Libri, musica, contaminazione a Milano. Gli Afterhours raccontano Germi

A poche settimane dall’inaugurazione di Germi, a Milano in zona Navigli, abbiamo incontrato Manuel Agnelli, Rodrigo D’Erasmo, Francesca Risi e Gianluca Segale, i quattro fondatori del “luogo di contaminazione” che promette di dare spazio alle idee e alla voglia di fare.

In un’epoca dominata dalla paura del contagio ‒ da parte dell’altro, del “diverso”, di ciò che non si conosce ‒ varcare la soglia di un luogo ispirato all’idea di contaminazione infonde speranza, merce rara in un sempre più piatto e ostile tempo presente. Il luogo si chiama Germi e ha spalancato le porte qualche settimana fa ai limiti dei Navigli milanesi, accendendo i riflettori sul progetto a quattro voci sviluppato da Manuel Agnelli, Rodrigo D’Erasmo ‒ rispettivamente frontman e violinista degli Afterhours ‒, Francesca Risi e Gianluca Segale: una libreria nella quale musica e letteratura si mischiano, trovando spazi distinti ma interconnessi, proprio come gli appuntamenti che ne animano il calendario. Dai concerti agli incontri con gli scrittori fino ai laboratori legati alle discipline performative, il programma annunciato da Germi rispecchia le molte sfumature di un luogo dall’identità fluida, che non si esime dal prendere una posizione rispetto al panorama odierno. Ne abbiamo parlato con i fondatori.

Partiamo dall’inizio: perché avete deciso di dar vita a un luogo come Germi e quali passi avete compiuto per arrivare alla sua apertura?
Gianluca Segale: È stata una mia idea, un progetto che coltivavo da anni. L’ho condivisa lo scorso giugno con Rodrigo ed era entusiasta. Lui ne ha parlato poi con Manuel e Francesca e anche loro erano d’accordo. Ho immaginato Germi per tanto tempo, poi neanche ce ne siamo accorti e lo stavamo già facendo.
Manuel Agnelli: Sì, non ci siamo svegliati una mattina dicendo: “Dai, apriamo una libreria”. Era il sogno di Francesca da sempre avere un posto dove potersi curare di un certo tipo di letteratura, di viverlo, di costruirlo. L’ha fatto lei a mano questo posto, l’idea estetica è sua, così come l’impostazione. Io e Rodrigo condividiamo l’idea di contaminazione interculturale. Abbiamo fatto festival come Hai paura del buio? o la trasmissione su Raitre Ossigeno, dove mischiamo le carte. Quando si è presentata l’idea di Gianluca di prendere questo posto, abbiamo pensato di partire dalla libreria per poi creare un luogo basato sulla contaminazione. Qui mischiamo le carte tra i vari settori della cultura e poi, se possibile, mischiamo anche il pubblico, che non deve essere di un unico tipo. È questa la contaminazione: se ci raccontiamo le storie fra di noi, non contaminiamo nessuno.

Germi, Milano 2019, photo Andrea Nicotra

Germi, Milano 2019, photo Andrea Nicotra

Come siete approdati a questa zona di Milano? Perché l’avete scelta?
M. A.: Milano sta cambiando, si sta rivitalizzando e, soprattutto negli ultimi quattro o cinque anni, c’è tantissima attività nei quartieri, le persone producono cultura fatta dalla gente per la gente. Milano non è più soltanto la città dei grandi eventi. Rimane una città mitteleuropea dove ci sono i soldi e si fanno le cose in grande, ma per fortuna si sta sprovincializzando e le persone vivono i quartieri in maniera diversa. Questo quartiere in particolare, secondo noi, è fortunato perché è storico, è vicino ai Navigli, in centro, ma è ancora autentico, residenziale. Le altre attività presenti qui ci hanno accolto con un entusiasmo che non ci aspettavamo, perché potevamo essere presi come una rottura di scatole, e invece c’è stato un grande supporto. È un quartiere già molto vivo, ma con potenzialità di crescita pazzesche, ed è in centro, appunto. Riconquistare il centro, che è zona di pascolo degli istituti finanziari, è una bella sfida.

E un buon segnale.
M. A.: Sì, le città devono tornare a vivere, in un modo o nell’altro. Questa politica del decentramento funziona solo se ci sono tanti piccoli centri e non una periferia enorme e poi un centro che è morto, come è stata Milano fino a poco tempo fa.

