Rileggere Matera. Parola alla Fondazione SoutHeritage
In prima linea sul fronte delle attività connesse a Matera 2019, la Fondazione SoutHeritage per l’arte contemporanea si racconta. A partire dai prossimi eventi.
La Fondazione SoutHeritage per l’arte contemporanea opera a Matera dal 2003 in luoghi simbolici della città, contribuendo a una rilettura della memoria storico-architettonica del territorio, naturale e antropizzato, su cui si sono confrontati numerosi artisti contemporanei. In questa chiave la fondazione (premiata nel 2005 con il Premio Guggenheim Impresa&Cultura), si avvale di una serrata collaborazione con istituzioni pubbliche e private, accademie, università e accoglie il contributo di critici, curatori, collezionisti, artisti, ponendosi anche come centro di ricerca e produzione. A fronte della capitalizzazione di tali esperienze, SoutHeritage, con Padiglioni Invisibili, firma uno dei più interessanti progetti di Matera 2019 ‒ Capitale europea della cultura. Ne abbiamo parlato con Angelo Bianco, direttore artistico della Fondazione.
Padiglioni Invisibili pone una riflessione sull’architettura scavata partendo proprio dalla sede della fondazione, Palazzo Viceconte, che insiste su un sistema di cisterne ipogee. Lo fate in forma corale, seguendo una modalità che vi appartiene da sempre. Di cosa si tratta?
Lavoriamo sempre in una logica pluridisciplinare e, nello specifico, la coralità dei contributi si è resa necessaria per sfuggire a letture consolidate e per affrontare il tema dell’architettura scavata in un clima di comunicazione del territorio che pone grandi sfide. Le cisterne recuperate sono diventate uno spazio sperimentale per il quale abbiamo chiamato persone che ci aiutano a interpretarlo, a gestirlo e a redigere una sorta di protocollo d’uso, un “manuale d’istruzione” da fornire anche agli artisti che saranno coinvolti in futuro. Del resto il nostro è uno dei progetti Matera 2019 con una legacy infrastrutturale, in linea con l’idea di base che non prevede nuove costruzioni ma elegge il territorio, nel suo complesso, a museo e spazio dedicato a eventi.
Come prenderà forma il tutto?
Partiremo il 30 marzo con Padiglioni Invisibili: buone pratiche, una mostra documentale con cui presentiamo le best practices applicate al progetto basate su criteri e parametri di sostenibilità previsti dalla Comunità Europea e dagli obiettivi di Matera 2019. Il primo risponde all’esigenza occupazionale del territorio con la costituzione di una cooperativa che gestirà i nostri spazi e il secondo riguarda la crescita e l’educazione del pubblico con un laboratorio di didattica sociale nel carcere minorile di Potenza. Qui abbiamo lavorato sul concetto di spazio limitato, da quello del carcere a quello altrettanto circoscritto dell’ipogeo.
In questo primo segmento si inserisce anche una riflessione ambientalista con una serie di interventi. Quali?
Con RAF/ Reduce Art Flights, un lavoro di Gustav Metzger (presentato al Münster Sculpture Project nel 2007) in cui si denunciava la massiccia crescita commerciale dell’arte, lanciamo una campagna di sensibilizzazione ecologica: chiedendo a chiunque debba viaggiare per le attività del progetto di usare mezzi di trasporto meno inquinanti dell’aereo, come la nave o il treno. Su questo fronte collaboriamo anche con Angelo Caruso, artista lucano di stanza a Milano, impegnato in Color Earth: Linea Rossa ‒ Linea Gialla, sulla riqualificazione di aree urbane marginali. Come gesto di compensazione ambientale della CO2 prodotta per l’implementazione del progetto, l’artista lavorerà con un intervento speculare, a Milano, di piantumazione di papaveri sulle aree verdi di viale Monza, e a Matera di piantumazione di girasoli nel parco dell’Open Design School. Fino al 30 maggio continua la mostra Padiglioni Invisibili: rehearsing the subterranean con opere di Monica Bonvicini, Peter Fischli & David Weiss e Pierangelo Laterza, che offrono una riflessione sulla nozione di sotterraneo e ambiente scavato in accordo con il genius loci materano e con il tema del progetto.
