La malizia soft di Pieter Janssen
Le figurazioni di Pieter Janssen aka Parra giocano sul confine tra sensualità e fantasia. Trasformandosi anche in gadget e vestiario.
Non mancano gli esempi di artisti che a un certo punto della carriera si rendono conto che le loro opere possono avere un buon sfruttamento commerciale al di là dello stretto giro (anche quando internazionale) delle gallerie. È così che i campi contigui di fashion, design, gadgettistica e merchandising varié si arricchiscono – verbo scelto non a caso – di opere griffate da mani speciali, e a volte più speciali del previsto.
È il caso anche del 42enne olandese Pieter Janssen aka Parra, che da Amsterdam, dove vive, ha inondato il globo terracqueo con le sue riconoscibilissime figurazioni. Riconoscibilissime perché colora la pelle dei suoi personaggi preferibilmente di azzurro. Poi perché le sue campiture, piatte, si muovono su una tavolozza alquanto ristretta: l’azzurro di cui si diceva, e rosso, rosa, bianco, nero, e nulla più. Poi ancora per l’uso decorativo sporadico ma coerente di pois regolari (un po’ alla maniera dei polka dots di Yayoi Kusama). Ancora, e questo è forse il dato più appariscente, i suoi personaggi umani hanno sempre teste d’uccello, provviste di un naso che è anche un lungo becco appuntito. E, ultimo ma non ultimo, i suoi soggetti si dilettano di malizia: sono molte più femmine che maschi, e queste più nude che pochissimo vestite, più formosamente generose che altro, perfino più esibizioniste che disinibite, più voluttuose bisessuali che banalmente etero, e in definitiva – malgrado l’inespressività delle loro fisionomie rigidamente beccute – ben più spensierate che pensierose.
UNA RIVOLUZIONE SOFT
È proprio qui che si possono trovare le ragioni principali del successo anche commerciale dei risultati estetici di Parra. Per prima senz’altro l’estrema e immediata leggibilità delle sue figurazioni, che appaiono semplificate, tanto formalmente quanto cromaticamente, e nitide al massimo grado. È sempre presente anche un minimo di studiata coreografia dei movimenti, liberamente danzanti pur nel poco spazio a disposizione, con una felicità contagiosa di fondo che in qualche modo richiama nobilmente i balletti di forme e colori di Matisse (e magari, per altro, pure un po’ di Lichtenstein e Wesselmann). A queste doti di facilità e gioia di fruizione si aggiunge prepotente pure il titillamento erotico delle situazioni proposte: candido nudismo naturista, naticone rotonde e mammellone in bella vista, calienti abbracci saffici, insistenza sul concentrare gli sguardi proprio lì nei più coinvolgenti hot spot corporali – e il tutto, colpo di genio!, preventivamente assolto da accuse di volgarità dal fatto che con quei becchi non si tratta di persone vere, ma di disegni. Ingenui, briosi, divertenti, alla fine innocenti disegni.
E allora ecco che alle sue tele e grafiche (in Italia lo rappresenta la Galleria Patricia Armocida di Milano) Parra può aggiungere, con inesauribile fantasia mercantilistica e con reciproca soddisfazione col suo pubblico, la produzione di molteplici capi di vestiario, borse, protezioni per smartphone, lenzuola e cuscini, sottobicchieri, zerbini e tappeti, portachiavi, mug e bottiglie, strofinacci da cucina, tende da doccia, tavole da skateboard, poster, pin, sticker, e chi più ne ha più ne metta. Per la gioia degli armadi, dei cassetti, dei bagni, delle stanze, dei salotti non solo di single maliziosetti ma anche di famigliole moderne, forse addirittura nelle camerette dei figli. Una rivoluzioncina sessuale soft.
‒ Ferruccio Giromini
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #47
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