Villa Panza e la sua collezione. Intervista alla direttrice Anna Bernardini
Bene FAI dal 1996, la villa e la collezione appartenute al mecenate Giuseppe Panza di Biumo fanno da sfondo a mostre ed eventi che ne valorizzano le origini, come la rassegna tuttora in corso dedicata a Barry X Ball. Di questo e di molto altro abbiamo discusso con la direttrice Anna Bernardini, in carica dal 2007.
Villa Panza a Varese è emblema di un collezionismo illuminato e, oggi, sede espositiva versatile. Vuole ripercorrere in breve la storia della villa?
La villa varesina è celebre nel mondo grazie alle potenti intuizioni del collezionista Giuseppe Panza di Biumo che qui, conquistato e ispirato dalla caleidoscopica e potente luce e dal connubio perfetto tra architettura e natura, tra ambienti interni ed esterni ha concepito la propria collezione d’arte, che per intuizione e originalità risulta oggi un unicum nel panorama internazionale, frutto di una progressiva e coerente ricerca di carattere prettamente filosofico che dal 1955 fino al 2010 lo ha portato a raccogliere circa 2.500 opere.
Quando e come avvenne la donazione della villa al FAI?
Nel 1996 Giuseppe e Giovanna Panza e i figli donano Villa Menafoglio Litta al FAI ‒ Fondo Ambiente Italiano con l’intento di consegnare intatta ai posteri non solo l’abitazione, ma anche il patrimonio artistico in essa raccolto per metterlo a disposizione del pubblico e trasmetterlo alle generazioni future. In occasione della donazione al FAI, Panza progetta l’allestimento di tutti gli ambienti, definendo il posizionamento preciso di ogni singolo oggetto, arredo, dipinto o scultura: un lavoro paziente e meticoloso, che il collezionista ha svolto con amore e dedizione, consapevole dell’importanza di una coerente visione del palinsesto delle singole stanze, una regia complessiva che rappresenta il compimento di un processo iniziato anni prima; sin dai primi Anni Sessanta, infatti, Panza aveva focalizzato la sua attenzione sul display dell’opera negli spazi. Il FAI, dopo un’impegnativa campagna di restauri, nel 2000 ha aperto la villa e il parco al pubblico e ne ha preso in carico la conservazione, la gestione e la valorizzazione. Il caso di Villa Panza fotografa dunque una congiuntura unica in cui il rapporto tra mecenate e istituzione è stato frutto di una reciproca collaborazione e i cui esiti sono oggi trascritti in maniera limpida negli allestimenti temporanei e permanenti di Villa Panza.
La villa fa da cornice a mostre ed eventi di arte contemporanea. Quali criteri orientano il palinsesto espositivo?
Oggi il FAI, con il prezioso supporto del Comitato dei garanti di Villa e Collezione Panza, valorizza la figura di Giuseppe Panza, la sua collezione e l’identità della villa come laboratorio di sperimentazione di criteri museografici innovativi, attraverso una programmazione di mostre temporanee, attività, progetti didattici, ma anche con l’acquisizione di opere d’arte site specific. In particolare, dal 2012 a oggi, la progettazione culturale è stata pensata per creare ed evidenziare un dialogo continuo e costante tra la collezione permanente e i grandi artisti contemporanei, già intercettati da Panza o assimilabili al collezionista per sensibilità, tematiche e visioni. Un excursus che per sommi capi ha inizio con la mostra dedicata a Bill Viola (2012), dove le opere dell’artista americano hanno dialogato con l’humus della collezione in un percorso di spiritualità tra luce, colore e misticismo e, attraverso Aisthesis. All’origine delle Sensazioni (2013) ‒ in collaborazione con il LACMA di Los Angeles ‒, in cui i lavori in mostra hanno raccontato la ricerca di Robert Irwin e James Turrell e il fecondo rapporto con il loro mecenate, giunge nel 2016 a Robert Wilson. Tales, un progetto denso e complesso che esplicita le sottili affinità che legano la sua poetica visionaria e minimalista a quella del collezionista. In ultimo, lo scorso aprile, in collaborazione con il Castello Sforzesco di Milano, abbiamo presentato The End Of History, la prima retrospettiva di Barry X Ball, scultore californiano classe 1955. È stata l’occasione per esporre, ancora una volta, il lavoro di un artista che fu già dai primi Anni Ottanta supportato da Panza. Fino a oggi, la strategia è stata quella di aver individuato i valori che questo luogo esprime ed averli moltiplicati attraverso differenti e molteplici azioni, creando un percorso di valorizzazione coerente con l’identità del luogo.