Tra giugno e settembre si presentano gli spazi restaurati delle cisterne e quindi si entra nel vivo del programma di progetto, che oltre al recupero fisico degli ipogei, prevede un fitto calendario di attività svolte da gruppi di ricerca nazionali e internazionali e iniziative aperte al pubblico. Come riuscirete a dinamizzare degli spazi recuperati per consegnarli all’uso pubblico-culturale?
Dopo aver presentato gli “spazi nudi”, le cisterne saranno protagoniste di alcuni interventi a firma di artisti e architetti membri del gruppo di lavoro pluridisciplinare Padiglioni Invisibili.
Il primo appuntamento vedrà l’artista Riccardo Arena (tra i finalisti del premio MAXXI 2016), che sta sviluppando un discorso letterario-performativo intorno al concetto di “ambiente narrativo”, a seguire Andrew Friend con un’installazione in grado di trasferire, usando una semplice rifrazione, la luce naturale all’interno delle cisterne.
Negli altri spazi ospitiamo invece un intervento di Yona Friedman: strutture effimere, realizzate con materiali di riciclo in collaborazione con la comunità locale. Durante questo periodo si sviluppano parallelamente mostre di ricerca con l’esposizione di un progetto di Renzo Piano del 1987 su Palazzo Viceconte che, sorprendentemente per quegli anni, proponeva uno urban center e spazi per il coworking. Ci saranno dei talk, in collaborazione con la Fondazione Filiberto Menna di Salerno e con la Fondazione Leonardo Sinisgalli di Moliterno, sul nostro terrazzo con veduta a 360° gradi sui Sassi.
Nell’ultimo step, da settembre a dicembre, gli artisti sono chiamati direttamente a interpretare gli spazi: chi sono e cosa faranno?
L’artista-biologo Angelo Vermeulen, impegnato in un’inedita indagine di interazione umanistica e scientifica, affronterà il tema dello spazio scavato come “spazio estremo” con caratteristiche e problematiche simili a progetti di terraforming per la vita umana su altri pianeti.
Presenteremo una mostra sul tema dello spazio cavo e “l’internità” in collaborazione con Alessandra Pioselli; un’installazione storica di Maurizio Mochetti; il programma ideato dal gruppo ENSA di Bruges (Ferenc Gróf, Eric Aupol e Hervé Trioreau) che con Giusy Checola e Philippe Nys (filosofo ed esperto di ermeneutica dello spazio presso l’École Nationale Supérieure d’Architecture de Paris-La Villette) si occupa di place-making, della rigenerazione e rifunzionalizzazione dei luoghi. Infine una mostra fotografica curata da Matteo Balduzzi, responsabile mostre del Museo della fotografia di Cinisello Balsamo, su inedite accezioni dell’architettura scavata e dello spazio ipogeo.
È già possibile tracciare un primo bilancio di quanto sta succedendo? In altre parole, come sta cambiando lo sguardo del mondo su Matera?
Dal punto di vista della crescita turistica il trend c’era ma ora naturalmente ha avuto un’impennata, con una ricaduta economica evidente in termini di servizi e di rendita fondiaria. Tuttavia è necessario, sin da ora, comprendere che Matera 2019 non è un punto di arrivo ma l’inizio di altro, di nuove visioni, di un futuro diverso. Soprattutto per gli operatori culturali è questa la sfida: continuare nella direzione che in brevissimo tempo ci ha condotti dallo svuotamento dei Sassi, ossia da un passato drammatico, a diventare Capitale europea della cultura. Possiamo considerarci un modello che ha sperimentato, in chiave positiva, un‘idea di città laboratorio che ha visto nella cultura un reale motore di sviluppo. Continueremo a metterci in gioco, il 2020 è il nostro vero inizio.
‒ Marilena Di Tursi
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