Nudità, clubbing e Polaroid. Intervista a Christian Boaro
Una valigia piena di Polaroid, il desiderio di raccontarsi e una mostra a zero inibizioni. Ne abbiamo parlato con Christian Boaro, designer di moda per maison come Versace, Dolce & Gabbana e ideatore del progetto “The Naked Truth” al PlasMa di Milano: 300 scatti prodotti negli ultimi dieci anni che uniscono soggetti colti nella loro nudità, provenienti dalla strada, dai club, dai social o dai viaggi di lavoro.
“Tutte le mie ossessioni sono identificabili con la bellezza, in ogni sua forma. Ho deciso di metterle insieme, quasi a scriverne un’unica storia, la mia”. È da una necessità di racconto che prende vita il progetto concepito da Christian Boaro, The Naked Truth, opera fotografica in cui arte, sessualità ed emozione tentano di spiegare la propria verità. È una sfida che parte dalla riflessione e che rintraccia negli incontri la vera essenza: “Il bello mi attrae, mi emoziona, tanto da condizionare molte delle mie scelte. La bellezza non è un sentimento univoco; sperimentarne i mille punti di vista ha fatto sì che mi mettessi in gioco. La scelta dei soggetti è stata istintiva: era l’impatto visivo a convincermi, la connessione si stabiliva una volta che iniziavamo a scattare”.
Una raccolta di 300 Polaroid, quella in mostra al PlasMa (spazio espositivo del Plastic di Milano), in cui istinto e fato hanno definito una moderna epopea volta a tradurre la realtà contemporanea: “Ho volutamente inserito albini, asiatici, ragazzi di colore senza tener conto della loro sessualità perché in alcune persone avverto tuttora un sentimento d’inadeguatezza e incomprensione, talvolta di razzismo. Tutto questo è anacronistico!”. Il giusto controllo della luce e l’impiego di differenti pellicole Polaroid hanno permesso di definire un viaggio espositivo in cui rimandi a culti apparentemente distanti ‒ come quello della dea Oshun – s’incrociano con simbologie convenzionali della religione cattolica, mettendo in atto una velata ma potente provocazione.
Complice una visione post-moderna della Genesi, in cui Adamo ed Eva vengono personificati da un uomo gay e una donna transessuale, il concetto di unione scopre un’accezione priva di costrizioni e per questo ancora più viva.
REALTÀ E CLUBBING
Persone reali, e non modelli, quelli che Boaro ha incontrato nel corso degli anni e che ha voluto privare dei vestiti, paradigma e paradosso dell’essere umano: “La nuda verità è ciò che siamo disposti a raccontare di noi stessi. A volte è un vero duello, altre un compromesso, una fusione, uno scambio reciproco. Molti si sono aperti; chi non lo ha fatto è riuscito ugualmente a trasmettere la propria storia”. Li ha incrociati durante i suoi viaggi di lavoro come designer, conosciuti gravitando attorno alla scena clubbing milanese o semplicemente scovati attraverso i social, decidendo di farsi carico dei loro occhi e delle loro sensazioni:
“Alcuni hanno semplicemente alimentato il proprio ego, altri si sono messi a nudo anche con se stessi, per la prima volta. L’imbarazzo iniziale era palpabile da entrambi i lati dell’obiettivo; successivamente ho imparato a superare l’ostacolo che il mezzo può rappresentare ed è lì che è iniziato il dialogo”.
Costantemente ispirato dal lavoro di artisti diversi come Mapplethorpe, Warhol e Caravaggio ‒ vissuti inquieti ma prolifici di bellezza –, Christian si è assunto il rischio di plasmare un percorso a metà strada tra scultura e pittura, in cui far coesistere la sua parte introspettiva e il forte legame con l’arte: “Con le parole ho sempre avuto difficoltà, dunque preferisco esprimermi attraverso le immagini. Non voglio presentarmi come un fotografo; questa è solo un’ulteriore forma del mio sentirmi ispirato”.
La scelta di scattare in Polaroid è frutto dell’attimo di condivisione che s’instaura durante l’attesa del risultato: “Il suono di una macchina Polaroid è unico, ti obbliga a esserci in quel preciso istante. Ogni scatto è irripetibile, non post-producibile. Una vera sfida con sé stessi: puoi piacerti oppure no”.
Sono settanta i ritratti che dominano lo spazio principale della mostra; in alcuni le teste appaiono tagliate ma le mani sono sempre presenti. Le mani comunicano naturalezza e sensualità, la stessa che Boaro riconosce nelle schiene: “Sono molto legato a questo gruppo, nato per caso quando in fase di scelta mi sono reso conto di averne inconsapevolmente scattate tante. Mi piaceva l’idea di rappresentare il ritratto in un modo non convenzionale, d’indagare la persona da un altro punto di vista”.
LIBERTÀ E STRANIAMENTO
Il forte desiderio di libertà trova piena espressione nell’allestimento della mostra stessa, inclusiva e disorientante al punto da estraniarti dalla realtà. Un coinvolgimento sensoriale in cui musiche da requiem e un costante senso di tepore sembrano inglobare lo spettatore e canalizzarlo verso questa pluralità di ritratti: “Tener conto dello spazio mi ha permesso di proporre una visione non troppo invasiva, o carica. Ho pensato che un’alternanza di forme geometriche, visivamente ritmiche, aiutasse lo spettatore a non stancarsi. Volevo coinvolgere tutti i sensi, conferire un’accennata inquietudine”.
Lo spazio espositivo del Plastic è lo scenario esemplare per rappresentare questa potente espressione di personalità. L’arte da sempre incontra la vita notturna mettendo in atto un reale scambio. Il clubbing, congiuntura attraverso cui muta la nostra attitudine e la percezione che abbiamo di noi stessi, viene nobilitato conferendo all’arte una nuova versione di sé.
La verità di Christian è quella raccontata tramite le persone che ha immortalato, i loro atteggiamenti e gli sguardi talvolta sfuggenti. Ciò che ha donato di lui sono le scelte, il tempo scandito tra la vita a Milano e i suoi viaggi verso casa e tutti i sentimenti che possano esistere, poiché non è facile fingere quando si è in due. La nuda verità è la promessa di bellezza che facciamo a noi stessi, e che in tutti i modi cerchiamo di non disattendere.
‒ Marco M. Latorre
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