Osservatorio illustratori. Parola ad Andrea Casciu
Il nuovo appuntamento della rubrica “Osservatorio illustratori” è con il cagliaritano Andrea Casciu, residente a Bologna, classe 1983.
Tra illustrazione, grafica, design e Street Art, Andrea Casciu muove da un universo visionario costellato di miniature e bestiari medievali. Di citazioni provenienti dall’ambito mitologico e da quello alchemico con un’analisi introspettiva e una sintesi formale che denotano grande abilità espressiva e minuzia dei particolari. Con una cifra stilistica inconfondibile, dove è il suo autoritratto a fare da protagonista: l’uomo barbuto algido e monumentale, icona cosmica che incarna tutti i volti del mondo.
Chi è Andrea Casciu?
Oltre a essere una persona molto curiosa, sono un grande osservatore; razionale, diretto e incline all’ascolto.
Qual è la tua formazione e a quali autori fai riferimento?
La mia formazione è iniziata nell’Istituto Statale d’Arte di Oristano e proseguita con la laurea in pittura all’Accademia di Belle Arti di Sassari. Ho alcuni autori di riferimento come Ulisse Aldrovandi, Dürer e Moebius; inoltre dedico molto tempo allo studio di vecchie xilografie, ai bestiari, ai testi di alchimia e mitologia e a tutte le illustrazioni dal Cinquecento in poi.
Quando hai capito che il disegno sarebbe stato il tuo futuro?
Penso di averlo sempre saputo. Quando hai un fuoco interiore, ti accorgi fin da piccolo di avere qualcosa che deve uscire. Senti la necessità di creare e nel mio caso il bisogno è sempre stato quello di disegnare. C’è da dire che la passione per l’arte non basta e, oltre a essere creativi, bisogna avere una grande convinzione per quello che si fa. Devo ammettere, infatti, che vivere soltanto del lavoro di artista non è facile – soprattutto all’inizio – e che bisogna credere moltissimo in se stessi e soprattutto, cosa non da poco, non si deve mai mollare la presa.
Parlaci dell’uomo barbuto, il tema ricorrente delle tue rappresentazioni.
Ho sempre avuto molto interesse per la figura umana e soprattutto per il volto. Sicuramente, gli studi anatomici del mio percorso di studi d’arte hanno influito sullo sviluppo e sull’esito del lavoro sul mio ritratto. Successivamente, anche la Street Art mi ha fatto prendere una direzione, quando giocando con lo spazio urbano e con le grandi misure e proporzioni mi sono accorto che nel rappresentare questi enormi visi ci fosse un senso di sacralità, quasi come delle moderne icone o figure sacre sparse fra le città o in luoghi abbandonati. Non ho mai voluto ricreare dei ritratti fedeli di me stesso, tant’è che sotto le rappresentazioni dei miei personaggi c’è sì, ovviamente, ancora una parte di me, ma i volti si sono evoluti in esseri cosmici, in figure che inglobano all’interno di se stesse mondi con rappresentazioni mitologiche e alchemiche.
Qual è stato l’evento determinante per il tuo percorso?
Sicuramente la decisione di trasferirmi a Bologna. Ho fatto questa scelta quando mi sono accorto che in Sardegna non avrei avuto modo di crescere come artista. Chiaramente la mia è una visione personale e ci sono tanti bravi artisti che vivono in Sardegna e che lavorano benissimo. Personalmente, però, ho sentito il bisogno di eliminare il fattore isolano e vivere a Bologna mi ha permesso di conoscere molte altre realtà e di entrare in situazioni completamente diverse dalle esperienze che affrontavo nell’isola.
Descrivi il processo creativo che ti permette di creare un’illustrazione.
Il mio processo creativo varia a seconda del lavoro e del progetto. Se, ad esempio, devo realizzare un’illustrazione con una tematica definita, mi dedico allo studio di eventuali immagini che posso utilizzare oppure prendo spunto da disegni e schizzi che ho eseguito nella mia Moleskine. In seguito, una volta che definisco la composizione e ritengo il disegno ultimato, c’è la parte più importante, in altre parole la china. Attraverso l’uso di pennini e rapidografi definisco il disegno, inserendo tutti i dettagli e tratteggi che abitualmente realizzo. Spesso l’illustrazione finita è in bianco e nero, ma se devo adoperare il colore ho due metodologie di lavoro: l’uso di acquerelli oppure il colore digitale.
Illustrazione, grafica, design e Street Art. Quale linguaggio ritieni più congeniale al tuo modo di esprimerti?
Ritengo che l’illustrazione e la Street Art possano dare l’idea di due mondi opposti e per tante cose, probabilmente, lo sono. Personalmente ritengo che affrontare un foglio di carta o un muro di due piani non cambi il livello d’importanza. Chiaramente l’approccio che avrò su un muro sarà molto più fisico dell’approccio che avrò su un foglio per disegnare un’illustrazione ma, nonostante le differenze di formato, l’intento sarà lo stesso.
Qual è il tuo sogno da realizzare?
Da piccolo, alla domanda “cosa vorresti fare da grande?”, ho sempre risposto che avrei voluto disegnare. Credo che il mio sogno si sia realizzato. Il poter vivere facendo ciò che amo è un aspetto della mia vita molto gratificante. In futuro mi piacerebbe viaggiare sempre di più con l’obiettivo di poter dipingere in svariati luoghi al mondo. È sempre molto interessante lasciare un segno dove ci sono realtà e situazioni completamente lontane da ciò che conosci.
A cosa lavori in questo momento e quali sono i progetti futuri?
In questo momento sto lavorando principalmente in studio su varie illustrazioni e su alcuni progetti murali da realizzare a partire dalla prossima primavera.
‒ Roberta Vanali
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #47
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