Il boom dei Musei Civici di Bassano. Intervista alla direttrice
La retrospettiva dedicata a Robert Capa ha da poco aperto i battenti, confermando il respiro sempre più internazionale che anima il polo dei Musei Civici di Bassano del Grappa. Di questo e di molto altro abbiamo parlato con la direttrice dell’istituzione veneta, Chiara Casarin.
Hai assunto l’incarico direttivo presso i Musei Civici di Bassano poco più di un anno fa. Puoi fare un bilancio di questi mesi?
Nei primi mesi del mio incarico a Bassano ho preso coscienza dell’enorme potenzialità che questi musei hanno. Collezioni dall’archeologia al Novecento – passando per Canova, Jacopo Da Ponte, Hayez, Artemisia Gentileschi, Guariento, Longhi al Museo Civico; collezioni naturalistiche al Palazzo Bonaguro; le ceramiche al Museo Roi e l’incisione e stampa al Museo Remondini. Un patrimonio di grande portata che andava assolutamente valorizzato. L’attenzione si è focalizzata sulle modalità di acquisizione di un nuovo pubblico, realizzando un ufficio comunicazione dedicato alla divulgazione delle attività che sono state potenziate in un programma fitto di eventi espositivi e culturali. I dati che abbiamo recentemente raccolto per un bilancio interno ci gratificano molto: gli ingressi, così come gli incassi, sono aumentati del 30% nella media di tutte le sedi nei primi sei mesi del 2017 rispetto agli stessi del 2016, nonostante abbia introdotto la gratuità per i residenti. Un indicatore positivo, certamente, ma non mi ritengo ancora soddisfatta, la strada da fare è ancora lunga.
Quali criticità da ridimensionare e quali punti di forza da valorizzare hai riscontrato nell’organismo museale ricco di storia che ora dirigi?
Le tradizionali modalità di gestione museale, non adatte a questi tempi di forti contrazioni dei finanziamenti pubblici, avevano destinato l’attività museale alla cerchia di studiosi già fidelizzati con attività consolidate da tempo. L’unica vera criticità riscontrata era dunque la “chiusura” del Museo nei confronti delle proposte esterne, dei privati, la mancanza di relazione con altre realtà museali del territorio e non e, soprattutto, il disinteresse per una “visione” aggiornata.
Un aspetto su cui abbiamo lavorato e stiamo lavorando molto, quasi in via esclusiva, è stato tessere un circuito virtuoso che ora consente al polo museale bassanese di dialogare con gli altri. Il grande pregio di questo polo bassanese è ora, quindi, la sua disponibilità a essere centro di condivisione e di partecipazione, a diventare il nodo di una rete culturale e che sia crocevia tra le grandi città circostanti come Vicenza, Trento, Verona, Treviso, Padova e Venezia e tra le principali istituzioni culturali italiane. Abbiamo da poco attivato accordi e convenzioni con il Muse di Trento, Palazzo Chiericati di Vicenza, i Musei Civici di Treviso e il Museo Hemingway di Bassano.
Il tuo percorso lavorativo include anche esperienze come curatrice. Il tuo approccio alla curatela ha un riflesso sul taglio che hai deciso di dare alla programmazione dei Musei?
Certamente. Se i progetti che si costruiscono e si propongono al pubblico non sono calati dall’alto ma contestualizzati nelle ricchezze della cultura del territorio, allora funzionano. Utilizzare le modalità proprie del contemporaneo, anche invitando giovani artisti per installazioni site specific o organizzando cicli di incontri sull’arte dell’ultimo secolo, può essere molto utile per valorizzare l’antico ed è quanto abbiamo visto possa far funzionare un Museo come questo. Tutte le attività hanno un approccio diretto con le tradizioni artistiche del territorio e mirano alla valorizzazione delle collezioni ma, utilizzando il contemporaneo come strumento oltre che come fine, si riesce a raggiungere un pubblico più ampio e giovane.
Abbiamo annesso di recente una nuova sede espositiva, la Torre delle Grazie, che è destinata esclusivamente a esposizioni di artisti contemporanei organizzate da me o da giovani curatori. Nel Chiostro del Museo Civico, da ottobre dell’anno scorso per la 12ma Giornata del Contemporaneo di AMACI, abbiamo un turn over costante di installazioni: Antonio Riello, Enrico Benetta, Giovanni Casellato e ora sarà il turno di Michelangelo Penso.
La retrospettiva di Robert Capa ha un respiro internazionale. Guardare all’estero è uno dei tuoi obiettivi?
Sì, ci rivolgiamo a quel pubblico che viaggia e che attraversa i confini perché Capa è un nome di risonanza mondiale e in futuro i Musei di Bassano del Grappa potranno essere un centro d’attrazione finalmente conosciuto, anche per la produzione culturale contemporanea. La mostra di Robert Capa ci ha innanzitutto permesso di lavorare in team con la Casa dei Tre Oci di Venezia, che in Veneto ma anche nel resto d’Italia è un punto di riferimento per la fotografia. Sempre nell’ottica di creare relazioni e di condividere progetti, la mostra di Capa è l’occasione per rinsaldare i rapporti con Venezia e con quel turismo culturale che non si fa fermare da un’oretta di treno.
