A Pechino è tempo di Gallery Weekend. Intervista a Thomas Eller
Thomas Eller, direttore dell’inedita rassegna che sta per debuttare nella capitale cinese, ne racconta origini e dettagli. Sottolineando la necessità di ristabilire una stretta connessione fra artisti, curatori e gallerie.
A Beijing, dal 17 al 19 marzo, si svolgerà la prima edizione di Gallery Weekend. 14 gallerie e quattro istituzioni museali parteciperanno alla prima edizione di un format del tutto nuovo per la Cina.
Abbiamo incontrato il direttore della rassegna, l’artista tedesco Thomas Eller, che ci ha spiegato l’importanza e il significato dell’evento attraverso una profonda riflessione sul ruolo delle gallerie e sul loro rapporto con gli artisti locali.
Per organizzare una rassegna di tale calibro, devi conoscere bene la scena artistica di Pechino. Com’è iniziata la tua esperienza in Cina?
Era il 2005, ero appena tornato a Berlino dopo la mia lunga esperienza a New York. Mi capitò di incontrare una persona appena rientrata da Pechino che mi disse: “Devi assolutamente vedere, quella città è fantastica!”. Subito pensai che la Cina non fosse qualcosa che mi potesse riguardare: avevo appena iniziato un progetto editoriale con Artnet, la rivista d’arte di cui ero diventato direttore. Un mese dopo ho incontrato nuovamente questa persona e abbiamo parlato in modo più approfondito della Cina e della sua scena artistica.
A quel punto presi contatto con un po’ di persone e, nell’arco di quattro, cinque anni, raccolsi più di trecentosessanta articoli sul contesto artistico cinese. Nel 2006 la Central Academy of Fine Art di Pechino mi invitò a una conferenza e da quel momento tornai spesso in questa città.
Poi cosa accadde?
Il turning point fu nel 2013 quando mi chiesero di curare un’importante mostra a Berlino. Nell’inverno di quell’anno mi trasferii a Pechino per incontrare diversi artisti. La primavera successiva realizzammo una grande mostra, con ventitré artisti e la partecipazione di Ai Weiwei, evento che ha riscosso un sacco di attenzione e che mi ha fatto pensare che Pechino non fosse poi così male. Mi sono trasferito e durante la scorsa estate è nata l’idea di un Gallery Weekend a Pechino.
Com’è nata questa idea?
Discutendo con alcune gallerie ho accolto le lamentele sul fatto che a Pechino non ci fosse nessun evento artistico rilevante. Mentre a Shanghai ci sono importanti rassegne (due fiere, una biennale), qui non c’è nulla del genere. Abbiamo così iniziato a pensare a un Gallery Weekend…
Il format ormai è conosciuto in tutto il mondo. Pensi che a Pechino un Gallery Weekend possa funzionare?
Beh, ora ci sono milioni di Gallery Weekend in tutto il mondo, ma non significa che il format funzioni in ogni città. Il concept ha seguito in un luogo in cui gli artisti vivono e lavorarono per davvero. Berlino, per esempio, è un posto di questo genere e per tale motivo il format ha avuto un grande successo. Penso che Pechino sia il luogo ideale. Qui ci sono così tanti grandi artisti che non hanno l’occasione di farsi vedere, di emergere. A Berlino era la stessa cosa prima del Gallery Weekend, poi si è innescato un meccanismo positivo tra artisti e gallerie e qualcosa è cambiato. Io conosco bene le persone che hanno concepito il format di Berlino perché ho collaborato con loro dal 2006 al 2008, quindi mi sento di poter affermare che anche Pechino abbia delle buone potenzialità.
Scendendo più nello specifico, perché Pechino avrebbe bisogno di una rassegna del genere?
