Dopo 10 anni riapre a Roma la Galleria Mascherino. Intervista al gallerista Stefano Dello Schiavo
Dopo un decennio riapre nella Capitale la storica Galleria Mascherino. Lo fa nello stesso spazio a due passi da San Pietro, con una mostra sull'arte politica a Roma nel decennio ‘68/’78. Ne abbiamo parlato con il gallerista
La storica Galleria Mascherino di Roma, diretta dal gallerista-collezionista Stefano Dello Schiavo, riapre dopo dieci anni. E lo fa nella stessa sede di allora, a due passi da San Pietro, con l’obiettivo di diventare un luogo di scambio culturale: gestito materialmente dalla critica e storica dell’arte, nonché fondatrice della galleria online “asa nisi masa”, Greta Boldorini, lo spazio non organizzerà soltanto mostre ma anche eventi, incontri, dibattiti, performance. Per promuovere un dialogo sulle arti, privilegiando autori e vicende artistiche strettamente in contatto con la realtà e il tessuto sociale. La mostra inaugurale Combat Art: Roma 1968-1978, prevista per il prossimo 16 aprile, sarà il manifesto del nuovo corso della galleria, aperta al dialogo tra diversi media e linguaggi artistici della contemporaneità. Abbiamo intervistato il gallerista Stefano Dello Schiavo che ci ha raccontato le motivazioni della riapertura e il futuro dello spazio.
Dopo 10 anni la sua galleria riapre: come mai?
Perché dopo tanti anni di scarsa attenzione finalmente molti degli artisti in cui ho creduto iniziano ad avere il risalto e la considerazione che meritano. Questo mi ha fatto ritornare la voglia di confrontarmi con le ricerche artistiche attuali, di ricominciare a cercare proposte inedite nel panorama contemporaneo e soprattutto di riproporre le mie idee di arte.
Cosa è successo in questo lasso di tempo?
In questi anni ho lavorato prevalentemente sulla mia collezione d’arte contemporanea, organizzando mostre e prestando opere per esposizioni pubbliche. La collezione diventerà adesso uno strumento in più per arricchire la proposta espositiva della galleria.
Cosa l’aveva spinta a chiudere allora?
La chiusura era avvenuta principalmente per eccesso di stanchezza e di stress. Dopo 15 anni di attività sentivo il bisogno di una pausa. Pensavo di riaprire in tempi molto più brevi ma la profonda crisi economica del 2008 ha ritardato questa decisione.
Qual è stato il motivo scatenante della sua riapertura?
In questi anni ho sicuramente recuperato molte energie. Ritengo inoltre che nell’attuale situazione politica e culturale italiana sia importante che ognuno faccia la sua parte e si impegni attivamente. Insieme alla mia collega Greta Boldorini, che materialmente si occuperà della galleria, ho intenzione di rendere il Mascherino un luogo di scambio culturale. Già questa è una scelta politica in controtendenza rispetto al contesto in cui ci troviamo. Non organizzeremo soltanto mostre ma anche eventi, incontri, dibattiti, performance, per promuovere un dialogo sulle arti privilegiando autori e vicende artistiche strettamente in contatto con la realtà e il tessuto sociale.
Come mai ha deciso di non aprire una nuova pagina scegliendo nuovi spazi, ma di rimanere nella stessa sede di allora, a due passi da San Pietro?
Avendo l’intenzione di riaprire in tempi molto più brevi, l’ho mantenuto per dare continuità all’esperienza precedente. Inoltre, è uno spazio che ormai conosco bene, nel quale ho maggiore facilità nel progettare le mostre e immaginare soluzioni espositive.
La sua galleria era nota per promuovere giovanissimi legati alla ricerca tecnologica come Gianvenuti e il misterioso Tubi, e ora inaugura con questa mostra sull’arte politica a Roma nel decennio ‘68/’78 che apre una serie di esposizioni in tema. Perché la scelta di questo filo conduttore?
Già nella sua precedente incarnazione la galleria è stata sempre attenta alle istanze politiche e fortemente ricettiva verso le espressioni della controcultura. La visibilità data a quei giovani artisti aveva anche motivazioni politiche: Giuseppe Tubi, che lei ha appena citato, ha sempre posto questo aspetto al centro della sua attività. Anche le mostre dei graffitisti romani e di Professor Bad Trip andavano nella stessa direzione. Questo filo conduttore dunque mi accompagna sin dall’inizio e prosegue nella nuova attività.
Saranno solo mostre storiche o prenderà in considerazione anche artisti più giovani e legati alla realtà attuale?
In realtà sin dal 2000 la galleria ha avuto una duplice vocazione: da un lato, uno sguardo rivolto alle ricerche artistiche più contemporanee, dall’altro, un’attenzione particolare per le Neoavanguardie degli Anni Sessanta e Settanta. A questo proposito, ho organizzato varie personali di Pablo Echaurren, due mostre tematiche di Mario Schifano, antologiche di Nanni Balestrini e Nato Frascà nel periodo di Gruppo 1 e dal 2002 al 2005 ho realizzato un’antologica suddivisa in tre tappe che ha ripercorso l’attività di Renato Mambor, dalla prima esposizione all’Appia Antica nel 1959 fino ai lavori degli Anni Novanta.
Quale sarà il nuovo corso della galleria?
La mostra con cui inauguriamo è una sorta di manifesto programmatico dell’attività della galleria perché ne evidenzia alcuni aspetti cruciali, in special modo l’interesse per la commistione tra linguaggi diversi, l’apertura alla grafica, al cinema e alla fotografia documentaria, il confronto tra artisti appartenenti a varie generazioni. In tal senso, la presenza in questa prima mostra di due lavori degli Anni Novanta di Giuseppe Tubi deriva dal desiderio di individuare una possibile genealogia e di fare emergere come alcune caratteristiche tipiche della controcultura degli Anni Sessanta e Settanta siano confluite nel lavoro degli artisti più giovani. Nel corso della nostra attività continueremo a indagare questi intrecci con l’obiettivo di confrontarci anche con la nuova generazione di artisti, compito, quest’ultimo, affidato a Greta Boldorini per prossimità anagrafica.
-Claudia Giraud
https://www.artribune.com/mostre-evento-arte/combat-art-roma-1968-1978/
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