Quali origini ha avuto la mostra e come è organizzata? La collaborazione con la Casa dei Tre Oci di Venezia è destinata a protrarsi nel tempo?
L’idea di collaborare con la Casa dei Tre Oci e con Manfrotto ha portato rapidamente a scegliere uno dei massimi esponenti della fotografia dell’agenzia Magnum Photos. Più di una ragione mi ha indotto a credere in questo progetto. Innanzitutto il protagonista, Robert Capa, che con i suoi scatti di guerra può, in questo delicato momento storico, toccare le corde e rappresentare per immagini i timori di ciascuno di noi. Un occhio sensibile e sfrontato allo stesso tempo, che può insegnare a guardare il mondo in modo diverso. La potenza comunicativa delle immagini deve sempre essere mediata da un occhio rispettoso, anche se i soggetti ritratti sono immersi in cruenti conflitti.
Il Museo Civico di Bassano del Grappa ha anche un fine formativo generale, non solo storico-artistico, e le strategie di valorizzazione del patrimonio si innestano nella programmazione di mostre su temi e autori che abbiano lasciato un segno nella storia dell’ultimo secolo. Mi auguro che la collaborazione con Tre Oci e Civita sia solo all’inizio, le premesse e i nuovi progetti di cui stiamo parlando ne sono un importante segnale.
Di chi si compone l’attuale pubblico dei Musei di Bassano e a chi vuoi rivolgerti? Dobbiamo riconoscere il grande affetto di un pubblico locale che non manca mai. A questo folto gruppo di utenti fidelizzati, che ha risposto con entusiasmo alle nuove attività, si è affiancato il pubblico più giovane (non solo in termini anagrafici) delle proposte sul contemporaneo.
Ci rivolgiamo, a seconda delle attività, a pubblici diversi integrando la programmazione con spazi, attività, laboratori e visite guidate anche a diversamente abili di ogni tipo, consentendo l’accesso nelle sale espositive alle attività di danza per i malati di Parkinson nel progetto Dance Well e organizzando percorsi culturali per appassionati e specialisti. Ora stiamo elaborando un percorso di “godimento” del museo anche per i non vedenti e non udenti. Cerchiamo, in sostanza, di non aver barriere né di tipo fisico, né progettuale.
I Musei di Bassano sono pubblici. Cosa pensi del supporto di sponsor ed entità private nella realizzazione di eventi espositivi?
Proprio perché si tratta di Musei Civici abbiamo subito scelto la gratuità per i residenti e quasi tutte le attività si sono avvalse del contributo di sponsor. Dalla realizzazione della breve guida ai Musei Civici e alle loro collezioni, dal nuovo sito alla mostra di Capa, tutto è stato possibile grazie anche al sostegno di alcuni privati che hanno individuato nelle nuove potenzialità del Museo una buona strategia per la comunicazione delle loro specifiche filosofie aziendali. Non si tratta di un mero scambio denaro-visibilità. Alcuni progetti sono costruiti insieme e servono a rispondere alle esigenze culturali così come a quelle imprenditoriali. Due facce, indivisibili, della macchina della cultura italiana d’oggi.
E sul fronte dei finanziamenti pubblici? Su quale range di budget possono contare i Musei Civici di Bassano?
La situazione a Bassano equivale a quella di tutte le altre città italiane, ma con una piccola importante differenza: a Bassano vivono 45mila persone e vi si trovano 4 musei, 5 sedi espositive e un polo museale ora in costruzione. Numeri che fanno pensare piuttosto a una città di grandi dimensioni. È grazie all’importanza data dall’amministrazione locale alla cultura che queste strutture possono garantire costantemente una buona offerta al pubblico. Le fondazioni bancarie, i fondi regionali per la cultura e le partnership con aziende costituiscono di fatto il portafoglio dei Musei.
Un’ultima domanda: quali sono i tuoi riferimenti museografici? Ovvero, a quali modelli di museo ti rifai nella gestione del tuo incarico direttivo?
Il primo pensiero, di tipo geografico, che ho avuto quando mi si è presentata l’occasione di candidarmi a Bassano l’ho rivolto all’Escorial. Io abitavo a Venezia, San Luca per la precisione, e vedevo questo trenino che mi portava in pedemontana esattamente come quello che da Madrid conduce al magnifico monastero come un collegamento “quasi” interno alla città. È sulle grandi dimensioni che dobbiamo sempre rapportarci per crescere.
In Italia non ho un riferimento unico e preciso, ci sono molte realtà di grandissimo interesse che lavorano bene ma i miei modelli sono quelli che riescono ad abbinare le collezioni antiche con una programmazione sul contemporaneo e abbiamo visto quanto stiano crescendo negli ultimi tempi…
‒ Arianna Testino
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