La nuova vita del Castello del Buonconsiglio di Trento. Intervista alla direttrice
La mostra che ha per protagonista un dipinto ritrovato di Francesco Hayez è l'occasione per approfondire tutte le novità del Castello del Buonconsiglio di Trento: dal riallestimento ai “Cammei”, fino all’importante esposizione che inaugurerà la prossima estate.
Una tela con la Fuga in Egitto di Francesco Hayez, una Madonna veronese del Trecento e un San Sebastiano di Andrea Riccio: sono i nuclei delle tre piccole, ricercate esposizioni in corso nel maestoso Castello, ma non sono le uniche novità che riguardano il Buonconsiglio. Il vasto complesso museale di Trento è attualmente oggetto di un profondo ripensamento degli allestimenti: ne abbiamo parlato con la direttrice Laura Dal Prà, che ci ha descritto gli interventi ultimati e quelli previsti e ci ha svelato alcune intriganti anticipazioni sulle iniziative che vedranno la luce nei prossimi mesi.
Si cominciano a toccare con mano i primi risultati del riallestimento delle sale espositive del Castello. Quali sono stati i criteri adottati?
Il principio fondamentale cui si rifà il complesso riordino è quello dello sviluppo cronologico, che consente una migliore comprensione di un’articolata realtà come quella dell’antico Principato vescovile e meglio si concilia con le fasi costruttive e decorative dell’edificio. Va detto che è stata progettata ex novo la zona di accoglienza dei visitatori con il riallestimento della biglietteria, il trasferimento del bookshop al termine del percorso di visita, la sistemazione di uno spazio di orientamento sul museo – forte di cinque castelli e di ricche collezioni – dotato di attrezzatura multimediale per approfondimenti e percorsi: cito ad esempio un plastico della città di Trento e un importante video in 3D sulle fasi costruttive del Castello.
E le collezioni storico-artistiche?
La visita alle sale è anticipata da un ambiente innovativo nell’approccio multidisciplinare, destinato a introdurre un vero e proprio “viaggio nel tempo” lungo la storia del territorio trentino. Nel cuore duecentesco di Castelvecchio si apre il percorso con le sezioni dedicate all’archeologia, all’alto Medioevo, fino ai secoli XIII-XV. La progettazione è stata accompagnata dalla revisione integrale degli apparati didattici e dei dati scientifici di ciascuna opera, nonché da interventi di termoidraulica e illuminotecnica.
Come procederete nei prossimi mesi e quando riaprirà l’intero percorso?
Ora si sta completando il trasferimento del bookshop nel restaurato Revolto soto la loza, affrescato da Girolamo Romanino, mentre è in progettazione la seconda tranche di allestimento che riguarda le collezioni del XVI secolo, destinate a implementare quanto già esposto nelle sale del Magno Palazzo, ovvero l’ala rinascimentale del Castello. L’ultimazione dell’imponente lavoro è prevista per il 2021, secondo una tempistica condizionata anche dalla scelta di garantire l’apertura costante del museo senza ostacolare troppo l’afflusso dei visitatori e le attività didattiche.
Avete notato un diverso livello di gradimento da parte del pubblico?
Il rinnovato allestimento museale in Castelvecchio, assieme alle nuove sale dedicate alla storia delle genti trentine e a Cesare Battisti, stanno riscuotendo interesse e apprezzamento e lo percepiamo sia dai commenti che ci lasciano i visitatori nei questionari di gradimento sia dalle recensioni su Tripadvisor e Google: il 90% delle oltre 5mila recensioni ha espresso commenti positivi, per il 53% si parla di eccellenza e per un 36% di molto buono.
Dopo tante grandi mostre, ora si punta alla formula dei “Cammei”…
Il filone delle grandi esposizioni non è prosciugato, ma è intercalato da quello di mostre dossier su opere di assoluto rilievo. La formula ha il pregio di valorizzare singoli segmenti del patrimonio museale, talvolta non sufficientemente conosciuto nelle sue potenzialità, ma anche di fornire modalità diverse per l’approccio didattico che può focalizzarsi su tutti gli aspetti dell’opera, da quello stilistico a quelli, meno familiari al grande pubblico, materici, esecutivi, iconografici. Tale strada può essere di grande significato per il visitatore meno esperto, che viene avviato a un “saper guardare” sempre più cruciale nella realtà di oggi. Con questo taglio “macroscopico” sarà valorizzata prossimamente una pregevole tavola appena restaurata, raffigurante le Figlie di Ferdinando d’Asburgo e dipinta per il principe vescovo Bernardo Cles da Jakob Seisenegger, importante artista della corte austriaca.
Anche nel caso della mostra Sotto il cielo d’Egitto il legame con Trento è forte, nonostante Hayez sia conosciuto soprattutto come un esponente del Romanticismo lombardo, vero?
Il museo da sempre propone mostre che abbiano legami con il territorio o con il Castello e le collezioni. La relazione tra l’opera di Hayez, ritrovata dalla nostra curatrice Emanuela Rollandini, e il museo, sta nella Trento romantica della prima metà dell’Ottocento, quando l’artista lombardo dialogava con l’amico Andrea Maffei e con i mecenati e nobili trentini Girolamo Malfatti e Simone Consolati. Il dipinto fu commissionato ad Hayez da Consolati e lo studio del quadro e dell’archivio di famiglia ha permesso di scoprire un clima culturale trentino vivace e in contatto con gli ambienti artistici lombardi e romani. Lo stesso dipinto, che si trovava nella cappella privata della villa Consolati a Fontanasanta, sulla collina di Trento, ha offerto lo spunto per ricostruire la collezione artistica dei Consolati.
Per concludere, che ruolo hanno avuto le passate mostre nella conoscenza del Castello e nell’elaborazione dei progetti futuri?
Le grandi rassegne sull’Egitto, sul Gotico nelle Alpi, su Romanino o Dosso Dossi, solo per citarne alcune, hanno permesso al Castello del Buonconsiglio di farsi conoscere a livello nazionale e internazionale. Lo scopo di un’istituzione così importante è quello di essere presidio della conoscenza della cultura trentina in senso lato e di essere luogo frequentato anche grazie a grandi eventi. Deve tuttavia svolgere un ruolo propositivo anche nei riguardi della conoscenza di tante espressioni della creatività che corrono il rischio di sottovalutazione. Faccio l’esempio di una iniziativa sui tessuti che si sta predisponendo per l’estate 2019, che ovviamente dovrà affrontare il pericolo di essere frettolosamente classificata come “minore”, ma – e sarà nostro compito principale farlo capire – è fondamentale per comprendere come questi capolavori testimonino l’eccellenza manifatturiera che l’Italia ha raggiunto e mantenuto per secoli in centri come Firenze, Venezia e Genova. Un’eccellenza riconosciuta più spesso all’estero, e molto meno in patria.
‒ Marta Santacatterina
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