Un altro buon segnale, e un’altra sfida, è usare la contaminazione come mezzo per generare dialogo. Oggi l’idea di contaminazione è strumentalizzata per creare barriere, muri, paura dell’altro. Germi è un tentativo di risposta a questi tempi cupi?
M. A.: Sì. C’è un po’ anche il voler essere provocatori nello scegliere un certo tipo di linguaggio, che non sia accomodante e che non punti ad attirare gente. Un linguaggio che attiri attenzione ma non necessariamente consenso, perché provocare discussione è più importante che provocare consenso. Oggi si cerca solo il consenso, tutto è fatto in funzione di esso, mentre provocare discussione è per me ancora fondamentale allo scopo di venire a capo della destrutturazione culturale che ci ha caratterizzati negli ultimi trent’anni. Germi è un nome semplice, ma abbastanza provocatorio, in un certo senso. Il concetto è quello di lasciarsi infettare, un concetto anche sporco. Questo posto non è puro, non siamo inattaccabili e non c’è purismo nelle nostre scelte. È la nostra visione delle cose, e non potrebbe essere altrimenti, ma ce ne assumiamo la responsabilità. Non è “la” visione, ma è necessario darne una, in questo momento più che mai, perché la gente non prende posizione, è annichilita da ciò che succede. A Milano stanno nascendo molte situazioni come la nostra, diverse nei contenuti e nella struttura, ma simili nella voglia di prendere posizione.

Germi, Milano 2019, photo Andrea Nicotra

Germi, Milano 2019, photo Andrea Nicotra

Fare questa operazione attraverso i libri è altrettanto forte. Lavorerete entrando in contatto diretto con gli editori, bypassando i meccanismi delle grandi catene.
Francesca Risi: Ho preso queste decisioni con amore. Anche se c’è qualcuno che ha parlato di scelte suicide dal punto di vista delle vendite, dicendo che si tratta di una libreria classica, magari anche scontata. Ma è così classica e così scontata da riunire autori che tutti nominano e dicono di conoscere e in pochi leggono. Secondo me tutta la letteratura arriva da questi grandi germi, ma magari molte persone non lo sanno.
M. A.: Gianluca e Francesca hanno compilato queste librerie con passione e, quando le raccontano, si sente. Giustificano la presenza di ogni libro sugli scaffali e ciò dà un valore a ogni loro scelta. Questo, secondo me, fa vendere Gadda o London.
G. S.: Qualsiasi cosa vediate qui dentro è stata scelta da tutti e quattro con sudore, in un modo diverso a seconda di passioni, esperienze e formazione di ciascuno, ma che ci rispecchia e racconta la storia di ognuno di noi. Quando Francesca parla dei suoi libri alla gente, lo fa con questo calore, che arriva a chi la sta ascoltando e fa decidere di comprare un libro. Abbiamo scelto di lavorare con i libri parlando direttamente con gli editori indipendenti: anche questa è una presa di posizione. Ci permette di selezionare quello che più ci rappresenta, titolo per titolo, e di costruire un dialogo con tutte le figure che animano il mondo dell’editoria. Oltre ai titoli e agli editori con una caratterizzazione più musicale e spesso underground ‒ a partire da Shake edizioni, Tsunami o Agenzia X ‒ abbiamo selezionato anche titoli che, pur essendo pura narrativa, restituiscono la natura e la visione di certi generi musicali. Limonov, per esempio, per me sarà sempre un libro punk. In questo senso, la contaminazione si muove anche sul piano letterario.

Quali saranno i vostri ruoli qui?
G. S.: Certamente esistono dei ruoli, in base anche alle nostre inclinazioni. Francesca e io saremo qui tutti i giorni. Francesca è più portata di me a vendere un libro, grazie a una capacità comunicativa ed empatica eccezionale. Però la gestione di una libreria è anche molto altro. Maneggiare, scegliere, raccontare i libri, così come l’accoglienza delle persone che verranno qui, sono e saranno il nostro primo ruolo.
M. A.: Per il momento ci stiamo sovrapponendo anche perché è la prima volta che ci approcciamo a una cosa del genere. Però è vero che avremo dei ruoli più precisi. Rodrigo e io non saremo sempre qui ‒ a breve andremo in tour ‒, ci occuperemo più che altro degli eventi, non solo musicali. La nostra voglia di qualità si riflette in tutti i dettagli, dall’arredamento alla musica alle scelte letterarie al modo in cui ci rapportiamo con la gente, al bar e a quello che offriamo lì ‒ poco ma, anche in questo caso, molto preciso. Il collante è agire con una qualità rispettosa di chi entra qui dentro e rispettosa di noi stessi.

