Arte, architettura e periferie urbane. Intervista a Federica Galloni
Da tre anni a capo della Direzione Generale Arte Architettura Contemporanee e Periferie Urbane, Federica Galloni fa un bilancio del lavoro svolto fino a ora. Spaziando dalla progettazione alla creatività.
Dal 2015 lei è a capo della Direzione Generale Arte Architettura Contemporanee e Periferie Urbane. Può tracciare un bilancio dopo tre anni di lavoro?
A conclusione del primo triennio abbiamo pubblicato un report delle attività, scaricabile dal sito della Direzione generale, che illustra tutta la programmazione attuata su più fronti: rigenerare, attraverso la cultura, le periferie italiane e promuovere l’arte e l’architettura contemporanee in Italia e all’estero. Dal 2015 al 2018 la Direzione generale, con un budget di 42 milioni di euro, ha bandito premi e concorsi, pubblicato censimenti e mappature, curato progetti di ricerca, sostenuto produzioni artistiche e favorito la circuitazione internazionale di opere e artisti italiani, vigilato sulle Fondazioni: Biennale di Venezia, Triennale di Milano, MAXXI di Roma, Quadriennale di Roma.
Tra le diverse attività della sua direzione spicca l’Italian Council, che ha ridato visibilità all’arte italiana all’estero. Dopo le prime quattro edizioni, quali sono i risultati raggiunti?
Italian Council è un progetto di ampio respiro con il quale abbiamo voluto assicurare un supporto concreto all’arte italiana, offrendo ai nostri talenti la possibilità di valorizzare la propria creatività a livello internazionale. Nel primo biennio abbiamo finanziato quattro bandi, per uno stanziamento totale di tre milioni di euro, 34 progetti selezionati tra 180 domande ricevute da tutto il mondo. Abbiamo dato spazio a ogni tipo di espressione artistica ‒ dalla scultura alla fotografia alla video arte – perché il talento non ha limiti e la nostra intenzione è incoraggiare la creatività nei suoi diversi linguaggi. Siamo molto soddisfatti del riscontro ricevuto e del grande interesse dimostrato dalle istituzioni straniere nei confronti della ricerca dei nostri artisti: in queste quattro edizioni abbiamo registrato un coinvolgimento di ben cinquanta diversi Paesi. In virtù di questi risultati, il progetto Italian Council proseguirà anche nel 2019.
Un’altra attività della direzione sono i premi per artisti e curatori. Quest’anno se ne sono aggiunti di nuovi?
Oltre al Premio New York e al Premio Berlino, dedicati rispettivamente agli artisti e agli architetti e di cui si sono appena concluse rispettivamente la XVI e la II edizione, quest’anno abbiamo aggiunto il Premio Mosca dedicato ai curatori e, in occasione del Programma culturale “Italia, Culture, Africa”, il Premio Città del Capo, dedicato agli artisti che vogliano svolgere una residenza nella città africana. Tutti i premi sono realizzati in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ‒ Direzione Generale per la Promozione del Sistema Paese e con gli Istituti italiani di Cultura. Ai nostri artisti è, inoltre, dedicato anche Grand Tour d’Italie, giunto alla seconda edizione: si tratta di uno studio visit, realizzato quest’anno con l’Associazione qwatz, che mira a far conoscere diciotto artisti italiani a nove curatori e direttori di residenze internazionali con il fine di attivare scambi culturali, mostre e nuove committenze. L’attività dei premi e delle residenze è complementare a quella dell’Italian Council: insieme costituiscono, infatti, un vero e proprio sistema di promozione istituzionale dell’arte, di cui anche il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia fa ovviamente parte.
“Abbiamo dato spazio a ogni tipo di espressione artistica ‒ dalla scultura alla fotografia alla video arte – perché il talento non ha limiti e la nostra intenzione è incoraggiare la creatività nei suoi diversi linguaggi”.
Quali sono i progetti che vi vedono impegnati nel 2019?
Sono molte le idee e i progetti che vorremmo ancora realizzare, ma dovremo aspettare di conoscere la dotazione finanziaria del prossimo anno prima di concretizzarli. Riguardo all’architettura, ad esempio, stiamo lavorando all’elaborazione delle linee guida sulla qualità in collaborazione con il MIT, con il Ministero dell’Ambiente e il Consiglio Nazionale degli Architetti, progetto annunciato direttamente dal Ministro Alberto Bonisoli. I risultati attesi sono: la formazione del senso di responsabilità, anche presso la pubblica amministrazione, perché rinnovi le procedure edilizie privilegiando la qualità dell’architettura. In secondo luogo, la creazione di occasioni, affinché il cittadino possa fare esperienza di buona architettura, a partire dal suo invito a partecipare ai processi decisionali dedicati alle trasformazioni urbane o di riqualificazione dei manufatti edilizi. Tutto questo per far crescere in Italia il livello della domanda di architettura di qualità.
Tra i vostri partner istituzionali ci sono Amaci e il comitato delle Fondazioni. Come stanno procedendo i progetti comuni?
I progetti che portiamo avanti con Amaci sono due: la Giornata del Contemporaneo, che è giunta alla sua XIV edizione e che da quest’anno, grazie alla partecipazione del MAECI e al coinvolgimento di Ambasciate, Consolati e Istituti italiani di cultura, ha avuto risonanza mondiale, e RAAM – Ricerca Archivio Amaci Musei, un archivio online finalizzato a far conoscere la consistenza e la qualità del patrimonio pubblico di arte contemporanea, dal 1966 a oggi, di ventidue musei associati ad Amaci. Relativamente alla collaborazione con il Comitato delle Fondazioni, invece, va detto che il Protocollo d’intesa, firmato il 10 giugno 2015, aveva una durata triennale. Siamo molto soddisfatti del lavoro svolto e stiamo pensando a nuove forme di collaborazione.
Avete avviato una serie di azioni concrete per riqualificare le periferie urbane. Ci sono già i primi risultati?
La riqualificazione delle aree periferiche è, dall’istituzione della Direzione generale, forse la sfida più grande. Solo negli ultimi mesi, con iniziative come Periferia Intelligente, Creative Living Lab e Prendi Parte! Agire e pensare creativo, abbiamo stanziato circa un milione di euro a favore di progetti che coinvolgessero i territori connotati da marginalità con azioni creative e innovative. Questo perché riteniamo che mettere insieme la sensibilità artistica e le tecnologie più avanzate, nell’ambito di una cornice progettuale coerente, può risultare una scelta vincente. Anche in questo caso i risultati sono stati più che positivi e la risposta ricevuta dalle numerose realtà territoriali coinvolte ci ha dimostrato che stiamo andando nella giusta direzione, offrendo una risposta concreta a esigenze reali.
Last but not least, il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia. Farronato ha nominato tre artisti, così come aveva fatto Cecilia Alemani. È auspicabile l’idea di nominarne uno solo, come la maggior parte delle nazioni presenti alla Biennale?
Nella lettera di invito che viene inviata ai curatori si richiede una proposta con una selezione limitata di artisti, da uno a tre. Questo proprio per evitare la tentazione, ormai superata, di presentare una mostra collettiva e in linea con quanto accade negli altri padiglioni nazionali. Il nuovo indirizzo dato dalla Direzione generale affida perciò al curatore la scelta del numero degli artisti da esporre. Pertanto, nulla osta che in futuro possa accadere ciò che lei auspica.
‒ Ludovico Pratesi
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