Arte e musica d’avanguardia alle OGR di Torino. Intervista a Daniele Galliano
Tutto è nato da un concerto di John Cale e dei suoi Velvet Underground, programmato per le OGR di Torino. Da lì, l'idea si è sviluppata in una rassegna su New York, con tre performance e la partecipazione del torinese Daniele Galliano come ritrattista live dell’evento. Lo abbiamo intervistato.
Hai contribuito con i tuoi live painting alla veste visiva del primo capitolo, dedicato a New York, della nuova rassegna musicale sulle grandi capitali dell’avanguardia, Avantgarde Portrait. Un ciclo di concerti alle OGR, curati da Fabrizio Gargarone, che hanno visto susseguirsi Blonde Redhead (17 febbraio), John Cale (3 marzo) e Arto Lindsday (17 marzo). Come è nata la collaborazione con le OGR?
È nata da un’idea di Fabrizio Gargarone. L’idea di organizzare un live painting era nell’aria da tempo e ha cominciato a prendere corpo con la prospettiva di un concerto di John Cale, programmato per le OGR, che avrebbe dovuto portare le canzoni dei Velvet Underground. Che il nuovo tempio torinese dell’arte si aprisse a contaminazioni di questo tipo era già di per sé una cosa straordinaria, per la quale ho dato la mia totale disponibilità.
Poi con il tempo l’idea si è concretizzata in una rassegna su New York, con i tre concerti citati, e la mia partecipazione come ritrattista live dell’evento.
Che tipo di esperienza è stata?
Conosco i tempi dell’arte e poco quelli del mondo della musica, e di come vengono organizzate le date e i tour. La ibridazione delle arti è sempre un momento di interazione unico, dove, unendo le discipline, si può creare un’opera amplificata a livello sensoriale, creando un progetto sinestetico.
Ma questo si può fare con la frequentazione tra gli artisti, seguendo un’idea comune e non improvvisandola in una sera, con a disposizione poco più di un’ora, stando dentro a una scaletta precostituita.
La mia velocità di esecuzione e la mia capacità di adattarmi alle situazioni e di fare di necessità virtù, non disgiunta dalla potenza di fuoco schierata dalle OGR, in merito allo staff eccezionale messomi a disposizione, hanno fatto sì che le tre serate si siano arricchite di una performance pittorica, narrativa dell’evento che ha dialogato con la musica del gruppo e il pubblico, con una pittura “alla prima”, senza disegni preparatori, senza possibilità di ripensamenti, fresca e veloce, con scelta di medium di volta in volta diversi (olio, tempera, smalti e conegrina) a seconda del risultato che mi ero prefissato di ottenere.
Quali sono stati i feedback con i musicisti? Come avete interagito, prima, durante, dopo?
Per esempio, poco tempo dopo la performance dei Blonde Redhead, Kazu e la loro manager mi hanno chiesto di poter usare l’immagine del dipinto da me realizzato come poster per il loro nuovo show newyorkese.
Oltre a dipingere sei tu stesso un musicista, con il ruolo di armonicista nella band torinese Totò Zingaro, che è un po’ la summa della storia della musica underground cittadina. Ci racconti questo tuo lato “nascosto”?
Quando la musica arriva ad avere un ruolo cosi salvifico nella vita è inevitabile finirci dentro e da spettatore andare sul palco come musicista. Soprattutto quando si incontra gente come Luigi Domizio e i suoi Totò Zingaro, una famiglia di musicisti straordinari provenienti dall’underground cittadino, underground nel quale sguazzo da sempre.
Alle OGR hai messo in campo una “pittura dal vivo”, mediata dalle telecamere che ti riprendevano mentre dipingevi le esibizioni dei musicisti. Come hai lavorato? Avevi un canovaccio di qualche tipo?
Confesso di essermi allenato un po’. Realizzare un’opera in poco più di un’ora è un’impresa notevole, ma, essendo la mia cifra stilistica basata sulla velocità, era possibile. Mi sono quindi preparato con tre ipotesi di lavoro che permettessero a me di realizzare un’opera compiuta mantenendo freschezza di esecuzione, narrazione, casualità e improvvisazione.
Avevo già avuto in altre occasioni la possibilità di sperimentare il live painting, con personaggi del calibro di Saturnino e Livio Mignani, Giovanni Portaluppi, ma in quelle occasioni loro suonavano lasciandosi trasportare dalle mie suggestioni pittoriche, mentre in questo caso dovevo stare io dietro alla loro narrazione, che per altro conoscevo bene, a partire da John Cale e i Velvet Underground che avevano contribuito, insieme a molti altri, a rendere più sopportabile la vita e a instillare in me il desiderio di collaborare con la musica in qualsiasi modo. Le serate sono cresciute, poi, come due eventi paralleli (di uguale peso specifico) che si incontravano a livello visivo e sonoro dialogando e duellando.
Tu stesso ti sei avvalso delle riprese dei concerti e del pubblico fatte in presa diretta. Non pensi che in questo modo sia però mancata la dimensione del palco, con il rischio che la tua pittura diventasse meramente accessoria alla musica? In altre parole: come si sarebbe potuto far interagire e dialogare realmente le due discipline, mettendole alla pari? Se dovessi fare una proposta alle OGR, come la struttureresti?
Questa apertura delle OGR è stata coraggiosa e proficua e spero possa avere un seguito, facendo diventare quella fantastica struttura un luogo di contaminazione delle arti. Certo, pensare di fare un lavoro con i musicisti sarebbe fantastico, questo però si può fare quando non c’è un oceano di mezzo, ma quando si arriva a conoscersi e frequentarsi e non certo improvvisando. Se mi commissionassero una performance, qualche idea ce l’avrei.
La tua partecipazione proseguirà anche nei prossimi capitoli o è stato un unicum legato alle affinità con la musica proposta in questi primi tre live?
La mia partecipazione o di qualche altro artista, qualora la rassegna dovesse avere un seguito, sarebbe una bella cosa, bella per gli artisti, i musicisti e soprattutto per la città.
‒ Claudia Giraud
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