Qual è stata la sfida per lei, come direttrice, nel mettere in mostra le opere di Barry X Ball?
Con la retrospettiva di Barry X Ball l’intento è stato quello di mettere in mostra, ancora una volta, il lavoro di un artista la cui sensibilità altamente raffinata, insieme alla ricerca della purezza della luce e della spiritualità, hanno incontrato la visione etica ed estetica di Giuseppe Panza, che ne divenne importante collezionista e sostenitore. Affinità celebrata da Barry nel potente Pseudogroup of Giuseppe Panza (1998-2001): un insieme di nove ritratti realizzati da un calco del volto del suo collezionista oggi esposto per l’occasione al Castello Sforzesco di Milano. Tuttavia, con la svolta figurativa che Barry avvia nei primi Anni Duemila, le strade di artista e mecenate si separarono; la sfida principale nel progettare questa mostra è stata dunque quella di far dialogare, mediante connessioni e cortocircuiti, l’intero corpus della produzione artistica di Barry – compresa la sezione di opere figurative ‒ con gli ambienti della villa e con le opere della collezione permanente.
L’idea allestitiva è consistita nel presentare le opere non in ordine cronologico, ma in una sequenza di installazioni site specific che, attraverso le diverse forme e i diversi materiali utilizzati, sottolineassero la sostanziale coerenza della ricerca di Barry dal 1982 a oggi.
Che tipo di riscontro sta ricevendo la mostra da parte del pubblico?
La mostra sembra riscuotere un buon interesse. Infatti elementi come la tecnica innovativa che unisce la progettazione virtuale e la modellazione al computer con l’intaglio e la levigatura dei dettagli a mano, l’uso di materiali inusuali nella pratica artistica contemporanea incuriosiscono anche visitatori che non abitualmente frequentano il museo.
Il percorso di visita che conduce il pubblico in una sequenza vorticosa di immagini, rimandi e suggestioni tra presente e passato, in cui la potenza vitale delle opere genera spaesamento e meraviglia, è un’esperienza che il pubblico sembra assimilare e trasmettere.
Siamo dunque molto contenti di questo anche nell’ottica di aprirci sempre di più a nuovi target.
Nell’arco del suo incarico direttivo, quali strategie ha messo in campo per rendere Villa Panza una meta culturale di richiamo?