Germi, Milano 2019, photo Andrea Nicotra

Germi, Milano 2019, photo Andrea Nicotra

A livello di programmazione, il mese inaugurale è serratissimo. E in futuro?
M. A.: C’è la volontà di far percepire questo posto come una libreria dove succedono degli eventi e c’è un bar, non come un bar con dei libri dove si suona. Il primo mese serviva a presentare il luogo nella maniera più efficace possibile, dunque con una serie di eventi serali che però danno l’impianto di Germi ‒ musica elettronica, contemporanea, Dante raccontato in maniera rivisitata, musica medievale, Ghemon che ha fatto un racconto radiofonico sul palco. Cose molto diverse, abbastanza esplosive. Tenteremo di organizzare eventi anche nel pomeriggio, perché secondo noi questo posto va percepito di giorno. La gente deve essere libera di venire qui, scegliere un libro dallo scaffale e leggerne anche due capitoli prima di decidere di comprarlo. Questo è il modo di contaminare. Aggiungeremo riviste e altri libri, aumenteremo visivamente la percezione del locale come libreria e sposteremo l’attenzione verso il giorno.
Rodrigo D’Erasmo: La programmazione di Germi è assolutamente priva di steccati di genere, musicale o artistico in senso più ampio. Si passerà da concerti di musica classica (frutto di una bella collaborazione con la Civica Scuola di musica Claudio Abbado di Milano) e concerti di musica contemporanea e avanguardia sotto la direzione artistica di 19’40” ‒ collettivo/etichetta capitanato dai nostri sodali Enrico Gabrielli e Sebastiano De Gennaro ‒ a incontri con scrittori, fumettisti, fotografi, workshop di scrittura, teatro. Addirittura avremo un incontro con un astrofisico! Tra l’altro è uno degli appuntamenti che attendo con più curiosità e interesse. Spero la stessa curiosità contagi i nostri lettori e avventori. Insomma, venite a trovarci. Lasciatevi infettare.

Ci sono luoghi, in Italia o all’estero, che vi hanno ispirati nella realizzazione di Germi?
R. D. E.: Più che luoghi, sono state le esperienze di commistione di generi e discipline fatte negli ultimi anni sui palchi e in televisione con Manuel ad avermi ispirato nell’ideazione di una linea editoriale particolare e inusuale per Germi. Condividendo questa esperienza con gli altri, abbiamo trovato un territorio comune che credo renda Germi un incubatore libero e stimolante per noi e di conseguenza spero per chi verrà a trovarci.

Manuel Agnelli e Rodrigo D'Erasmo, Germi, Milano 2019, photo Tosca Bua

Manuel Agnelli e Rodrigo D’Erasmo, Germi, Milano 2019, photo Tosca Bua

La contaminazione implica il contatto. Come renderete possibile il dialogo con chi varcherà la soglia di Germi e con il quartiere che vi ospita?
R. D. E.: Il contatto crediamo sia fondamentale nell’era del virtuale. E noi lo desideriamo e lo proponiamo quasi come provocazione culturale. Si traduce nella nostra presenza fisica nel luogo. Pronti a parlare di libri, di musica, a consigliare le nostre passioni e condividere parte dei nostri percorsi con chi si lascerà incuriosire dal luogo e dai suoi contenuti, umani e letterari.

Quanto degli Afterhours è entrato qui dentro e quanto l’esperienza di Germi contaminerà gli Afterhours in futuro?
M. A.: Voglio che questo posto sia anche musicale, ma non solo. Il fatto di aver lavorato per molti anni organizzando festival, trasmissioni televisive, viaggiando e vedendo luoghi diversi mi dà molta libertà rispetto a Germi. Anche se non abbiamo razionalizzato ogni dettaglio, nella mia testa è tutto molto chiaro e questo mi dà tranquillità. La stessa che sento nell’affrontare le problematiche legate a un posto indefinibile perché è molte cose. Germi mi contaminerà moltissimo: quello che abbiamo sempre cercato di fare, sia io sia Rodrigo, è andare a cercare le cose per farle nostre, riutilizzarle. Portare qui gente che fa cose diverse dalle nostre è una ricchezza incredibile. Spero che questo fatto, oltre a contaminare noi, contamini anche chi verrà qui a percepire il posto e a viverselo. Spero che qui si scambino idee, gli eventi servono a promuovere lo scambio. Fare in modo che Germi venga utilizzato come covo per scambiarsi idee e farle crescere è il nostro obiettivo.
R. D. E.: Questi ultimi dieci anni di esperienza musicale, sociale e di vita sono stati all’insegna della collaborazione con altre realtà e mondi spesso a noi distanti, ma che poi, trovandoci a sviluppare dei progetti condivisi, si sono rivelati molto più prossimi di quanto avremmo mai pensato. Questo ci auspichiamo capiti anche a Germi.

Arianna Testino

www.germildc.it

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Arianna Testino

Arianna Testino

Nata a Genova nel 1983, Arianna Testino si è formata tra Bologna e Venezia, laureandosi al DAMS in Storia dell’arte medievale-moderna e specializzandosi allo IUAV in Progettazione e produzione delle arti visive. Dal 2015 a giugno 2023 ha lavorato nella…

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