Musica d’arte e da club. Intervista con Hans Berg
Al Mart di Rovereto è in corso la più ampia rassegna mai dedicata in Italia al duo svedese Djurberg & Berg, autore di grandi installazioni immersive. Ne abbiamo parlato con l’anima musicale del progetto, Hans Berg.
Lei ha vinto nel 2009 il Leone d’argento alla Biennale di Venezia, dopo aver esposto nelle più importanti istituzioni internazionali come la Tate Modern di Londra o il Centre Pompidou di Parigi. Lui è un musicista, produttore e compositore, particolarmente noto negli ambienti dell’elettronica e della sperimentazione. Insieme costruiscono grandi installazioni immersive, veri e propri paesaggi dell’assurdo che indagano le dinamiche e le contraddizioni del nostro tempo. Stiamo parlando del duo svedese Nathalie Djurberg (Rättvik,1978) e Hans Berg (Rättvik,1978), ora in Italia, in mostra al Mart di Rovereto, nella seconda tappa del progetto che coinvolge Moderna Museet e Schirn Kunsthalle, Frankfurt. Abbiamo intervistato Berg.
La tua musica aiuta a immaginare il non detto delle creazioni surreali e inquietanti di Nathalie Djurberg, sembra assecondarne il flusso narrativo. Come avviene la vostra collaborazione che risale al 2004? Da chi parte l’idea? Nasce prima la storia o la musica?
La maggior parte delle volte Nathalie ha un’idea, per un film o un’installazione, inizia a lavorarci su e ne parliamo molto insieme. La discussione non riguarda necessariamente il lavoro in sé, ma i temi che lo circondano. E quando lei comincia a lavorare, seguo da vicino quel processo e inizio a costruire le mie idee e pensieri sulla musica, i sentimenti che voglio trasmettere, e comincio a lavorare sulla costruzione di una tavolozza di suoni e ambienti musicali per l’opera finale. Quando Nathalie ha terminato il suo lavoro, ricevo il file del film e produco la musica direttamente al suo interno. Alcune volte ho composto la musica prima, e Nathalie ha reagito a quei suoni, il che può essere un bel cambiamento.
Come compositore e producer, ti muovi tra ambient, techno, elettronica e dance. Quanto la tua musica da club influenza il tuo lavoro con Nathalie e viceversa?
All’inizio pensavo di mantenere questi due aspetti abbastanza separati, ma dato che sono solo una persona ovviamente arte e musica si influenzano a vicenda. Ma è soprattutto negli ultimi anni che l’ho capito e questa consapevolezza l’ho usata molto di più; è un valore aggiunto per entrambi i mondi. Portare la musica d’arte nella musica da club e viceversa è un processo molto più interessante per me; a volte è un incontro inaspettato che apprezzo molto. La musica da film è totalmente libera, senza idee preconcette su cosa dovrebbe essere, mentre la musica da club spesso segue uno schema, o un genere, quindi è fantastico poterle combinare per creare qualcosa di nuovo.
Qual è il tuo background artistico? Chi ti ispira nella musica e chi nell’arte?
Sono un autodidatta, ho sempre fatto musica, ma quando ero più giovane non pensavo che potesse diventare qualcosa che mi desse da vivere; ero troppo spaventato e non avevo abbastanza fiducia in me stesso per prendere la decisione di studiare musica, per esempio. Ma ora, da quando ci lavoro, non sono nemmeno sicuro che sarebbe stata la mossa giusta da fare; abbiamo tutti il nostro percorso che ci indica la strada di quello che vogliamo fare e di come farlo. Nathalie e io lavoriamo in modo molto simile con la musica e l’arte, entrambi inventiamo ciò che dobbiamo fare; nessuno ha insegnato a Nathalie a fare animazioni, anche se è andata alla scuola d’arte. L’ispirazione per la musica e l’arte cambia molto, ma tutto ciò che è un’espressione onesta mi interessa, non importa quale sia il mezzo o il genere. Sono molto incuriosito dagli artisti che fanno ciò che vogliono e non si preoccupano di ciò che gli altri potrebbero pensare.
Le collaborazioni a due sembrano essere la tua cifra stilistica. Dopo quella nell’arte con Nathalie che è anche la tua compagna di vita, ce n’è una anche nel campo musicale. Hai infatti fondato nel 2014 una tua etichetta con la dj svedese Johanna Knutsson, la UFO Station Recordings, dove pubblicate però solo la vostra musica. Quali altri dinamiche si innescano nel gestire un’etichetta rispetto al creare colonne sonore per videoanimazioni?
Gestire un’etichetta è piuttosto noioso per essere onesti, ma ci dà la libertà di pubblicare la nostra musica molto velocemente e più facilmente, ed è per questo che abbiamo iniziato, in modo molto diretto, con una libertà artistica al 100%. Non siamo bravi con tutto il marketing perché non è questo il nostro interesse, la musica è ciò che ci interessa. Ma essere un artista solista può rivelarsi qualcosa di molto solitario, quindi mi piacciono davvero le collaborazioni quando funzionano, l’input di un’altra persona ti dà cambiamenti e idee inaspettati che non puoi mai raggiungere da solo.
Quale sarà il tuo prossimo progetto musicale da solista?
A febbraio pubblicherò l’album Sounds of the Forest Forgotten per l’etichetta 2MR di New York. Saranno sette tracce di techno e ambient, su vinile e digitale. Una delle tracce è la colonna sonora di un film di Nathalie chiamato Butterfly, così ho la possibilità di combinare un po’ i due mondi. Non vedo davvero l’ora di farlo, e spero di fare alcuni spettacoli dal vivo in giro per l’America e l’Europa a sostegno di questa pubblicazione.
‒ Claudia Giraud
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