A Pechino i centri di produzione artistica, gli studi degli artisti sono lontani dalla vita mondana. Fare arte, qui, è ancora qualcosa di autentico: gli artisti possono vivere, lavorare, essere creativi senza tradire l’originalità della produzione artistica. Un Gallery Weekend è una chance per gli artisti emergenti di essere conosciuti, un’occasione per essere introdotti a un’audience più ampia di collezionisti, curatori ed esperti d’arte. È un’opportunità anche per il mondo occidentale, per un pubblico non cinese, di vedere come la produzione artistica qui sia cambiata. Penso siano la città e il momento giusto per questo tipo di evento. Il format, poi, permette di apprezzare il lavoro autentico di un artista, lavoro che in una fiera non verrebbe compreso a pieno: una mostra allestita in una galleria, da un curatore, restituisce il senso completo della produzione artistica.
Come gestirete la scelta dello spazio destinato agli eventi comuni rispetto ai due centri artistici della città (798 Art District e Caochangdi District)?
Considerando che tredici delle diciotto istituzioni artistiche che parteciperanno hanno sede al 798, la Gala Dinner e i momenti comuni della rassegna si svolgeranno qui.
Però è un vantaggio che Pechino abbia due centri artistici in cui trovano sede la maggior parte delle gallerie. Anche Berlino ha tre o quattro centri artistici. La situazione a Shanghai, invece, è più dispersiva, quindi avrebbe meno senso organizzare un evento del genere lì.
Quindi le partecipazioni saranno diciotto. C’è stata una selezione all’origine dell’evento?
Per questa prima edizione ho voluto contenere il numero dei partecipanti. Sin dall’inizio avevo in mente un’ipotetica lista di gallerie, che alla fine si è materializzata. Ci son state anche altre gallerie che avrebbero voluto aderire, ma ho pensato che troppe partecipazioni alla prima edizione non avrebbero creato lo stesso impatto. Anche a Berlino hanno iniziato con poche gallerie, se non sbaglio una quindicina – ora penso siano cinquantatré, ma c’è da tener presente che tutto è iniziato come un piccolo evento per i collezionisti. La gente doveva andarci per un reale interesse e per una vera esperienza in termini di arte. Pechino, secondo me, ha le stesse potenzialità della Berlino del tempo. Bisogna crescere lentamente ed essere sicuri della qualità. L’anno prossimo sarà più chiaro a tutti che cosa sia un Gallery Weekend.
Come mai la scelta di coinvolgere anche alcune istituzioni museali?
Ecco, questa è una bella domanda. In realtà non ci ho nemmeno mai pensato… Sono soddisfatto della lista dei partecipanti e ho dato per scontato che invitare musei di tale calibro fosse una bella occasione per Pechino. Sono istituzioni importanti per la città, che hanno una riconosciuta autorevolezza e delle forti connessioni con il mondo occidentale. Sono istituzioni che hanno influenzato molto i giovani artisti. Anche se loro non vendono arte, sono dei luoghi privilegiati in cui osservare la direzione che sta prendendo la produzione artistica, quindi ho voluto renderli partecipi del programma.
Durante l’evento sarà premiata la galleria che ha ospitato la migliore mostra. Che significato ha questo premio?
Vorrei subito precisare che il premio non sarà in denaro. Alla galleria vincitrice sarà offerta una pubblicazione gratuita. In questo modo artista e galleria avranno modo di lavorare assieme; sarà un momento di collaborazione che rafforzerà il loro rapporto. Alla fine questo è il nostro obiettivo, questo è quanto vogliamo supportare: la sinergia tra artista, curatore e galleria.
Questo, a mio parere, serve per rendere le gallerie più consapevoli del loro ruolo nel supportare gli artisti. Questo è il tipo di sistema che vogliamo creare con il Gallery Weekend di Pechino, così che anche il collezionista possa capire, supportare e sostenere questo meccanismo a lungo termine. Penso che questo tipo di evento aiuti a costruire relazioni positive; la storia dell’arte contemporanea, dopotutto, è stata scritta anche da questo tipo di meccanismo. Gallerie e artisti che crescono assieme.
– Giorgia Cestaro
www.gallery-weekend-beijing.com/web
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