Sono a Villa e Collezione Panza come direttore dal 2007. L’iniziale stretta collaborazione con Giuseppe Panza mi ha permesso di comprenderne l’approccio e il metodo; la concezione aperta e dinamica del suo collezionismo, inteso come esercizio critico sul campo, come sostegno diretto e concreto alla creatività degli artisti e come avventura intellettuale e percorso spirituale. Al mio arrivo Villa Panza accoglieva 20mila visitatori ed era un luogo che, a sette anni dall’apertura al pubblico, necessitava di una nuova progettazione volta, da un lato, alla valorizzazione e moltiplicazione dei singoli valori espressi da Giuseppe Panza attraverso la sua collezione e, dall’altro, di un riposizionamento del museo nei principali circuiti nazionali e internazionali. I primi anni, affiancata da Giuseppe, sono stati quindi un’importante occasione per comprendere e assimilare la vocazione di questo luogo. Dopo la sua scomparsa, l’attenzione è stata concentrata sulla definizione dell’identità e del posizionamento, inoltre forte è stata l’urgenza di stringere o riattivare rapporti di collaborazione e scambio con le più importanti istituzioni museali nel mondo, con le quali sono stati realizzati progetti di alta qualità coinvolgendo artisti di richiamo internazionale. In ultimo, raccogliere il testamento di Giuseppe Panza significava continuare ad accrescere il valore della sua collezione, obiettivo che abbiamo perseguito attraverso la realizzazione e l’acquisizione di opere d’arte site specific che potessero dialogare con gli spazi della villa. Dopo aver riportato questo luogo al centro delle vicende museali italiane e internazionali lavorando con grande coerenza e qualità, la sfida successiva è stata quella di connettere il museo al suo territorio di riferimento, mettendolo in relazione con luoghi e istituzioni e operando in sinergia con la città di Varese, i suoi cittadini e gli stakeholder locali, rendendo così la villa fulcro di un sistema. Nel 2017 Villa e Collezione Panza ha accolto oltre 60mila visitatori.
Quali logiche di finanziamento e fundraising segue Villa Panza?
È stato da subito evidente che, per poter sviluppare appieno il potenziale di Villa e Collezione Panza, fosse necessario individuare un partner e non solo uno sponsor che condividesse i nostri obiettivi. Nel 2012 JTI (Japan Tobacco International) ha deciso di supportare il FAI e questa collaborazione ha permesso una pianificazione e programmazione di respiro internazionale. Da allora ci affianca nello sviluppo di grandi progetti espositivi in linea con la vocazione del bene e volti a valorizzare la collezione permanente e la figura di Giuseppe Panza. Tuttavia, nel corso degli anni, abbiamo potuto anche contare sulla collaborazione di finanziatori privati, aziende e istituzioni pubbliche che hanno contribuito alla realizzazione di singoli progetti.
Com’è organizzato lo staff da lei diretto? Da quanti membri è composto e che tipo di evoluzione ha avuto nel tempo?
Al mio arrivo le funzioni del personale erano orientate alla gestione ordinaria della villa con un approccio multidisciplinare. Dapprima sono intervenuta per cercare di definire ruoli e funzioni valorizzando le inclinazioni e le attitudini di ciascuno, operazione che è andata di pari passo con lo sviluppo della stessa struttura amministrativa della Fondazione. Il museo ha oggi una struttura organizzativa molto snella. Siamo in pochi e le unità operative si suddividono tra la manutenzione di interni ed esterni (villa e parco), la conservazione della collezione permanente, le attività di accoglienza, comunicazione e marketing, il controllo di gestione, oltre a un piccolo nucleo di persone dedicate alla programmazione e al coordinamento dell’attività espositiva. Il tutto con il supporto degli uffici della sede centrale di Milano.
Che cosa ha in serbo il futuro di Villa Panza?
L’obiettivo è consolidare e accrescere il posizionamento della villa attraverso la moltiplicazione di progetti espositivi e di valorizzazione della collezione, l’incremento di attività, lo sviluppo di strategie di marketing, comunicazione e fundraising, ma anche attraverso un lavoro determinato e tenace volto al mantenimento di standard d’eccellenza in campo conservativo nell’ottica di un progressivo aumento del numero di visitatori. Cruciale sarà poi perseguire l’ampliamento della collezione permanente con progetti site specific.
Nell’immediato, quindi nel 2020, cade il decennale della morte del Giuseppe Panza e per questa occasione il FAI intende celebrare e approfondire la sua figura di mecenate, studioso e museografo per rendere riconoscibile al pubblico il suo valore. Sarà un anno di celebrazioni con nuovi allestimenti all’interno del percorso di visita, una rassegna di incontri, conversazioni e convegni. Nuovi progetti espositivi completeranno il percorso di indagine e studio sulla sua ricerca e sulle sue fonti di ispirazione.
‒ Arianna Testino
www.fondoambiente.it/luoghi/villa-e-collezione-panza
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