Un museo innovativo. Parla il direttore di M9 a Mestre
A due giorni dall’inaugurazione del Museo del Novecento mestrino, il neo direttore Marco Biscione chiarisce intenti e obiettivi di un polo culturale che fa della multimedialità il suo punto di forza.
Il cammino che ha portato alla realizzazione di M9 è stato molto lungo e lei ha preso in mano le redini di questa nuova istituzione solo di recente. Come si connota la nuova istituzione culturale mestrina, definita più volte la “smart city” veneta?
M9 è un progetto radicalmente innovativo per il panorama museale nostrano. È il primo, grande museo totalmente ed esclusivamente multimediale in Italia ed è anche un esempio quasi unico in Europa. Inoltre nasce come un grande progetto di riqualificazione urbana nella città di Mestre, anche allo scopo di migliorare la qualità della vita della città. Radicato nel contesto mestrino, è un museo che guarda all’Italia e al mondo e che fa della sostenibilità sia ambientale sia economica uno dei suoi obiettivi fondamentali. Questo è l’elemento che connota di più il museo.
Che cosa mostrerà ai visitatori il Museo multimediale del Novecento?
Il museo è diviso in otto grandi aree tematiche, non c’è un percorso cronologico o un percorso obbligatorio da seguire. Gli otto grandi temi sono distribuiti su due piani dell’edificio e dunque ogni visitatore può costruirsi un percorso secondo i propri interessi. M9 è un museo impossibile da visitare in un unico momento, è un museo che invita a tornare. Ed è un museo che dovrà costantemente ripensarsi, perché è inimmaginabile liquidare il Novecento in otto temi: a questi se ne dovranno sempre aggiungere altri. Inoltre la tecnologia, anche la più avanzata, invecchia, dunque, se vogliamo essere uno dei massimi esempi nel campo della multimedialità, dobbiamo aggiornarci di continuo.
La Storia, quindi, sarà la grande protagonista del museo.
M9 è un museo del Novecento italiano, però la Storia del Novecento non è raccontata solamente attraverso i grandi eventi che hanno connotato il secolo, ma anche e soprattutto attraverso la vita quotidiana degli italiani e le trasformazioni che l’hanno riguardata.
Cosa, invece, confluirà nelle esposizioni temporanee?
Il museo è opera dello studio berlinese Sauerbruch Hutton, che ha costruito un museo molto bello da un punto di vista formale ma anche molto efficace ed efficiente. Per le mostre temporanee è prevista un’enorme sala di 1400 metri quadrati al terzo piano: l’obiettivo del museo è riuscire ad avere almeno due mostre temporanee l’anno, i cui temi vadano anche al di là del Novecento italiano, interessando un pubblico ampio. Le mostre non saranno soltanto multimediali, ma avranno una parte di concretezza. Intendiamo sviluppare una programmazione triennale, come il mio incarico.
Volete dunque creare delle narrazioni accessibili anche a un pubblico non italiano attraverso la storia nostrana.
Il museo, secondo me, è interessante di per sé anche per un pubblico non italiano proprio perché è particolarmente ricco, con infinite narrazioni possibili. Il riscontro avuto durante le giornate di “test” con pubblici vari è stato sempre positivo, anche se la visita di un museo come questo richiede uno sforzo da parte del visitatore, che deve interagire in maniera attiva. Il museo, quindi, è potenzialmente attraente per un pubblico internazionale, che però deve essere invogliato a visitarlo. Le mostre temporanee sono uno strumento utile in tal senso.
Quale dialogo istituzional-culturale innescherete con la città di Venezia? Esistono già progetti in questa direzione?
M9 non vuole porsi come alternativa a Venezia. A parte gli accordi con il Comune di Venezia, stiamo iniziando a ragionare su un dialogo con le istituzioni culturali veneziane. M9 potrebbe anche presentare delle mostre connesse con i temi delle grandi manifestazioni veneziane, dalla Biennale d’Arte a quella di Architettura. In più Mestre sta avendo un forte sviluppo edilizio, tra alberghi e ostelli, e annualmente conta già almeno un milione e duecentomila presenze che soggiornano in città per visitare Venezia. Forse, con una offerta adeguata, queste persone sosteranno anche a Mestre. Tale aspetto rientra fra le molte ambizioni di M9.
Tra gli obiettivi esplicitati durante la fase di progettazione e sviluppo di M9 figurava anche quello di “generare occupazione, crescita e benessere per la collettività”. Questi propositi si concretizzeranno e avranno una positiva ricaduta sulla città? Da chi sarà composto il vostro staff?
M9 non avrà uno staff di duecento individui. Un nucleo di persone lavorerà sugli obiettivi principali del museo e tutto il resto verrà esternalizzato il più possibile. La ricaduta ci può essere se il museo diventa un elemento di attrazione che richiama un flusso di presenze nel centro cittadino. Inoltre M9 prevede anche la creazione di un distretto commerciale collegato al museo, i cui proventi degli affitti servono a garantire la sostenibilità del museo stesso. Se si innescherà un circolo virtuoso tra visitatori, aree commerciali e mestrini che tornano in centro, daremo un notevole contributo alla vita della città.
Lei ha parlato spesso di M9 come un unicum a livello nazionale. Ma ci sono stati dei modelli a cui avete guardato?
Non ci sono stati dei modelli specifici. Ci si è ispirati a tanti diversi musei e contesti con cui chi ha curato il museo ha preso contatti, andando a visitarli. Però poi il tutto è stato rielaborato in maniera totalmente originale. Come concetto il museo è legato a un’idea tutta anglosassone di “public history”, della Storia che esce dall’ambito specialistico accademico e diventa Storia al servizio dei cittadini e della società. Un museo svolge un servizio per la comunità, deve dare un contributo in termini di crescita culturale e sociale e, se possibile, economica. In questo senso M9 compie un ulteriore passo, che già stanno facendo anche altri musei, ponendo il visitatore al centro delle sue attività.
E per quanto riguarda il pubblico più giovane?
È decisamente un nostro interlocutore. Per i più giovani ciò che M9 propone è tutto nuovo a livello di concetti, ma, in qualche maniera, è familiare sul piano degli strumenti.
Come vi muoverete, quindi, sul fronte della didattica e del coinvolgimento dei più piccoli? Ci racconti qualcosa in più di M9 Children.
M9 Children nasce con la partecipazione a un progetto europeo, dunque in maniera un po’ autonoma rispetto a M9, però diventa parte del programma educativo-didattico complessivo del museo, che offre un servizio culturale per tutti i pubblici, da quello infantile a quello più anziano. E promuove un accostamento dei bambini alla multimedialità, in maniera semplice e suggestiva al tempo stesso, con laboratori per bambini e famiglie.
Lei è stato direttore del MAO di Torino. Che cosa porterà a Mestre della sua esperienza piemontese?
Lavoro nei musei da quarant’anni, ho seguito tutte le profonde trasformazioni a cui è andata incontro l’idea stessa di museo e M9 per me è stata la realizzazione di ciò che ho sempre immaginato dovesse essere un museo. A parte la multimedialità e il non avere oggetti, si tratta di un museo che è parte di un progetto al servizio della comunità e che pone il pubblico al centro delle proprie azioni. Questo lo avevamo già in parte avviato al MAO, che offriva anche attività espositive pensate per offrire al pubblico una diversa esperienza e comprensione dell’Oriente. Tale approccio lo ritrovo pienamente in M9.
‒ Arianna Testino
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