Buon compleanno Artissima! Torino si veste di arte e celebra i primi 25 anni della fiera
Edizione importante e particolarmente attesa quella del 2018 della kermesse, che promette un programma ricco di interessanti novità
La venticinquesima edizione di Artissima sta per inaugurare all’OVAL di Torino. Un’edizione speciale, dato che ricorre il i 25° compleanno della fiera di arte contemporanea, che in questi anni si è dedicata alla sperimentazione e al supporto degli artisti emergenti italiani e internazionali, e che avrà come fil rouge “il tempo” (Time is on our side – Il tempo è dalla nostra parte). Un tempo non inteso come nostalgica memoria del passato, ma come sua celebrazione, con gli occhi bene aperti sul futuro. 195 le gallerie presenti, provenienti da 35 paesi, 60% delle quali straniere. Nuovi progetti speciali e 4 sezioni curate, tra cui spicca la grande novità di quest’anno, Sound, di scena presso le OGR Officine Grandi Riparazioni. Al timone della manifestazione è per il secondo anno Ilaria Bonacossa, con cui abbiamo parlato nei giorni precedenti l’inaugurazione.
Sei al secondo anno di direzione di Artissima: si è più agitati la seconda volta che si va “in scena”?
Più sollevati. La seconda volta si ha più chiaro che gioco si sta giocando. Prima dell’anno scorso non avevo mai curato una fiera d’arte contemporanea e ci sono state molte cose da imparare. Oggi conosco meglio meccanismi e tempi, è più facile far passare un’opinione senza il timore di poter sembrare una persona che dice da subito “faccio a modo mio”. Il lavoro con il team della fiera è davvero stimolante e ha dato vita a una manifestazione creativa, allegra, giovane, di ricerca.
Questa edizione coincide con il 25 anniversario della fiera…
Senza dubbio l’anniversario contribuisce alla vivacità di questa edizione, e sono particolarmente contenta perché avremo (cosa non ovvia a Torino) 15 gruppi di patrons dell’arte in visita da tutto il mondo.
Cosa ricorderemo del passato di Artissima in questa edizione?
Abbiamo lanciato sui social delle storie divertenti, 25 interviste a personaggi rilevanti della storia di Artissima: 5 direttori, 5 curatori, 5 collezionisti e 10 galleristi. Per il resto, la fiera guarda al futuro.
C’è anche una campagna-video in cui i loghi di ogni edizione Artissima sono cuciti su abiti.
Per l’anniversario abbiamo pensato a un’immagine grafica, resa dall’idea del mettersi addosso la storia.
Se l’anno scorso hai istituito la sezione Disegni, quest’anno hai pensato a Sound, che si svolgerà presso le OGR. Come è nato il progetto?
Sound è un esperimento su cui mi sono impuntata già dall’anno scorso, quando ho scoperto le OGR. Musicalmente parlando non mi reputo molto colta, ma sono sempre stata colpita dai lavori col suono di artisti con cui mi sono trovata a lavorare, installazioni come quelle di Susan Philipsz o Tomàs Saraceno. Trovo che questo tipo di opere creino una forza empatica che supera tante barriere: in queste opere ti ci ritrovi, non hai bisogno di conoscere per forza l’arte o la storia. Forse viviamo anche un momento sociale particolare in cui, a forza di essere tutti registi o fotografi, il sonoro, di ritorno, torna vivo.
Cosa vedremo alle OGR?
Opere di grande varietà tra cui lavori in cuffia, che suonano a intervalli di tempo, opere azionate dal pubblico. Gli spazi del Duomo e del Binario 2 delle OGR ricordano una cattedrale, il che aiuta la dimensione empatica.
Sezione ormai consolidata Back to the Future: chi è da tenere d’occhio?
Ignasi Aballì, presentata da Elba Benitez di Madrid e Ruth Wolf-Rehfeldt, presentata da Chertludde di Berlino.
Che percorso ci consigli per goderci la fiera?
Tra i progetti speciali consiglio di non perdersi il primo appuntamento di “Artissima Experimental Academy”, DAF Struttura, curato da Zasha Colah. Dopo la visita nella sezione delle gallerie passerei alle sezioni curate, e poi alle New Entries, sezione di cui siamo particolarmente contenti perché dedicata alle gallerie di qualità che fanno fatica a emergere. Per questo la sezione ha istutuito anche un premio, la prima edizione del New Entries Fair Fund powered by Professional Trust Company, un fondo triennale a supporto delle giovani gallerie, che quest’anno ha selezionato la ADA-project di Roma,
This Is Not a White Cube a Luanda in Angola, e Cecilia Brunson, galleria cilena recentemente aperta a Londra.
Quando è avvenuto il tuo primo contatto con l’arte contemporanea?
Un amico collezionista mi portò alla Biennale di Venezia del 1999, la prima curata da Harald Szemann. Fu una grande sorpresa. Mia madre è una restauratrice di quadri antichi e l’arte è sempre stata parte della mia vita. Forse è per questo che i luoghi dove mi sento meglio in assoluto sono i musei. Ma il mondo dell’arte contemporanea mi rese gasatissima!
Sei milanese, e Torino è già entrata nella tua vita quando sei arrivata alla Fondazione Sandretto nel 2003. Come ti appariva questa città?
Ho vissuto Torino al suo meglio, con le Olimpiadi, con il Festival del Cinema (prima che nascesse la manifestazione romana), il Salone del Libro. Ci sono arrivata nel momento giusto, durante le grandi mostre realizzate delle istituzioni private. Patrizia Sandretto Re Rebaudengo è un modello di manager culturale. Potrebbe fare esclusivamente la patron ma invece è sempre presente in Fondazione: non vive in un castello dorato ma è coinvolta in tutto ciò che succede intorno, e ti insegna a intercettare le energie della città. Tra l’altro rispetta molto la separazione dei ruoli, fa lavorare i curatori.
Alla Fondazione Sandretto hai collaborato con Francesco Bonami.
Francesco lavora con il metodo americano, super efficiente, in cui non si perde mai tempo e si ci si prende anche dei rischi sugli artisti. Lui lascia loro carta bianca per fare cose nuove. Sceglie gli addendi di una storia che poi si scrive da sé, in base alle energie degli artisti.
Oggi come vedi Torino?
Cambiata, sull’onda di una crisi identitaria del paese. Anche se le sue vere forze rimangono nelle fondazioni bancarie che investono in progetti culturali. Dunque il sistema Torino tiene, e si riflette anche su Artissima, dove c’è una forte sinergia tra musei e fondazioni private.
Dopo l’esperienza torinese, come fu tornare nella tua città natia?
Sono tornata a Milano dopo la nascita della mia seconda figlia, lavorando come curatore freelance. Milano è un po’ l’eccezione, è come una bolla dorata, di soldi e di investimenti, anche se molti progetti restano vincolati alle istituzioni private. A Torino i progetti culturali sono legati al tessuto sociale.
Dopo Milano è arrivata Genova, qui hai diretto Villa Croce…
Genova è una città di una bellezza sconvolgente e finché non la vivi non immagini quanto sia meravigliosa. Purtroppo, quando la politica si intromette nelle questioni culturali, crea danni. La città è in una situazione di crisi e grave stallo. Ed è anche un po’ defilata rispetto a Torino e Milano perché non ancora inserita nel contesto dell’alta velocità.
– Umberta Genta
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