Pittura naturale. Intervista a Giovanni Frangi

Villa Carlotta, sul Lago di Como, si veste delle suggestioni di Giovanni Frangi. Lungo un percorso narrativo in dialogo con il parco museale.

A Tremezzina, sul Lago di Como, il gioiello architettonico di Villa Carlotta, dal rinomato parco botanico secolare, inaugura la nuova stagione, ospitando fino a giugno la mostra Urpflanze di Giovanni Frangi (Milano, 1959). Noto per il suo rapporto con la natura e le sue installazioni site specific, Frangi ha sviluppato un suggestivo percorso espositivo, che si snoda lungo tre assi fondamentali, in costante dialogo con il paesaggio esterno e l’edificio di fine Seicento.
Al primo piano sono esposte alcune tele tratte dai cicli Pasadena, creato per l’Huntington Botanical Garden in California; Ansedonia, che rievoca il bosco di Mario Schifano; le Ninfee d’ispirazione impressionista e, in conclusione, Alles ist Blatt, sintesi della sua produzione artistica. Il tentativo di fusione tra lo spettatore e l’ambiente circostante, operato da Urpflanze, ribalta il concetto di white cube e si arricchisce al secondo piano di sculture astratte in gesso che, rievocando un’antica stanza delle meraviglie, si affacciano sulle stanze ricche di capolavori classici. L’epilogo del viaggio è consegnato al parco, che ospita Sherazade, Cacao e Nobu, opera distintiva di Frangi.

Giovanni Frangi, Selvatico, 2018

Giovanni Frangi, Selvatico, 2018

L’INTERVISTA

Urpflanze, la pianta originaria. Quale ruolo riveste questo titolo ispirato a Goethe all’interno della tua indagine?
Ho pensato che fosse un titolo molto adatto per una mostra in cui la natura è protagonista, perché Urpflanze è qualcosa che ci conduce alla pianta originaria, a una forma primordiale, a una natura che pervade tutte le cose che ci circondano. In realtà le forme delle piante non smettono di affascinarmi, hanno qualcosa di magico.

Urpflanze propone opere ispirate alla natura e immerse nell’elemento stesso, scartando il concetto di mostra in stile white cube. Quali sono i motivi di questa scelta?
Da sempre i luoghi hanno fatto scattare un mio meccanismo creativo, si può dire che lavoro quasi sempre, e certo con maggior energia, su dei progetti. Cerco di creare un dialogo con gli ambienti e in questo caso mi sembrava di giocare in casa. La grande galleria del primo piano, lunga più di trenta metri, con quelle magnifiche finestre che si affacciano sul parco, mi ha suggerito l’idea di fare questo gruppo di quarantanove  piccole sculture con delle forme organiche che un po’ sembrano rami e un po’ animali. Sono fatte di resina e gesso e poi dipinte come delle escrescenze di quadri materici. Mentre al piano ammezzato ho cercato di creare un percorso diviso in cinque stanze in cui ognuna raccontasse una storia precisa, da Ansedonia alle Ninfee su fondo nero.

Cosa distingue Villa Carlotta dalle altre location in cui hai lavorato e cosa di conseguenza ti ha permesso di esprimere di diverso o semplicemente in aggiunta al percorso creativo usuale?
Credo che l’aspetto più affascinante sia la sua posizione; dal suo interno i punti di vista cambiano e sono sorprendenti col variare della luce. E proprio per questa ragione ho pensato di collocare di fronte a una grande finestra Sant’Andrea, una scultura jukebox, che avevo realizzato per la mia mostra dell’anno scorso a Palazzo Fabbroni, in cui da un visore è possibile vedere l’altra sponda del lago poco prima di Bellagio trasformata da un filtro fatto a strisce di colore trasparente.

Giovanni Frangi. Urpflanze. Installation view at Villa Carlotta, Tremezzina 2018

Giovanni Frangi. Urpflanze. Installation view at Villa Carlotta, Tremezzina 2018

I tuoi dipinti creano una scenografia in dialogo con le stanze di Villa Carlotta, senza modificarne gli arredi. Questa immersione non arriva al camouflage, all’affresco su parete come nel caso di Leonardo nella stanza delle Asse di Castello Sforzesco, rivestita di intrecci vegetali, ma resta fedele allo spazio e alla fisicità del quadro. La tridimensionalità dell’opera è pertanto un elemento significativo?
Ho sempre cercato un dialogo tra l’opera e chi la guarda, in rispetto del luogo. In questo caso ho pensato di non appendere i quadri alle pareti ma di metterli su delle strutture autoportanti, un po’ come avevo fatto a Napoli al Museo Archeologico: diventano come dei quadri macchina che si possono spostare a seconda di come gira la luce nella stanza, si vedono le trasparenze delle tele e si scoprono anche i quadri visti dal retro.

La wunderkammer di Villa Carlotta rivive un momento di meraviglia e creatività, in cui le opere da lei proposte lasciano spazio allo stupore e immaginazione del pubblico, così come l’intervento sulla douglasia restituisce linfa vitale alla pianta morta attualmente presente nel parco. Come sono nate queste opere?
La douglasia, pianta mastodontica abbattuta l’anno scorso per motivi di sicurezza perché malata, rappresenta, così distesa sul prato, la potenza della natura selvatica in un contesto in cui tutto è più addomesticato. Così ho pensato di realizzare delle liane fatte con le tele che uso per dipingere i quadri, cucite e legate tra loro con delle corde, al fine di creare una specie di serpente a colori che la circonda. Poi qua e là nel parco ho disperso delle altre sculture quasi nascoste, come se fossero lì da sempre.

Elena Arzani

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Elena Arzani

Elena Arzani

Elena Arzani, art director e fotografa, Masters of Arts, Central St. Martin’s di Londra. Ventennale esperienza professionale nei settori della moda, pubblicità ed editoria dell’arte contemporanea e musica. Vive a Milano e Londra.

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