da una bella pubblicazione.
Anche Vitamine, la mostra itinerante di opere di piccolo formato su tavoletta, ha ottenuto un buon successo nei musei di tutta Italia fra il 2015 e il 2016. Una collezione però assai insolita. A cosa deve la sua ideazione?
Dobbiamo risalire all’epoca in cui Cesare Zavattini frequentava Fiesole, ed era diventato molto amico di Aldo Frangioni, che all’epoca ne era sindaco. Da appassionato d’arte, Zavattini era anche amico di molti dei più importanti artisti italiani, dai quali si era fatto donare, negli anni, l’autoritratto di ognuno, su tavoletta in formato 10×8. Nel 2012, in occasione dei centodieci anni dalla scomparsa di Zavattini, Fiesole, su iniziativa di Frangioni e Paolo della Bella, volle omaggiarlo invitando altrettanti artisti a realizzare un’opera su tavoletta del medesimo formato. Riuscirono però a radunare novanta artisti, per cui chiesero la mia collaborazione per invitare i venti mancanti. Cosa che feci di buon grado, e la mostra che ne scaturì, presso la Galleria 0.96, ebbe notevole successo.
Quali evoluzioni ebbe il progetto?
Nel 2013, 111esimo anniversario della scomparsa, venni incaricato di curare una replica della mostra invitando altri centoundici artisti. Tuttavia, osservando le opere che mano a mano mi venivano riportate, ne rimasi affascinato, per cui decisi di chiedere ai medesimi artisti un’opera su tavoletta, però in formato 10×15. Con il tempo, ne ho raccolte 466, che sono diventate un’altra collezione del mio archivio, coinvolgendo anche musicisti, intellettuali, direttori di musei, italiani e stranieri. Fra il 2015 e il 2016, la collezione è stata ospitata per un giorno in numerosi musei italiani; giornate che ho voluto fossero degli eventi speciali, e oltre alla pubblicazione del catalogo, sono state accompagnate da performance di vari artisti.
Quali ricordi la legano a Prato?
Prima di tutto la donazione di circa 250 opere fatta al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci con una mostra di sei mesi e un bellissimo catalogo Primo Piano, parole, azioni, suoni, immagini da una collezione d’arte. Poi, Synchronicity. Contemporanei, da Lippi a Warhol (a Palazzo Pretori, dal settembre 2015 al gennaio 2016) è una mostra che ricordo con piacere perché legata a questo aneddoto: prestai diverse opere, fra cui una di Michelangelo Pistoletto, Venere Maria – Nudo color seppia, che fu collocata alle spalle delle sculture di Lorenzo Bartolini, presenti nella collezione permanente. Il curatore Stefano Pezzato, scrivendo della mostra su una rivista pratese, la accostò a capolavori quali la Venere d’Urbino di Tiziano, la Maya desnuda di Goya, Olympia di Manet, suggerendo l’idea che se i secoli passati avevano avuto la loro Venere, il Novecento aveva quella di Pistoletto. Una considerazione che mi fa apprezzare ancora di più questa splendida opera.
Quali altre iniziative ha in serbo per i prossimi mesi?
La primavera 2017 vede molti progetti che coinvolgono il mio archivio. La città slovacca di Žilina ospiterà una mostra di dipinti di Emilio Isgrò, provenienti dalla mia collezione. Vilnius, invece, accoglierà una mostra sulla poesia visiva al femminile, che in autunno arriverà anche a Roma, a Palazzo Poli. Anche a Prato è previsto qualcosa, poiché in occasione dell’apertura di un nuovo spazio espositivo, sul quale non voglio adesso dire di più, è prevista una mostra con le mie opere di Hermann Nitsch.
Infine, un ambizioso progetto che coinvolge le contrade senesi che corrono il Palio. Su di esse e sul Palio si è già scritto molto; la mia idea, è quella di proporre un punto di vista nuovo, ovvero quello dell’arte contemporanea. In breve ognuna delle diciassette contrade si distingue per un particolare simbolo o motivazione storica che stanno alla base della sua nascita tanti secoli fa. Vorrei quindi organizzare, in ognuna delle contrade, una mostra d’arte contemporanea con opere del mio archivio, che siano appunto rispondenti all’identità delle contrade. A ognuna di queste, vorrei anche dedicare un volume che racconti sia la mostra sia la sua storia. Al momento il progetto ha mosso i primi passi, vediamo cosa riserverà il futuro.
Come valuta il nuovo corso del Centro Pecci e il dialogo che ha saputo instaurare con la città?
Come socio onorario del Centro Pecci, posso solo essere contento della ripresa che ha avuto in questi ultimi tempi. L’ampliamento, con la struttura progettata da Maurice Nio, giova sicuramente al suo status di grande museo che, sotto la direzione di Fabio Cavallucci, è effettivamente diventato tale. Quasi ogni giorno, al Pecci si susseguono eventi culturali di vario genere, dalle proiezioni cinematografiche alle presentazioni editoriali, dagli incontri sull’arte alle performance teatrali. Mi sembra che la città si sia finalmente accorta del suo Centro per l’Arte Contemporanea, anche perché Cavallucci ha saputo creare un’aspettativa nel pubblico e non ha tradito le attese. Un merito, questo, che gli deve essere riconosciuto.
Trova degna di attenzione la scena artistica pratese contemporanea?
Vedo una città estremamente viva, con tanti giovani che si propongono con le loro idee, siano artisti, fotografi, curatori. Ancora una volta, il ruolo del Pecci è stato importante, perché con il progetto TU35 ha dato visibilità a giovani artisti e curatori di tutta la Toscana, non soltanto di Prato. E ancora, Dryphoto, Officina Giovani e la Corte di Via Genova restano luoghi molto attivi, dove si tengono mostre, incontri, presentazioni di vario genere. Un clima che fa bene alla città, e che spero non sia un fuoco di paglia.
– Niccolò Lucarelli
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